Lasciarsi andare ai trionfalismi è sport pericolosissimo all’interno dello sport. Ne sa qualcosa chi aveva puntato tutto su Dimitrov pluri-vincitore Slam, chi per Nishikori e Raonic aveva pronosticato un futuro povero di nubi. Ma chi non tra ieri e oggi non si è sorpreso a pensare che uno come Alexander Zverev passi sui campi da tennis una volta ogni tanto? Non è peccato ammetterlo, tanto più se ci sono i numeri a surrogare questa tesi. Nole ha perso contro Sascha la sua prima finale contro un giocatore più giovane di lui. Sì, nelle precedenti sei occasioni aveva inflitto dispiaceri a Nishikori (due), Raonic (due), del Potro e Cilic. Zverev è poi il giocatore più giovane a vincere un 1000 dopo Nole a Miami 2007, ed è il più giovane a vincere sui campi del Foro Italico dai tempi di Nadal. Dove Federer non ha mai vinto, tanto per dire.
In conferenza gli hanno chiesto se la scelta di cominciare la finale in risposta fosse una strategia premeditata. “Beh, dipende dall’avversario che ho di fronte. Contro uno come Novak è difficile entrare nello scambio. Ho pensato che all’inizio potesse essere un po’ più freddo e concedere uno o due errori per aiutarmi a breakkarlo“. Cosa che in effetti è avvenuta. “Ho servito bene per tutto il torneo, mi sentivo a mio agio con quel copo. Era più un problema strappargli il servizio, così ho voluto concedermi un’occasione subito all’inizio“. Una dimostrazione di lucidità che fa il paio con la sua confessione alla vigilia della finale: “Non sono sorpreso dei miei risultati, so quanto è lavorato“. Sascha è uno che sa da dove è partito e soprattutto sa bene dove vuole arrivare. Nole non ha certo disputato una buona partita, in molti hanno confermato come già dal warm-up non sembrasse particolarmente in palla. Ma Zverev ci ha messo del suo. Eccome.
C’è anche un po’ di sano orgoglio. E non potrebbe essere altrimenti, dopo una vittoria così importante. “Prima di me era Cilic il più giovane ad aver vinto un Masters 1000 negli ultimi anni, ora sono io. Penso sia anche positivo per il circuito avere un gruppo di ragazzi (e ragazze, in riferimento a Svitolina, ndr) in grado di competere ad alti livelli. Come ho detto molte volte, sfortunatamente per il tennis e per gli spettatori i Fab 4 non giocheranno per sempre. Per questo è importante che i giovani inizino a crescere“. E Sascha sembra intenzionato a tracciare la strada per tutti gli altri, augurandosi che qualcuno lo segua.
Orgoglio, sì. Ma anche il bell’abbraccio di fine incontro con il suo avversario. “Novak mi conosce da quando avevo 4 anni. Ha la stessa età di mio fratello e hanno giocato insieme quando erano junior. Mi sono sempre allenato con lui., mi ha sempre chiamato per i warm-up durante i grandi tornei e gli Slam quando ero ancora junior. Quindi il nostro rapporto è ottimo e ovviamente mi ha augurato il meglio, così come io ho fatto con lui. È uno dei ragazzi migliori del circuito“. E il suo ex allenatore, Boris Becker, vecchio asso della scuola tedesca? Lui non aveva mai vinto un titolo sul rosso. “Boris era un giocatore incredibile su ogni superficie. Ha raggiunto delle finali sulla terra, anche a Montecarlo. È difficile vincere un grande torneo sulla terra. Molto difficile, mentalmente e fisicamente“.
Vittorie chiamano vittorie, fiducia chiama fiducia. Come ammette lo stesso Sascha: “Prima di questa settimana mi davo zero chance di vincere il Roland Garros. Come ha dimostrato questa settimana posso battere i migliori nei grandi tornei. Spero di mantenere questo stato di forma fino a Parigi e vedremo cosa succederà“. Zverev ha anche le idee chiare sul favorito del torneo: “È sicuramente Rafa Nadal. Tra gli altri la sfida è abbastanza aperta. Penso che Djokovic stia giocando di nuovo bene, Thiem ha dimostrato di poter giocare ad alti livelli. Io, beh, ho soltanto vinto qui a Roma. Mi inserirei in quella lista ma non voglio che sembri che mi ritengo il favorito“.
Zverev ha anche parlato del suo futuro. E del passato. “Quando avevo 11-12 anni pensavo che a 20 anni avrei già vinto quattro Slam (sorride). A 16 anni tutto iniziava a sembrare più reale. Ma non potevo immaginare di essere top 10 a soli 20 anni. Insomma, ho appena 20 anni, è qualcosa di eccezionale per me. Penso però che rimanere in top 10 sia molto più difficile, perché altri ragazzi come David Goffin (che in realtà è già entrato in top 10, ndr) vogliono entrarci. Entrarci è una cosa, rimanerci sarà molto complicato“. Idee chiare, ambizione, forza di volontà. Sul campo una solidità che già sorprende e una battuta da big server. Se dovesse imparare anche a giocare a rete…