Lo stop per gravidanza di Serena Williams potrebbe avere chiuso un’epoca. La ventitré volte campionessa Slam ha dichiarato di non volersi fermare definitivamente, ma, al contrario, di avere intenzione di tornare alle competizioni dopo essere diventata mamma, come è già accaduto ad altre colleghe in passato. Resta però il fatto che stiamo parlando di una tennista che compirà 36 anni a settembre e per la quale è difficile ipotizzare quando e in quali condizioni potrà rientrare.
Per questo, pur non escludendo la possibilità che Williams possa tornare a dire la sua, non penso sia illogico provare a fare ragionamenti sull‘evoluzione della WTA senza più la figura di Serena come leader di riferimento. La prossima settimana ci sarà l’occasione di ragionare sul futuro a brevissimo termine (in vista dell’imminente Roland Garros è meglio aspettare le notizie in arrivo dal torneo di Roma). Oggi vorrei invece tentare di prefigurare scenari di più ampio respiro; diciamo a medio termine, da qui ai prossimi due-tre anni.
Cosa succederà al circuito WTA? Chi si affermerà nei tornei principali? Avremo pochi nomi al comando o una maggiore distribuzione dei successi?
Personalmente non ho le idee così chiare per privilegiare una ipotesi rispetto alle altre: le variabili in campo mi sembrano troppe, i fattori imponderabili tali da non consentire di avere certezze assolute. Per questo ho provato a ipotizzare quattro scenari per il futuro della WTA. Sia chiaro: vanno intesi come possibili indirizzi, come tendenze prevalenti; sviluppi che, fra l’altro, in alcuni casi potrebbero essere parzialmente compatibili fra loro e quindi generare situazioni più complesse e meno univoche.
1. L’uguaglianza al potere
Il primo scenario si basa su una ipotesi ricavata dall’attualità. Se consideriamo la Race di questa stagione, ci accorgiamo che si sta vivendo un anno di estremo equilibrio. Dopo quasi cinque mesi di tornei, la numero 1 nella Race to Singapore, Karolina Pliskova, conduce con poco più di 2300 punti. Vincendo uno Slam si ottengono 2000 punti, e 1000 se ne guadagnano con un Premier Mandatory: significa che sino a oggi tornei, vittorie e punti sono stati distribuiti su un ventaglio di nomi esteso come non mai. Questi numeri, con il successo di volta in volta di giocatrici differenti, confermano come per il momento la WTA non stia esprimendo una chiara leadership.
Lo stato di forma delle protagoniste, le superfici e le condizioni di gioco, i sorteggi nei tabelloni, le combinazioni con avversarie più o meno adatte: in una situazione di estremo equilibrio, ciascuno di questi fattori può spostare a favore di una giocatrice o di un’altra gli esiti di una partita e di un torneo.
Se questo è accaduto per quasi metà stagione, non è così assurdo pensare che possa protrarsi più a lungo, anche per qualche anno. E se nessuna giocatrice riuscisse ad emergere, avremmo davanti a noi un periodo abbastanza particolare, all’insegna dell’equilibrio e di conseguenza anche dell’imprevedibilità.
A mio avviso questo sviluppo sarebbe forse il peggiore per i grandi media (televisioni, organi di informazione generalisti) e per la WTA (intesa come organizzazione professionistica): tutti soggetti che in passato hanno dimostrato di preferire scenari in cui spiccano pochi nomi, sui quali fare riferimento per pubblicizzare al grande pubblico il prodotto “tennis femminile”.
Questi però sono problemi legati agli aspetti commerciali, e alle logiche della comunicazione di massa. Penso invece che un tale scenario potrebbe tradursi in una fase interessante per i maggiori appassionati, che conoscono comunque tutte le possibili protagoniste, e che non sono certo spiazzati se vincono tenniste meno pubblicizzate. Per chi segue con attenzione il tennis femminile, vittorie come quelle di Siegemund a Stoccarda, Kasatkina a Charleston o Vesnina a Indian Wells non sono poi così sorprendenti, né i loro nomi sconosciuti.
Per quanto mi riguarda, non vedo questo scenario come negativo; l’importante è che il livellamento sia verso l’alto e che la qualità di gioco non ne risenta.
2. Il ritorno delle “Slam winner”
Seconda ipotesi. Negli ultimi dodici-diciotto mesi, si sono dovute fermare per ragioni diverse Sharapova, Azarenka, Kvitova. E nel 2017 anche Kerber è apparsa sottotono, in difficoltà nel mettere in campo la stessa carica agonistica del 2016. Queste giocatrici hanno una caratteristica fondamentale in comune: tutte hanno già saputo vincere più di uno Slam. E lo hanno saputo fare nell’epoca di Serena Williams.
Se a questi nomi aggiungiamo anche Kuznetsova e Venus Williams, ci ritroviamo con un gruppo di giocatrici che potrebbero trarre vantaggio dall’assenza di Serena per tornare ai vertici e accrescere il proprio palmarès, già oggi di livello superiore rispetto al resto della concorrenza. Per non essere troppo selettivi, si potrebbe forse allargare il ventaglio dei nomi a chi ha già almeno saputo raggiungere una o più finali Slam, come Simona Halep o Caroline Wozniacki.
A lungo andare potrebbero essere queste giocatrici (se non tutte, almeno alcune) a emergere, e a guidare il ranking, facendo così valere l’esperienza di vertice già sperimentata nel passato. Attualmente questo scenario non appare sicuro, ma nemmeno del tutto improbabile.
Se si verificasse, per i media sarebbe tutto più semplice, visto che tornerebbero a occuparsi di giocatrici già conosciute, note al grande pubblico. Concedetemi di aggiungere una piccola malignità: se realmente assisteremo a grandi ritorni, avremo quel genere di storie ideali per i giornalisti meno preparati sul tennis femminile, che potrebbero dissimulare la limitata competenza grazie allo stile ispirato, perfetto da sfoderare in occasione delle resurrezioni sportive.
Ma questa ipotesi farebbe anche la gioia di quella parte di appassionati che hanno perso le loro preferite a causa di squalifiche, maternità, infortuni extratennistici o semplici cali di forma. Per quanto mi riguarda, ad esempio, non ho mai nascosto di essere “kvitoviano”, e dunque un ritorno ad alti livelli di Petra Kvitova non potrebbe che farmi piacere.
a pagina 2: il futuro della WTA e le giocatrici più giovani