da Parigi, il nostro inviato (con la collaborazione di Ilvio Vidovich)
“Hello, nice to meet you”, dice sorridente dal suo metro e novanta, mentre striscia leggermente le infradito sul pavimento della zona interviste. Tutto intorno e un delirio di annunci all’altoparlante, badge identificativi e giornalisti che chiedono il loro momento per l’intervista. La zona dedicata alle one to one è composta da comodissime poltrone in pelle marrone: su una di queste Viktor Troicki quasi si abbatte, sospirando soddisfatto. Ha appena vinto il suo primo turno contro Evgeny Donskoy, il russo eroe del 2017: l’unico giocatore ad aver battuto Federer quest’anno, a Dubai. “Sono svariati anni che faccio bene qui a Parigi, è lo Slam che mi ha dato più soddisfazione (quarto turno nel 2011, 2013 e 2016: non è mai andato oltre in un Major, ndr). L’erba però è alle porte. È una superficie adatta al mio gioco e mi diverto molto (nel 2015 finale a Stoccarda, persa contro Nadal), anche se l’anno scorso non ho fatto risultati. Quest’anno ci arrivo più rilassato. Mi ci concentrerò al massimo: sono pronto”. Ha perso al secondo turno, qui al Roland Garros, in tre tie-break contro Nikoloz Basilashvili. Mentre risponde gesticola, inarca le sopracciglia, ha un viso che sembra uscito da un cartone animato: il più lontano possibile dalle sfuriate di cui si è reso protagonista negli anni passati.
Ma il futuro, soprattutto sul lato del comportamento e della maturità, sta per riservargli un cambiamento piuttosto drastico: a fine 2016 si è infatti sposato con Alexandra. “Il matrimonio non ha cambiato troppo le cose, vivevamo già insieme, la routine non è cambiata in realtà. Ma a breve sarà diverso, molto!”, esclama alzando la voce e continuando a muoversi sul cuscino morbido che soffre sotto il suo fisico imponente. Tra pochi giorni infatti, Viktor diventerà padre: “Mia figlia dovrebbe nascere tra due settimane al massimo. Cambierà la nostra vita, sarà la nostra priorità. Spero potrà rendermi più maturo e più responsabile, non vedo l’ora ovviamente. Potrà rendermi una persona migliore, prima ancora che un giocatore diverso. Insomma il mio approccio alla vita cambierà“. Alterna momenti di grande serietà, quando si concentra e crea rughe di riflessione sulla fronte, a fragorose risate che gli alterano bonariamente il viso oblungo: lo scorso anno l’obiettivo dichiarato era la top 20, ma non è riuscito a chiudere la stagione oltre quella soglia. “Però un paio di settimane sono stato davvero in top 20, giuro! Ero 19, poi non ho mantenuto alto il livello. È il tennis, possono capitare momenti di altalena: ci sono giovani che stanno uscendo alla grande e gli anziani che continuano a giocare benissimo, è difficilissimo, con entrambe le generazioni al massimo o quasi. C’è da essere costanti, risultati continui senza cali. Il mio obiettivo è ancora la top 20: il mio momento può ancora arrivare, ne sono convinto“. Annuisce, mentre maneggia distrattamente il suo accredito. “Viktor Troicki, joueur”, giocatore.
Lo staff dell’ufficio stampa è indaffaratissimo, passano in sequenza Cilic, Gulbis, Siniakova, Goffin. La nutrita squadra di media cinesi rincorre Qiang Wang, sconfitta da Venus Williams, come se fosse Graf. Viktor ne ride, poi parla del di lei marito: “Agassi è la scelta migliore che Novak potesse fare“, dice convinto. Troicki e Djokovic sono grandissimi amici, legati ovviamente dalla nazionalità e da anni trascorsi insieme tra juniores e circuito maggiore. “Andre era il mio idolo, l’ho adorato e vederlo nel box di Novak è stato speciale. Ieri mi sono allenato con loro, è stato incredibile. Una leggenda come lui potrà aiutare Nole con consigli, aiutarlo psicologicamente, è la mossa giusta: sarà interessante vedere come potrà migliorare”. Parlando di Djokovic viene fuori l’attaccamento che Troicki, e tutti i serbi in realtà, sentono rispetto alla propria patria. Nel 2010 la vittoria in Coppa Davis, a Belgrado in finale con la Francia: Viktor trionfò nel singolare decisivo, superando Llodra in tre set: “Fu meraviglioso, un’emozione incredibile. Davanti al pubblico di casa, certe cose le porterò dietro tutta la vita“. La semifinale di quest’anno riproporrà la stessa sfida, stavolta in Francia e probabilmente sul rosso: “Manca ancora del tempo eh!”, come a scacciare il pensiero. “Certo abbiamo ricordi fantastici contro di loro, ma sono la squadra forse più forte della competizione, hanno una quantità pazzesca di giocatori di altissimo livello, sia in singolo che in doppio. In trasferta e sulla terra rossa sarà durissima: speriamo sopratutto di avere il team al completo“.
Team composto interamente da giocatori over 30: Djokovic, Troicki, Tipsarevic, Zimonjic. E per il futuro? “Ci sono un paio di giovani molto promettenti per il futuro. Djere (che ha raggiunto la sua prima semifinale ATP quest’anno a Budapest, ndr) c’è Milojevic, che era numero uno Juniores. Kuzmanovic è il numero uno Juniores adesso ed è a ridosso della top 400. Il futuro può essere roseo, ovviamente devono lavorare e crederci, non possono adagiarsi sui buoni risultati da giovani. Noi lasciamo una discreta eredità, starà a loro portare alto il nostro nome“. Così come è arrivato, va via, facendo strisciare le ciabatte al suolo. Terrà altre due interviste e un intervento in TV, sempre allegro e un po’ agitato. Lo stesso che litigava con l’arbitro e gridava nel silenzio di Wimbledon: sarà senz’altro materiale divertente da far vedere alla figlia, tra qualche anno.