Sono cominciate nella giornata di sabato le pre-qualificazioni degli Internazionali BNL d’Italia, e si concluderanno giovedì 11 maggio. Tabelloni di singolare a 48 giocatori, quelli di doppio composti da 16 coppie. Saranno cinque le wild card assegnate per i tabelloni principali: due ai finalisti del torneo maschile, una alla vincitrice del torneo femminile, e due alle coppie che si aggiudicheranno i due tornei di doppio. I tornei di singolare regaleranno anche una seconda chance ai migliori “sconfitti” grazie all’assegnazione di otto wild card per i tornei ufficiali di qualificazione. I due semifinalisti perdenti del tabellone maschile e i due vincitori delle sfide tra gli sconfitti ai quarti di finale riceveranno una wild card per il torneo di qualificazione; tra le donne potranno ritentare la “fortuna” nel torneo di qualificazione la finalista, le due semifinaliste sconfitte e la migliore delle quattro eliminate ai quarti di finale.
Solo la punta dell’iceberg di una lunga cavalcata verso il Foro Italico iniziata mesi fa sui campi di tutta Italia. Come recita il sito della FIT, “alle pre-qualificazioni del Foro partecipano i vincitori dei tornei open BNL giocati nei mesi scorsi in tutte le regioni d’Italia, tornei ai quali per gareggiare bastava avere la tessera FIT e che hanno riscosso un enorme successo: 15.707 gli iscritti (nel 2016 erano stati 9.019). Inoltre sono stati invitati dal Settore Tecnico Nazionale 10 giocatori e 10 giocatrici per i tabelloni di singolare e 4 coppie maschili e 4 femminili per i tabelloni di doppio“.
L’iniziativa è anche lodevole. Crea coinvolgimento nelle piccole realtà e rende realizzabile una prospettiva che per molti dei partecipanti sarebbe stata solo utopia. La quintessenza della partecipazione sportiva, la trasposizione in salsa italica del “sogno americano” che non è troppo una battuta, visto che il formato è mutuato proprio dai play-off USTA d’oltreoceano che nel frattempo hanno chiuso i battenti. Motivo? I professionisti ne abusavano, sfruttandola come porticina sul retro per accedere al tabellone dell’US Open.
Ma per quanto in casa FIT sia tutto un fregiarsi di avere il torneo con più partecipanti al mondo – avendo superato proprio gli US Open – bisogna anche confrontarsi con la realtà. Il torneo statunitense è uno Slam, ha 128 posti in tabellone e assegna ben 8 wild card. Il torneo di Roma ha un tabellone a 48 giocatori e assegna 4 wild card agli uomini e appena 3 alle donne. Eliminando dal conteggio le 3 – 2 maschili e una femminile – che vengono assegnate dai tornei di pre-qualificazione ne restano soltanto 4, due per ogni tabellone, da elargire “secondo coscienza“. Tra le donne quest’anno Sharapova aveva un posto praticamente prenotato, la seconda scelta è ricaduta su Sara Errani. Con annesse polemiche per l’esclusione di Francesca Schiavone, che nel frattempo ha collezionato due finali consecutive vincendone una.
La wild card nasce con lo scopo di riservare un posto in tabellone a chi sia particolarmente meritevole sotto il profilo sportivo. Può quindi presentarsi l’eventualità di un giocatore prossimo alla conclusione della sua carriera – il caso di Francesca – che però non ha per classifica il diritto di entrare in tabellone. In alternativa può esserci il caso un giovane molto promettente, magari in grande ascesa, a cui concedere un’occasione in un torneo così prestigioso è perfettamente in linea con quanto dimostrato sul campo. Al momento attuale, soprattutto in campo femminile, la seconda casistica è pressoché inesistente. Mentre le pre-qualificazioni spingono proprio in quella direzione, riservando uno spot in tabellone a giovani che, a conti fatti, troppo promettenti non sono.
Nel tabellone maschile l’unico nome che sembra in linea con la possibilità di giocarsi qualche chance in un eventuale match di tabellone principale è quello di Matteo Berrettini, classe ’96, comunque numero 251 al mondo ma dotato di buone potenzialità. Nè Caruso, nè Mager nè tantomeno Lorenzo Sonego – vincitore lo scorso anno – negli ultimi tempi hanno elargito scintille sui campi. Meglio Andrea Arnaboldi, che però va per i 30 anni. In campo femminile figurano i nomi di Jasmine Paolini, Martina Trevisan e Camilla Rosatello, fresche di esordio in Fed Cup in questo 2017 senza aver lasciato tracce memorabili. Poi a parte la giovanissima Tatiana Pieri (classe ’99), Claudia Giovine – trionfatrice nel 2016 – l’ex promessa Burnett e la sempreverde Alberta Brianti, che ci riprova a 37 anni, nulla di eclatante da segnalare. Anche perché non ci si può inventare troppo quando, escluse Vinci-Giorgi-Errani-Schiavone e la sfortunatissima Knapp, c’è una sola altra giocatrice in top 200 (Jasmine Paolini n.196) e peraltro di un soffio.
Qualcuno obietterà che lo scopo delle pre-quali è proprio quello di – come detto – regalare una chance a chi seguendo l’iter classico sarebbe lontanissimo dal coglierla. Un principio di “democrazione sportiva” bello, allettante, ma forse buono più per gli almanacchi da nostalgici che per il tennis vero. Per inciso, il tennis in cui Francesca Schiavone non potrà salutare il torneo di casa nonostante la Race to Singapore la veda tra le prime quaranta del mondo.