[3] R. Federer b. D. Lajovic 7-6(0) 6-3 6-2 (Raoul Ruberti)
Tra Roger Federer e Dusan Lajovic non esistono precedenti. Entrambi scendono in campo nel rispetto del dress code bianco, con un borsone rosso Wilson in spalla, pronti a giocare rari rovesci a una mano. Eppure bisognerebbe essere appena atterrati da Marte per non capire chi è il favorito: lo svizzero – numero 5 nel ranking, 3 nel seeding e 2 nella Race to London – che torna a Wimbledon per darsi “un’ultima grande occasione”, ovviamente dopo quella della scorsa edizione, che già avrebbe dovuto essere tale e che invece si è rivelata almeno penultima. Lajovic è il serbo al posto 79 della classifica mondiale, e per lui non sembrano esserci neppure gli estremi per inventarsi Donskoy o Haas: il palcoscenico è troppo importante perché Federer abbassi la guardia.
Oppure no? Lajovic tiene a zero il primo turno di battuta, non facendo di fatto giocare la metà dei punti. Federer perde uno scambio nel suo, e ok. Poi gioca un dritto largo, attenzione. Poi mette in rete una volée elementare e, al comparire della scritta “3 break points”, qualche allarme inizia a suonare. Lo svizzero le annulla tutte e tre, ma non sembra muoversi benissimo né mostra la sicurezza scintillante che ci si aspettava: sbaglia ancora due colpi e la vittima sacrificale è avanti col break. Lajovic scambia a testa alta, dimostra di saper fintare e quando serve, scende a chiudere a rete come se corresse su delle piccole rotaie. Non sembra qualcuno dal misero score di 3-14 su erba in carriera, che non mette piede a Church Road da tre anni. Per un set, gioca piuttosto come l’incarnazione del “non aver nulla da perdere”. Per un set, appunto. Entrando in perfetto equilibrio nel tie-break del primo parziale, Federer trova il mini-break al primo punto vincendo (di difesa) lo scambio più lungo dell’incontro fino a quel momento ed è come se fossero quelli, per lui, i blocchi di partenza. Cosa è successo diventa improvvisamente chiaro, persino a coloro che si erano scaramanticamente già fasciati la testa: mancato un vero rodaggio contro Dolgopolov, ritiratosi dopo neppure tre quarti d’ora di gioco, Federer ha dovuto sfruttare il primo set di questo secondo turno per mettere a punto il proprio tennis da Wimbledon. Tale necessità non calcolata, unita alla buona partenza dell’allievo di José Perlas, ha animato il parziale di apertura d’imprevista tensione. Vinto a zero il tie-break, l’incontro del diciotto volte campione Slam inizia per davvero.
Pur dovendo a volte difendersi alzando la traiettoria della palla, giocando un metro dietro la riga di fondo nell’attesa di capovolgere l’azione, Federer guadagna la upper hand dell’incontro e crea un distacco sempre maggiore. I punti persi al servizio, da 7 del primo set, diventano 5 nel secondo e 3 nel terzo; Lajovic, dal canto suo, non riesce più a tenerlo lontano da palla break. Non tutto ciò che esce dalla racchetta dello svizzero è perfetto, e il suo sguardo al termine di qualche punto perso dimostra che lo ha capito anche lui. Oggi però è quanto basta, per prendersi i tre set di un risultato di passaggio verso ambizioni più grandi e, al contempo, capire cos’altro c’è da aggiustare per farle proprie la prossima settimana. I due terzi conclusivi del match ci ricordano che, per quanto l’apporto di Ivan Ljubicic sia stato fondamentale nell’upgrade a questa ultima versione di Federer, ci sono colpi che sono tutti farina del sacco di Roger. Alla fine è quasi scuola, con volée raccolte sotto il nastro, veroniche, risposte in dropshot e persino una SABR (fallita). Lajovic rimane in campo con dignità, nonostante l’impossibilità di un risultato diverso, finché l’ace di seconda chiude l’ora e mezza di tennis del sette volte campione, prima in leggera salita e poi in discesa via via più verticale. I due, ancora vestiti uguali e con i borsoni gemelli, si avviano insieme verso il tunnel degli spogliatoi. Il viaggio del FedExpress ha infine preso il via. Prossima fermata: Mischa Zverev.
[6] M. Raonic b. M. Youzhny 3-6 7-6(7) 6-4 7-5 (Andrea Ciocci)
La lotteria di allenatori era un chiaro segnale che il Raonic versione 2017 non fosse quello che l’anno scorso si era spinto fino alla finale di Wimbledon. Ma forse, nel preparare il match di secondo turno, solo il fedele coach di Youzhny, l’avversario odierno del canadese, poteva sperare che il suo pupillo rischiasse di andare in vantaggio di due set. E di avere una palla per allungarlo al quinto, prima di cedere. Un Milos pachidermico subisce un break a freddo. E di suo Youzhny ci mette servizi sapientemente piazzati che, assieme ai suoi eleganti rovesci, gli consentono di tenere il pallino nei turni di battuta. Come spessissimo accade sull’erba, la disattenzione iniziale costa cara al canadese: il russo chiude sul 6-3. Il secondo set vede un Raonic attento, che non intende concedere altri vantaggi. Il suo gioco continua a non essere esaltante. Ma almeno il servizio lo tiene a galla. Come in una soap opera di cui si immaginano già gli sviluppi, tutti si aspettano il tie-break, che infatti arriva. Qui i tifosi del canadese tremano, perché Youzhny arriva al doppio set point. Non li mette a frutto, anche per una certa passività. Al che Raonic si ricorda di essere il favorito e chiude al 16esimo punto. Devono ancora ronzare per la testa del russo le occasioni perdute. E, come da copione, cede la battuta che apre la terza frazione, mentre il tennista originario del Montenegro libera il braccio quanto basta a far sua la terza frazione. Il quarto set non è per nulla scontato. Youzhny tiene duro fino a procurarsi, sul 5-4, l’opportunità di giocarsi il set decisivo. Ma quella macchina (quasi) infallibile di Raonic lo annulla con un’efficacissima combinazione servizio-dritto. Finiscono qui le velleità del russo, che cede mentalmente, dando il via libera al canadese. Il cui livello attuale non farà fare sonni tranquilli a coach Piatti.
[8] D. Thiem b. G. Simon 5-7 6-4 6-2 6-4 (Manuel Dicorato)
Vittoria in rimonta in quattro set e accesso per la prima volta al terzo turno di Wimbledon per Dominic Thiem, che in quasi tre ore di gioco ha la meglio su Gilles Simon. Primo set che parte con un Thiem talmente in palla che nei primi due game in risposta arriva sette volte a palla break senza mai concludere l’opera. Quando il pubblico del Court 1 immagina che il break per Thiem sia comunque nell’aria, Simon piazza il break: nel quarto game del match il francese strappa il servizio al più quotato avversario ma si farà recuperare nel settimo gioco. La svolta definitiva arriva nel dodicesimo gioco quando un blackout di Thiem consegna il primo set a Simon. È il coronamento di un set anomalo per il tennis del francese, che chiude il primo parziale con quindici discese a rete vincenti su ventitré. Nel secondo set sale in cattedra il numero tre della Race che sul 2-2 trova il break che, a differenza di Simon nel primo set, riesce a portare sino in fondo sul 6-4. Se la percezione al termine del primo set era che Thiem nel bene e nel male aveva la partita in pugno, il secondo set conferma questa tesi ed il terzo set la rafforza: un break primo nel terzo e poi nel settimo gioco regalano a Thiem il 6-2. La trama dell’incontro è completamente rovesciata, ora ad attaccare la rete è Thiem che nel quarto set trova ancora una volta il break nel quinto gioco e, come nel secondo set, riuscirà a portarlo sino in fondo. La partita pensata da Simon si è realizzata solo nel primo set. Nel resto del match, la freschezza e la maggior forza nei colpi di Thiem hanno fatto saltare i piani di Simon. Per Thiem il terzo turno sarà da favorito: aspetta infatti il vincente della sfida tra Lorenzi e Donaldson.
[10] A. Zverev b. F. Tiafoe 6-3 6-4 6-3 (Antonio Ortu)
Soli nove mesi di differenza tra i due giocatori, ma li ha fatti sembrare molti di più Alexander Zverev, che si è sbarazzato facilmente nel derby Next Gen di Frances Tiafoe. Ancora in attesa del primo ottavo di finale Slam, Sascha ha raggiunto il terzo turno di Wimbledon per il secondo anno di fila. La testa di serie numero 10 è apparsa in controllo per l’intero incontro e ha dato soprattutto una grossa prova di maturità contro il 19enne del Maryland. E’ bastato pigiare leggermente sull’acceleratore all’inizio di ogni parziale per poi amministrare il vantaggio. I due si erano sfidati nel primo Slam dell’anno a Melbourne, in un match molto simile a quello odierno, finito tre set a zero per il tedesco. Certo, Tiafoe era alla prima partecipazione ai Championships e quella contro Haase è stata la sua prima vittoria su erba e il primo successo su un top 50. Tutta questa inesperienza ha sicuramente pesato sul giovane statunitense, incapace di ribattere alla potenza del suo avversario, pur opponendo un gioco molto simile, ma, per ora, anche pieno di insicurezze a questi livelli. Il primo set si è deciso nel secondo gioco, dove Zverev ha piazzato un break risultato decisivo alla fine del parziale, durato 26 minuti senza che Frances si sia procurato chances di break. Molto cinico il tedesco, che brekka anche in apertura di seconda partita e Tiafoe, pur vincendo più punti del suo avversario in risposta, continua a non trovare risposte al gioco molto propositivo e geometrico di Zverev. Sascha concede un’unica palla break nell’incontro, sul 4-3 del secondo, e la annulla in scioltezza, col servizio. In meno di un’ora è 6-3 6-4 per il campione di Roma. Sopra due set a zero, si è visto un ottimo Zverev. Soprattutto dal lato del rovescio l’ex numero 1 junior ha trovato incisività e precisione, ma ha anche giocato sostanziose seconde palle di servizio (talvolta oltre i 200 orari) e non si è risparmiato nelle discese a rete, quasi sempre vincenti. Break nel terzo game anche nel terzo set: stavolta Zverev concede solo due punti al servizo a Tiafoe e con un secondo break chiude l’incontro in maniera rapidissima, dominando per tutti i 93 minuti. Al prossimo round se la vedrà con Sock o con Sebastian Ofner.
Risultati:
D. Ferrer b. S. Darcis 3-0 rit.
D. Sela b. [23] J. Isner 6-7(5) 7-6(5) 5-7 7-6(5) 6-3
[13] G. Dimitrov b. M. Baghdatis 6-3 6-2 6-1
[27] M. Zverev b. M. Kukushkin 6-1 6-2 2-6 3-6 6-4
[2] N. Djokovic b. A. Pavlasek 6-2 6-2 6-1
[15] G. Monfils b. K. Edmund 7-6(1) 6-4 6-4
[PR] E. Gulbis b. [29] J.M. del Potro 6-4 6-4 7-6(3)
A. Mannarino b. Y. Sugita 6-1 5-7 4-6 7-6(2) 6-2
[8] D. Thiem b. G. Simon 5-7 6-4 6-2 6-4
[11] T. Berdych b. R. Harrison 6-4 6-3 6-7(8) 6-3
[25] A. Ramos-Vinolas b. [Q] A. Rublev 7-5 6-7(6) 4-6 6-3 6-4
J. Donaldson b. [32] P. Lorenzi 6-4 7-6(0) 6-7(0) 6-2
[6] M. Raonic vs M. Youzhny 3-6 7-6(7) 6-4 7-5
[3] R. Federer b. D. Lajovic 7-6(0) 6-3 6-2
[10] A. Zverev b. F. Tiafoe 6-3 6-4 6-3
[Q] S. Ofner b. [17] J. Sock 6-3 6-4 3-6 2-6 6-2
Wimbledon: Gulbis, ma dov’eri finito? Djokovic si allena
Wimbledon, italiani: Lorenzi lotta ma non basta, passa Donaldson
Wimbledon: Pliskova fallisce. Aga si salva, Mladenovic no