da Roma, il nostro inviato
A. Zverev b. [2] N. Djokovic 6-4 6-3
Non si deve gridare per forza al passaggio di testimone. Non è nata una stella, niente di simile. Di certo, Sascha Zverev sarà protagonista nell’elite del tennis mondiale per anni. La sua vittoria in finale contro Novak Djokovic è prova di grande consapevolezza nei propri mezzi, cattiveria agonisitica e assoluta mancanza di timore reverenziale. Il Djokovic mostruoso visto ieri sera contro Thiem è solo un’idea: “Non ho giocato nemmeno al 30 per cento di quanto fatto in semifinale” dirà in conferenza stampa, prima di confermare l’inizio della collaborazione con Andre Agassi. “Andre sa cosa sto passando, conosce i valori della famiglia e dell’educazione. Penso sia perfetto per me in questo momento”. Nole tributa anche i doverosi complimenti a Zverev, che ha visto crescere in quanto grande amico del fratello Mischa: “Gli auguro altri numerosi successi del genere, come gli ho detto anche alla stretta di mano”.
Due set vinti comandando con polso d’acciaio, per diventare il più giovane trionfatore in un 1000 dai tempi, guarda caso, di Djokovic a Miami nel 2007: un martello continuo da fondo, anche con il dritto che solitamente gli da meno certezze. Letale al servizio, sette ace e 81% con la prima (servita con il 74%), nessuna palla break concessa. Una sentenza, senza un minimo di cedimento nervoso neanche al momento di chiudere: quattro prime e due ace nell’ultimo gioco del primo set, addirittura un secondo break per chiudere il match, rimontando da 30-15. “Non so che dire, a inizio settimana non avrei mai immaginato di esser qui adesso, sulla superficie che gradisco meno”, dice mentre riceve il premio dal leggendario Rod Laver, omaggiato della Racchetta d’Oro prima dell’incontro. Eppure l’atteggiamento in campo, il gioco potente e propositivo con cui domina l’incontro, gli fanno meritare ampiamente il titolo e per la prima volta l’ingresso in top 10.
Djokovic va via da Roma con buone sensazioni, grazie alla prestazione pazzesca contro Thiem in semifinale, che lui stesso ha definito “la migliore del 2017, una delle migliori della mia carriera”: il nuovo ciclo con Agassi potrà regalargli una nuova fase della sua carriera, e non sarebbe sorprendente vederlo in ottime condizioni già a Parigi. Di certo poco lucido oggi, incapace di leggere la partita e l’avversario, che più volte lo sorprende in uscita dal seervizio con risposte profondissime: lo smarrimento è palese nel secondo set, quando si susseguono dropshot sbilenchi, uno dei quali atterra addirittura quasi fuori dal corridoio; addirittura un warning per “audible obscenity”, turpiloquio, redarguito dal giudice irlandese Fergus Murphy. Per la prima volta Nole perde una finale contro un giocatore più giovane di lui: ci avevano provato Raonic, del Potro e Nishikori, invano. Impossibile stabilire se la carriera di Zverev sarà più o meno fruttuosa di quella di questi suoi colleghi: ma un’idea ce la stiamo facendo tutti.