dall’inviato a Londra
F. Lopez b. [4] M. Cilic 4-6 7-6(2) 7-6(8)
Un solo break in tutta la finale, ed è contata quanto un due di bastoni quando regna spade. Feliciano Lopez ha vinto l’edizione 2017 degli Aegon Championships (che dal prossimo anno cambieranno sponsor e nome) battendo la quarta testa di serie in cinque incontri, Marin Cilic, pur non riuscendo a strappargli il servizio in nessuna occasione. Per Lopez si tratta del più importante successo in singolare di tutta la carriera, ormai prossima al fisiologico termine: il successo al Queen’s Club è arrivato tredici anni dopo l’unico altro ATP 500 (Vienna 2004, all’epoca denominato International Series Gold) ma soprattutto la settimana successiva alla finale di Stoccarda, persa in modo difficile da digerire contro Lucas Pouille.
L’amara medicina bevuta al Mercedes Open è la stessa, in concentrazione decuplicata, che Feliciano ha somministrato a Cilic in un’altra finale di livello altissimo. Sia l’uno che l’altro provenivano da un tremendo inizio d’anno, ed erano riusciti un po’ a sorpresa a ritrovare i loro risultati soltanto nella stagione della terra battuta, raggiungendo la massima fiducia nei primi match sull’erba londinese. E proprio uno sguardo all’intero torneo fornisce una delle chiavi migliori per spiegare la vittoria di Lopez. Non sono state tanto le differenze nel gioco, quanto quelle nel percorso, a far sì che lo spagnolo erbivoro trionfasse: mentre il croato aveva avuto un torneo più semplice, bastonando avversari a lui inferiori e mai in grado di impensierirlo oltre l’alzata di sopracciglio, il tennista di Toledo aveva dovuto lucidare la sua capacità di soffrire sia contro Berdych (match point annullato) che contro Dimitrov. Nel momento del tie-break, in cui ogni colpo contava il triplo e ogni punto poteva assegnare un set, ha vinto l’abitudine alle situazioni spinose di quest’ultimo.
Per Cilic, che pochi minuti dopo la premiazione ha perso anche in doppio, il successo è stato a portata di mano in almeno due momenti diversi. Il primo set è andato a lui per 6-4, con un numero di scambi che si poteva contare sulle dita di una mano: i servizi filavano lisci e quando si riusciva nell’impresa di “parare” una prima avversaria, arrivava istantaneo il dritto a completare l’opera. Neppure la bravura di Lopez nell’addormentare la potenza del croato, depositando slice di rovescio nei centimetri di erba ingiallita a fondo campo, valeva più di una palla break mai potuta giocare per davvero. I tre set point che hanno deciso il parziale sono piovuti dal cielo nell’ultimo game, sotto forma di paio di errori di misura dello spagnolo, e all’inizio di quello successivo Cilic ha avuto due volte la chance di strappargli ancora il servizio, mirando al corpo. Lopez è rimasto nel match con due ace sulla T e ha chiamato un paio di challenge inutili al puro scopo di scuotersi, e da quel momento in avanti gli spifferi in battuta sono scomparsi del tutto.
Quando Feliciano ha vinto un tie-break giocato in modo impeccabile, il circolo coronato si è trasformato in una plaza de toros. Soltanto l’evidente pronuncia britannica dei “Vamos Lopez!” ha impedito all’illusione ispanica di diventare realtà, tra fischi da corrida e scrosci di applausi che accompagnavano ogni punto del mancino. Dal canto suo, lui ha sfruttato il vantaggio di servire per primo per tenere lontani i pericoli – ma non le emozioni – fino al tie-break decisivo, anche grazie all’aiuto di un nastro poco empatico verso il suo avversario. E nel gioco decisivo, Lopez ha ancora una volta bevuto la pozione magica. Tra i 14 punti totali senza perdere il servizio c’è stato il match point contrario, che lui ha annullato con una volée vincente in allungo, ma il vero suo prodigio è stato quello di saper trovare un terzo match point dopo i due mancati, uno dei quali in battuta (bravissimo Cilic in entrambi i casi). In quelle occasioni, sull’erba, è più facile trovare un quadrifoglio.
“Ad essere sincero, dopo aver sbagliato a servire per il match pensavo: sto di nuovo per non farcela” ha confessato Feliciano. Il dritto in corridoio, che dopo due ore e mezza lo ha fatto vincitore di un torneo che al martedì era stato bollato come flop, simboleggia quella giustizia nell’ingiustizia che il tennis è maestro nell’amministrare: pur vincendo più punti con la prima, con la seconda, in totale, mettendo a segno più ace, l’unica vittoria di Marin Cilic al Queen’s è rimasta ancora quella del calcione di Nalbandian. La ragione, forse, è che quando entrambi gli atleti danno il loro massimo, la bilancia pesa anche il passato. E con quello era Lopez ad essere in credito.