È stata una giornata senza grosse sorprese, la prima di Wimbledon. Delle sedici teste di serie in gara nel tabellone femminile ne sono cadute solo due, Mirjana Lucic-Baroni (numero 26) e Roberta Vinci (numero 31). Lucic non è riuscita a chiudere contro Carina Witthoeft pur essendo arrivata a condurre 5-0 nel terzo set, e avere avuto un match point sul 5-1.
Roberta Vinci ha invece perso più nettamente contro Kristyna Pliskova (7-6, 6-2), ma si sapeva che l’avversaria era di quelle pericolose, ancora di più sull’erba. Ha veleggiato senza problemi Francesca Schiavone (6-1, 6-1 a Mandy Minella), mentre ha dovuto soffrire di più Camila Giorgi per superare Alizè Cornet (trovate qui la mia cronaca estesa).
I primi turni degli Slam sono convulsi e caotici: è impossibile seguire tutto quello che accade, e non sempre si riescono a individuare in anticipo le partite più equilibrate. Ad esempio non avendo visto Cibulkova vs. Petkovic (6-3, 3-6, 9-7) non mi azzardo a dare un parere in merito. Tra le prime teste di serie penso vada segnalato il passaggio del turno di Elina Svitolina, che pur essendo numero 4 aveva avuto in sorte un’avversaria molto complicata, tanto da essere ritenuta a rischio eliminazione. Per questo il suo 7-5, 7-6 ad Ashleigh Barty, fresca finalista a Birmingham, è un risultato degno di nota.
Ma se si vuole individuare un filo conduttore in questo lunedì di apertura, direi che lo si può trovare nel ritorno di tre grandi protagoniste del tennis femminile dopo periodi più o meno lunghi al di fuori delle competizioni. Mi riferisco a Lisicki, Kvitova e Azarenka.
Sabine Lisicki ha perso abbastanza nettamente contro Ana Konjuh (6-1, 6-4), e devo dire che il risultato non mi sorprende perché il suo rientro a Marbella aveva evidenziato come Sabine fosse ancora lontana dalla migliore condizione.
Pur avendo vinto, non mi ha convinto nemmeno Petra Kvitova. La due volte campionessa del torneo ha avuto l’onore del Campo Centrale da parte degli organizzatori, ma contro Johanna Larsson mi è parsa meno incisiva che nelle partite di Birmingham. Eppure Larsson ha un gioco poco adatto all’erba (3-14 il suo record sulla superficie in carriera), e aveva già perso 4 volte su 4 contro Kvitova. Petra ha chiuso 6-3, 6-4, ma ha rischiato di complicarsi la vita nel secondo set quando ha perso il break di vantaggio ed è riuscita a sistemare le cose vincendo gli ultimi due game. Sicuramente dovrà salire di livello se vuole fare strada nel torneo, e tenere fede al suo ruolo di prima o seconda favorita che le attribuiscono i diversi bookmaker.
Ma forse la giocatrice del giorno è stata Vika Azarenka. Il sorteggio l’aveva messa di fronte a CiCi Bellis, giovanissima in grande crescita: oggi è numero 40 del mondo, ma appena dodici mesi fa di questi tempi era numero 220 del ranking. Dopo aver visto Azarenka a Mallorca pensavo che Bellis fosse favorita nel match di oggi. E l’inizio sembrava confermare questa idea.
Va detto che Azarenka in Spagna aveva esibito un’ottima condizione fisica, ma ancora una scarsa abitudine al tennis vero e proprio. E lo aveva lei stessa riconosciuto nell’intervista pre-Wimbledon di qualche giorno fa.
In questo match di ritorno nello Slam, invece, secondo me Vika ha messo in mostra dei progressi tecnici rispetto al torneo spagnolo, mentre mi è sembrata ancora incerta sul piano agonistico. Provo a spiegare la sensazione che ho avuto, in particolare nella prima metà di partita: superati i primi game di assestamento (0-4) in fondo Azarenka ha “giocato” piuttosto bene. Solo che il tennis a livello professionale non è un gioco: è indispensabile saper interpretare la partita tenendo presente i frangenti importanti del match e in quei momenti affondare il colpo, con il massimo del cinismo. Sotto questo aspetto Vika è mancata. Un solo dato per spiegare la questione. Conversione palle break nel primo set: Bellis 2 su 2, Azarenka 1 su 6. E l’avversaria di Azarenka avrebbe dovuto essere molto meno esperta e navigata di lei.
A lungo andare Azarenka ha carburato, alzando la velocità di crociera. Gli scambi si sono fatti più intensi ma lei non ha mai dato segni di fatica fisica. Tonica e reattiva, ha pareggiato i conti nel secondo set e poi ha dilagato nel terzo (3-6, 6-2, 6-1), contro una Bellis che nei momenti difficili ci ha fatto ricordare che in fondo si tratta pur sempre di una teenager nata nel 1999, che ha ancora il diritto di andare in difficoltà contro una avversaria come Vika.
Nella parte conclusiva del match, quando le distanze si erano ormai dilatate, allora Azarenka ha lasciato intravedere i bagliori della campionessa pre-maternità. Certo, la continuità martellante e asfissiante dei periodi migliori non c’è ancora. Ma le basi ci sono.
A questo punto comincio a considerare la partecipazione di Azarenka con occhi diversi. È stata sorteggiata nella parte più bassa del tabellone, nella sezione presidiata da Simona Halep, ma già dal prossimo turno si potrà capire che ruolo può assumere nel torneo. Sarà Elena Vesnina, semifinalista l’anno scorso a Wimbledon, a testare i suoi progressi e a dirci se il ritorno ad alti livelli di Vika è imminente o dovrà essere rimandato. Malgrado i precedenti (7-0 per Azarenka, 14 set vinti, zero persi) la situazione con cui si presentano in questa occasione una contro l’altra è molto diversa dal passato. Oggi Vesnina è numero 16 del mondo, mentre Azarenka partecipa a Wimbledon grazie al ranking protetto; per questo il pronostico mi pare abbastanza complicato. Una cosa però è certa: sarà uno dei match da non perdere nel prossimo turno.