Dopo il trionfo di Garbine Muguruza, due finali di doppio più diverse non potevano proprio andare in scena sul mitico centrale di Wimbledon. Prima le interminabili 4 ore e 39 minuti e di quella maschile e poi i soli 55 minuti di quella femminile.
Ad aggiudicarsi il titolo maschile è stata la coppia formata dal brasiliano Marcelo Melo e dal polacco Lukasz Kubot, teste di serie n.4 del tabellone, imponendosi con l’incredibile punteggio 5-7, 7-5, 7-6(2), 3-6, 13-11, sul team composto dall’austriaco Oliver Marach e il croato Mate Pavic, a loro volta teste di serie n.16. Il match, equilibratissimo e dominato dai servizi, è definitivamente girato in favore di Melo e Kubot su una sospensione di 10 minuti nel quinto set per permettere al tetto di chiudersi e proteggere il campo dalla pioggia. Alla ripresa del gioco la coppia carioca-polacca ha vinto 7 degli 8 punti giocati, portando a casa la partita e il trofeo. “Penso che la chiave fosse rimanere mentalmente concentrati, specialmente dopo la chiusura del tetto”, ha affermato in conferenza stampa Melo, “Dovevamo essere pronti a tornare in campo e combattere come abbiamo fatto. Anche se avevamo mancato due match point prima, dovevamo continuare a crederci. Abbiamo vinto la battaglia mentale. Ci hanno aiutato i tre match vinti al quinto set (al secondo turno, al terzo turno e in semifinale ndr). Ho detto a Lukasz che era solo un altro, che ne avevamo vinti già tre e che ce l’avremmo fatta anche questa volta”. Lo stesso tennista di Belo Horizonte ha infine aggiunto: “Wimbledon è Wimbledon. Ho sognato fin da piccolo di vincere questo torneo”.
Per loro si è trattato del primo titolo Slam insieme. Kubot ne aveva già vinto uno a Melbourne nel 2014 insieme a Robert Lindstedt mentre Melo ha conquistato il Roland Garros nel 2015 insieme al croato Ivan Dodig. Sempre insieme a Dodig, due anni prima, Melo aveva sfiorato i Championships, arrendendosi in finale ai fratelli Bryan. In questa stagione i due avevano già ottenuto i Masters 1000 di Indian Wells e Roma e arrivavano a Church Road imbattuti sull’erba grazie ai titoli di Halle e S’Hertogenbosch. A Wimbledon hanno poi confermato il loro stato di forma, eliminando tra le altre coppie i favoriti del seeding Henri Kontinen e John Peers in semifinale. Una statistica interessante riguarda il fatto che Kubot e Melo sono i 14esimi vincitori diversi negli ultimi 16 Major. Infine, grazie a questo successo il 33enne tennista brasiliano tornerà inoltre n.1 al mondo di specialità a quasi due anni di distanza dall’ultima volta.
In campo femminile invece, sotto le luci di un campo centrale coperto dal tetto, le russe Elena Vesnina e Ekaterina Makarova, teste di serie n.2, hanno annichilito con un pesantissimo doppio 6-0 la coppia formata dalla cinese di Taipei Hao Ching-Chan e dalla rumena Monica Niculescu, teste di serie n.9. Era dal 1953 che la finale di doppio femminile dei Championships non si concludeva con un doppio bagel. Durante il torneo, le due russe hanno dimostrato di essere in grande forma, lasciando per strada un solo set nei quarti di finale contro le australiane Ashleigh Barty e Casey Dellacqua. Per loro si tratta del primo titolo insieme a Wimbledon e del terzo Major in assoluto dopo quelli conquistati a Parigi nel 2013 e a New York nel 2014. Nel 2015 erano arrivate ad un passo dall’alzare anche il trofeo di Wimbledon, piegandosi in una finale molto combattuta a Martina Hingis e Sania Mirza.
“È stato davvero speciale”, ha commentato Vesnina dopo la finale, “aspettavamo da tanto questo titolo. Al Roland Garros non abbiamo giocato bene e siamo state eliminate ai quarti. Nello spogliatoio ho detto a Katia che avremmo dovuto vincere Wimbledon per riscattarci. Era il nostro obiettivo da tanto tempo. Abbiamo perso una finale tirata un paio di anni fa. Sentivamo di avere lasciato qualcosa in sospeso qua. Dovevamo finire nella maniera giusta”. Makarova ha poi raccontato della lunga attesa per cominciare il match e della fretta di dover concludere il match per evitare che fosse posticipato:“È stata una situazione strana. Ci hanno detto che dovevamo finire entro le 11 e noi aspettavamo di giocare da sette ore. Dovevamo fare in fretta”. Effettivamente si è notato ma è andata bene così.