C’era un tempo in cui Kyrgios, prima che compiesse tutte le malefatte di cui siamo a conoscenza, era considerato semplicemente un giovane tennista di grande talento e dall’aria spensierata. La grande aspettativa che gli era stata messa sulle sue spalle da pubblico e stampa ha iniziato a prendere una forma più consistente a partire dal 1° luglio 2014, quando Nick ricopriva ancora la posizione numero 144 del ranking e stava giocando il suo primo Wimbledon in carriera. In quella data mise a segno uno dei più grandi exploit della storia del torneo, eliminando con punteggio di 7-6(5) 5-7 7-6(5) 6-3 l’allora numero 1 del mondo Rafael Nadal. L’australiano, che partecipò grazie ad una wild card, raggiunse grazie a quella prestazione condita da 37 ace i quarti di finale in uno Slam. Risultato che resta finora il suo migliore sui prati londinesi (ripetuto solo in Australia l’anno seguente). La sua vittoria, oltre ad esser stata una boccata di aria fresca per il mondo del tennis che era – e lo è ancora – alla ricerca di alternative ai fab4, fu anche l’occasione per dare una spolverata al libro dei record: Kyrgios divenne il giocatore dalla classifica più bassa a battere il numero 1 in uno Slam dal 1992, quando il qualificato numero 193 Andrei Olhovskiy sorprese Jim Courier in un terzo turno, proprio a Wimbledon.
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