I servizi sussidiari a disposizione degli utenti sono di primo livello: nel centro accoglienza, oltre al pro-shop ed agli incordatori, sono presenti un bar ed un ristorante a servizio completo, un punto di informazioni gestito dalla città di Orlando per fornire informazioni ai visitatori sulle numerose attrattive della zona. “A volte capita che arrivino famiglie che accompagnano uno dei giocatori. Se non hanno voglia di assistere al torneo è possibile organizzare escursioni a Disney World oppure agli altri parchi di divertimento di Orlando”. Un banco multifunzione accanto all’ingresso principale viene poi dedicato di volta in volta a diverse funzioni: “In alcuni casi, vista la prossimità con l’aeroporto, offriamo attraverso un’azienda partner l’opzione di effettuare il check in di tutti i bagagli e dell’attrezzatura direttamente in loco, in modo tale che soprattutto durante le gare a squadre sia possibile muoversi in maniera più agevole nei trasferimenti da e per l’aeroporto”. In tutto il Campus è disponibile il collegamento WiFi gratuito, ed 84 campi (tutti ad eccezione di quelli per il minitennis) sono dotati di telecamera per lo streaming online attraverso la tecnologia PlaySight, con 32 di questi campi attrezzati con computer in campo per la gestione di match ed allenamenti, compresa la funzione per l’arbitraggio elettronico, in tutto e per tutto simile a quanto accade con Hawk-Eye nel circuito professionistico.
Come già anticipato, una sezione del Campus è dedicata all’Adidas Performance Center, l’edificio che ospita la palestra e le attrezzature per gli atleti di vertice, collegato ai sei campi indoor in Rebound Ace, gli otto campi outdoor in DecoTurf e, novità assoluta, i sei campi in terra rossa europea. Questi ultimi sono stati realizzati con 45 tonnellate di terra rossa fornita dall’azienda italiana Terre Davis, la stessa che viene utilizzata al Foro Italico. “La terra è stata caricata su una chiatta a Cremona, fatta arrivare fino al mare, da lì trasportata via nave a Miami dove 23 autoarticolati hanno completato il tragitto per farla arrivare qui – ci raccontano con orgoglio gli addetti della USTA – Abbiamo anche fatto venire un paio di tecnici dall’Italia per supervisionare la messa in posa della terra ed assicurarci dell’assoluta qualità di questi campi”. Il “rosso” è riservato all’uso esclusivo degli ‘high performance’, mentre i campi indoor sono prenotabili da tutti gli appassionati dalle ore 17 in poi.
Alla fine del nostro ‘tour’ abbiamo avuto il privilegio di scambiare due parole con Kurt Kamperman, Direttore Generale della struttura, così come il responsabile per tutta la USTA del Community Tennis, ovvero della diffusione del nostro sport negli Stati Uniti.
Quanto tempo è stato necessario per ideare e costruire questo magnifico impianto?
L’idea fu presentata al nostro Consiglio d’Amministrazione nell’ottobre del 2013, la prima pietra fu posata del luglio del 2015 ed abbiamo aperto i battenti in gennaio 2017. La nostra intenzione era quella di fornire una struttura di primo livello per la formazione dei nostri junior, costruita con tutte le soluzioni all’avanguardia, come la tecnologia PlaySight e l’illuminazione LED, ma anche per avere un luogo in cui far confluire tutti coloro che cercano una carriera nel tennis: giocatori, allenatori, direttori di torneo, incordatori, gestori di negozi specializzati, etc… Per questo lo abbiamo chiamato campus, vogliamo che questo luogo sia un’università del tennis, un luogo di eccellenza per tutti gli aspetti del nostro sport.
Qual è stata la difficoltà maggiore che avete dovuto superare per completare questo progetto?
La parte più dura è stata far capire al mondo del tennis il motivo per costruire questo impianto. Alcuni pensavano che l’unico scopo fosse il ‘player development’, altri temevano che avremmo accentrato tutti gli eventi USTA in questo luogo. Ma non è così: i giocatori vengono qui ad imparare e poi tornano nei loro circoli per trasmettere quello che hanno appreso e per perorare la causa del tennis, chiedendo strutture migliori. Molte persone non capivano il concetto di ‘centro d’innovazione’. In generale c’è una certa diffidenza nei confronti di qualunque iniziativa venga promossa dalla direzione centrale. Accettare il cambiamento è sempre difficile, soprattutto in uno sport tradizionalista come il tennis: basti pensare ad Hawk-Eye. Ci sono ancora persone che non sopportano l’idea del tie-break…
Qual è stato l’episodio più significativo che avete potuto osservare nei primi mesi di apertura?
Ci sono stati weekend in cui abbiamo avuto circa 200 bambini che apprendevano i fondamenti del gioco, i quali guardavano gli incontri dei campionati delle scuole superiori per trovare ispirazione. Questi poi a loro volta avevano l’opportunità di osservare gli incontri dei giocatori di college, che si potevano poi confrontare con i professionisti che si allenavano al Performance Center ed ai giocatori di massimo livello del tennis in carrozzina. Ognuno poteva confrontarsi con un livello superiore, traendone ispirazione. Era il sogno che si avverava davanti ai nostri occhi.
Avete molti visitatori dagli altri paesi che vogliono vedere con i loro occhi ciò che siete riusciti a realizzare?
Moltissimi. Certo, il fatto di trovarsi ad Orlando sicuramente aiuta: quando avevamo il centro tecnico a White Plains, nello stato di New York, non veniva nessuno. Qui c’è Mickey Mouse, certo, ma ci sono anche 100 campi che prima non avevamo. Abbiamo avuto visitatori dal Brasile all’Australia, e noi siamo più che lieti di condividere la nostra esperienza, nell’interesse della crescita del tennis. È questa la nostra missione, in fin dei conti.
Anche se siete aperti da solo pochi mesi, avete già qualche progetto di espansione?
Ci sono alcune idee che sono in fase di studio. Questo impianto è stato creato principalmente per la promozione del tennis e per lo sviluppo dei giocatori di vertice, non ci sono strutture che potrebbero ospitare eventi professionistici di massimo livello. Probabilmente il passo successivo sarà quello di costruire le infrastrutture che ci consentirebbero di diventare la sede per grandi eventi, da tornei professionistici ad incontri di Davis e Fed Cup.
Il Miami Open sta incontrando seri problemi logistici: state pensando di offrire il vostro aiuto per ospitarlo?
Il torneo di Miami non è di nostra proprietà, per cui non abbiamo molta voce in capitolo. Secondo quando ci viene comunicato dalla direzione attuale, c’è una grande volontà di rimanere a Miami. Ma se dovesse esserci il rischio di un trasferimento di un evento così importante al di fuori degli Stati Uniti, sicuramente la USTA farà di tutto per evitare di perderlo.