Ex numero due del mondo e finalista del Roland Garros nel 2000, Magnus Norman è oggi il coach di Stan Wawrinka: seduto al suo angolo lo ha visto trionfare a Porte d’Auteuil nel 2015, per lavare via la delusione e l’incompiutezza che aveva assaporato diciassette anni fa. “Non penso molto spesso a quella finale, ma ogni anno quando torno qui è più forte di me. Il mio destino sarà sempre legato a Parigi: qui ho allo stesso tempo i miei migliori e peggiori ricordi, sono sentimenti misti”. Lo svedese, nato a Filipstad quarantadue anni fa, perse quella partita contro Guga Kuerten, che vinceva così per la terza volta al Roland Garros. Appassionato di triathlon, dopo essersi ritirato nel 2004 ha raccolto un’altra sfida, quella di vincere da coach quel torneo che gli era sfuggito da giocatore. I primi due tentativi sono falliti, al fianco di Robin Soderling, finalista nel 2009 e 2010. Il trionfo arriva nel 2015, quando Wawrinka domina Nole Djokovic.
Vent’anni esatti fa Kuerten vinceva il suo primo titolo qui, nel giorno in cui nasceva Jelena Ostapenko, vincitrice del singolare femminile ieri. Tre anni dopo, Norman affrontava il brasiliano lo affrontava in una finale vibrante. Perse in quattro set, dopo aver combattuto in un tie-break e salvato dieci match-point. “Avevo cominciato benissimo, per la prima ora ero abbastanza nervoso, poi cominciai a giocare meglio. Vinsi il terzo, andai in vantaggio di un break nel quarto, e fu in quel momento che mentalmente sbagliai. Cominciai a dirmi che avrei vinto, avevo davvero la sensazione di essere il migliore in campo: lui in quel momento era forse più scarico e sfiduciato di me, perché aveva giocato una semifinale in cinque set durissima contro Ferrero, mentre la mia andò via facile (contro Franco Squillari, ndr). E mi dicevo che lui stava avendo un calo fisico. Penso ogni tanto a quel momento del match, e molti me lo ricordano. Mi piacerebbe davvero rigiocare quella fase, per poter fare le cose in maniera diversa“.
Kuerten è sempre stato amatissimo dal pubblico di tutto il mondo, e in particolare modo da quello di Parigi. “Era un avversario temibile, era difficile da affrontare perché poteva fare vincenti da entrambe le parti e da lontano, con qualsiasi angolo. Quindi bisognava essere costantemente offensivi, per respingerlo, aggredendolo. E cercare di prendere il vantaggio, l’iniziativa negli scambi. E poi serviva bene, credo del resto che sia una delle cose di cui si parla poco quando si parla di lui. Serviva benissimo, era alto, quindi era difficilissimo fargli un break. Certo era solido, si posizionava lontano dalla riga e colpiva forte. Tutto questo lo rendeva difficile da battere sulla terra rossa, quando era in fiducia. Specialmente al Roland Garros”. Celebre l’esultanza di Guga nel 2001, quando dopo il suo terzo trionfo disegnò un cuore sul campo, con la racchetta, prima di stendercisi all’interno. “Era spumeggiante, vestiva coloratissimo, e a Parigi lo adoravano tutti”.
Adesso, più forte anche dei suoi ricordi, Norman mette la sua esperienza al servizio di Stan Wawrinka, consapevole di quanto questo torneo richieda fatica e sudore. “Qui gli scambi sono più lunghi, quindi richiedono molte più energie. Negli altri tornei un buon sorteggio o un buon servizio possono aiutare molto. Qui anche se la partita dura tre set, c’è da soffrire su ogni palla, e il servizio non è un fattore determinante. Inoltre in alcuni giorno può fare caldissimo, e il clima può incidere su sette partite di fila”. Wawrinka ha vinto nel 2015, e adesso avrà un’altra occasione contro quello che per lo stesso Norman è il più forte di sempre sul rosso: “Non ci sono dubbi. Nadal è il migliore di tutti i tempi qui, i suoi record su questa superficie e a Parigi sono straordinari. Riesce a giocare traiettorie alte e ingestibili, una rotazione quasi impensabile, che nessun altro ha. Ci sono statistiche che lo dimostrano. Fisicamente è fortissimo, mentalmente è straordinario, quindi è molto difficile batterlo al Roland Garros, specialmente sul Philippe Chatrier, che è molto largo. Sfrutta al meglio lo spazio, quindi finire un punto contro di lui è difficilissimo”. Con Soderling ci è riuscito nel 2009, ma non l’anno successivo. Questo però gli basta per avere un’altra certezza: “È difficile, ma non è impossibile. E Stan può farcela”.