dall’inviato a Londra
L’incarnazione di Aegon scesa a vigilare sull’ATP 500 aziendale incrocia le dita. Uno degli otto tennisti in campo sarebbe stato l’ultimo campione del Queen’s Club marchiato dal blu della compagnia assicurativa olandese, che dopo 9 anni di partnership con la Lawn Tennis Association si ritira da sponsor dei tornei su erba britannici. Bisognava chiudere in bellezza, specialmente dopo il party della sera precedente: la greatest hits del quasi decennio 2009-2017 (Coppa Davis, un numero uno al mondo di singolare e uno di doppio, una top 10 dopo oltre trent’anni) era stata sbobinata, ripercorsa, condita dal tipico humour e innaffiata da qualche bicchiere di champagne.
Il brindisi non ha portato fortuna a tutti, però. In special modo non a Daniil Medvedev, perfetto suo malgrado nel fungere da pratica alla teoria di Kokkinakis, secondo la quale essere giovani non vuol dire essere indistruttibili. Il russo si è infortunato alla spalla destra provando il servizio durante il riscaldamento, e nonostante Grigor Dimitrov abbia rimediato comunque un grosso spavento il problema fisico ha condizionato evidentemente l’incontro. Costretto al medical time out prima di aver giocato un singolo punto, Medvedev è sceso subito sotto per 0-5 in uno scenario che sembrava quello del classico preludio al ritiro. Il ghiaccio spray gli ha fornito però un inaspettato aiuto e con il primo gioco vinto, grazie a tre prime di servizio vincenti, il ventunenne moscovita è riuscito a riprendersi. Fino a ingaggiare battaglia per oltre un’ora, vincendo il secondo set e andando addirittura in vantaggio di un break nel terzo. Quando erano già tutti pronti a riprendere il filo dei meltdown di Dimitrov però, quello ha reagito.
In conferenza stampa il bulgaro ha fatto il vago e ha negato a parole di essere stato direttamente influenzato dall’acciacco dell’avversario. Ha ammesso tuttavia di aver “ridotto all’osso il gioco, date le condizioni dell’incontro, e contato su certe armi e sulla giocata giusta nei momenti giusti“, che leggendo tra le righe può significare tutto il contrario. Cercare il dritto di Medvedev da entrambi i lati del campo, ad esempio, o giocare uno slice per costringerlo ad abbassarsi e distendere il braccio, sono state tutte mosse astute ma lecite: sfruttare al meglio una situazione di vantaggio non è una mancanza di rispetto nei confronti dell’avversario. I tratti di partita in cui il Next Gen è tornato a giocare normalmente hanno però finito per sballare di rimando il gioco di Grisha, al quale si addice ben di più l’approccio proattivo di quello reattivo. 6-3, 3-6, 6-3 e ancora un incontro almeno per prepararsi a dovere per Wimbledon. Anzi: a una manciata di set dall’eventuale terzo titolo stagionale, con il quale ripeterebbe l’annata stellare del 2014, il warm up per lo Slam può diventare un pensiero secondario.
Negli altri incontri, il più veloce a raggiungere il sabato delle semifinali è stato Gilles Muller, giulivo per il suo 7 a zero stagionale su erba. “Su questa superficie va tutto veloce, e anche quando non sento di star giocando bene so che posso rimanere nel match col servizio” ha spiegato al termine del successo su Sam Querrey. Aveva ragione, come aveva ragione quando ha parlato di scelte giuste nei momenti importanti. In tutto il match si è andati a palle break due volte, una a testa, sempre dal nulla e lui è stato l’unico ad approfittarne: nel terzo game ha strappato il servizio a zero con un gran recupero sotto rete, nell’ultimo prima del tie-break conclusivo ha salvato molteplici set point con la combinazione servizio-dritto, oggi più remunerativa anche di quella con la volée. Dagli undici match point mancati e dal tie-break da 36 punti perso contro Basilashvili al primo turno, sotto una terrazza vip ben più divertita di lui, il lussemburghese si è fatto impeccabile. Ogni volta che il “treno dei desideri” è passato, lui ci è saltato sopra al volo. Adesso chissà quanto lontano lo porterà.
Gli fa compagnia sul vagone Marin Cilic, suo avversario domani per un posto in finale. Il numero 7 ATP, partecipante al Queen’s per l’undicesima volta consecutiva, ha svegliato Donald Young dal suo sogno in due set equilibrati soltanto a leggere il punteggio finale. Il meno considerato tra gli statunitensi, in trappola nel limbo tra i volti noti della top 25 e la massiccia promozione della Next Gen, conclude comunque il proprio torneo senza potersi rimproverare nulla: Cilic è stato implacabile in battuta per l’intera settimana e anzi, 4 dei 5 punti su 84 persi con la prima glieli ha strappati proprio lui nell’incontro di oggi. Andando a considerare anche le dieci palle break sciupate su dodici, è in risposta che il croato è chiamato a fare un salto di qualità. Il rischio per lui è altrimenti quello di fare la stessa fine di qualche giorno fa, quando Karlovic lo ha estromesso da ‘s-Hertogenbosch senza dovergli mai fare il break.
A proposito di Ivo, il “Dottor Ace” sarebbe fiero dell’ultimo incontro del pomeriggio. La sfilza di game di servizio tra Feliciano Lopez e Tomas Berdych ha fatto tornare in mente a chi c’era l’edizione 1997 del torneo, per la precisione il momento in cui Goran Ivanisevic implorò una raccattapalle affinché giocasse al posto suo almeno un punto contro l’ingiocabile servizio di Philippoussis. L’allora ragazzina Amy accettò (il punto fu il più lungo dell’incontro!) e oggi è tornata in campo per una piccola celebrazione a vent’anni dal curioso siparietto. Nessuno le ha però chiesto di prendere in mano la racchetta, e il “lato oscuro dell’erba” ha preso così il sopravvento: soltanto uno strepitoso passante di Feliciano e una invocazione a Hawk-Eye hanno impedito il triplo tie-break, dopo che lo spagnolo aveva salvato match point con un vincente slice.
Risultati:
G. Muller b. S. Querrey 6-4 7-6(5)
[4] M. Cilic b. D. Young 6-4 7-5
[6] G. Dimitrov b. D. Medvedev 6-3 3-6 6-3
F. Lopez b. [7] T. Berdych 7-6(5) 6-7(1) 7-5