[2] M. Cilic b. [1] M. Raonic 7-6(3) 6-3
Sipario alzato sulla finale dell’ATP di Istanbul tra le prime due teste di serie del torneo, il canadese Milos Raonic e il Croato Marin Cilic. Il bilancio degli incontri diretti tra i due alla vigilia dell’incontro è in perfetta parità: 1 a 1. Dal punto di vista fisico questo match tra il numero 6 e il numero 8 del mondo, circa 4 metri e 200 chili in due, aveva poco o nulla da invidiare al campionato del mondo di pugilato dei pesi massimi disputato recentemente tra Anthony Joshua e Wladimir Klitschko. Le ragioni per seguire con interesse questa sfida erano molteplici, oltre alla mole dei protagonisti. Le principali: lo stile di gioco offensivo dei due contendenti e la superficie, sulla quale si affrontavano per la prima volta. L’incognita era rappresentata principalmente dai bicipiti femorali del canadese, sinistramente propensi a infortunarsi con una certa facilità.
Primo set avvincente e tecnicamente gradevole: tre dei primi quattro game sono andati ai vantaggi in una sarabanda tennistica fatta di grandi colpi vincenti e altrettanto grandi errori gratuiti; tre break point salvati contro uno a favore del croato il mini-bilancio. Lo schema tattico dell’incontro è immediatamente evidente, ovvero Cilic insistentemente alla ricerca del rovescio di Raonic che deve spesso ricorrere al suo marchio di fabbrica per togliersi dai guai: il servizio. Un suo ace di seconda nel quinto game è da cineteca. La seconda parte del primo parziale è dominata dai servizi e l’unica vera emozione si ha al cambio di campo sul risultato di 6 a 5 quando Raonic chiede l’intervento del fisioterapista per un dolore al gomito. Il tie-break che segue un comodo turno di servizio di Cilic è dominato dal croato che se lo aggiudica senza patemi per 7 punti a 3.
Ulteriormente rinfrancato dal successo nel primo set, Cilic parte forte nel secondo, tiene con grande facilità i propri primi due turni di servizio e, nel secondo game, si procura tre palle break non consecutive che Raonic annulla aggrappandosi al servizio. Il canadese appare sempre più macchinoso e lento, soprattutto nell’esecuzione del primo colpo in uscita dal servizio che, nella grande maggioranza dei casi, è il rovescio. Nel quarto gioco, quando anche il servizio lo abbandona, è quindi per lui inevitabile cedere il primo-e per la verità ultimo- turno di battuta dell’incontro. Cilic, però, fatta salva la mirabile eccezione dello US Open 2014, ha sempre avuto l’autolesionistica propensione a rimettere in discussione partite quasi vinte. Tale propensione emerge improvvisa sul 3 a 1 in suo favore, quando concede quattro break point di cui tre consecutivi; Raonic ne spreca uno con il rovescio, mentre gli altri sono annullati con bravura dal croato che infine fa suo il game con un ace esterno. La partita virtualmente finisce con questo ace.
Cilic non concede niente nel suo successivo turno di servizio e arriva a due punti dalla vittoria nell’ottavo game. Il canadese si salva in tale circostanza grazie ad un attacco di “braccino” del suo antagonista che commette errori non forzati in serie. Il braccio di Cilic torna solido nel nono gioco e con il nono ace mette il punto sulla finale. Seconda vittoria per lui su terra rossa dopo quella ottenuta a Umago nel 2012 e 17esima complessiva.
Per Raonic la consolazione non piccola di essere riuscito a disputare quattro incontri consecutivamente in pochi giorni senza apparenti conseguenze sul suo tanto imponente quanto fragile fisico.