Todd Martin, il gigante gentiluomo del tennis americano anni ’90, è stato N.4 del mondo, ha giocato due finali dello Slam perse contro i suoi connazionali più illustri. Ma il momento più epico della sua carriera è arrivato paradossalmente in una sconfitta di Coppa Davis.
Il 18 luglio 1999 scende in campo contro Pat Rafter nei quarti di finale dell’edizione del centenario. Si gioca sul cemento a Chestnut Hill, Massachusetts e le temperature sono infernali intorno ai 45° centigradi. Nella prima giornata Martin aveva perso il primo singolare contro un esordiente di belle speranze di nome Lleyton Hewitt in 4 set. Jim Courier aveva perso contro Rafter il secondo singolare. doppo il doppio vinto dagli USA in 5 set la sfida si era riaperta. E in quel doppio c’era in campo Pete Sampras, fresco vincitore del suo sesto titolo a Wimbledon.
Sampras aveva saltato la sfida di primo turno contro la Gran Bretagna e quindi per rispetto ai suoi due amici Todd e Jim, decide di presentarsi solo come doppista. Il regolamento non permetteva a Sampras di sostuire Martin in singolare a meno che quest’ultimo non fosse dichiarato inabile a giocare dal referee dell’ITF.
Nell’allenamento mattutino prima del match, Martin soffriva ancora i postumi della sfida con Hewitt a causa del caldo terrificante. Il trainer degli Stati Uniti lo indicava in “stato confusionale”. Il referee e un medico neutrale però dichiararono Martin abile a giocare la sfida con Rafter costringendolo dunque a scendere in campo.
Martin riceve trattamenti con ghiaccio e asciugamani freddi ai cambi di campo e gioca ogni punto cercando il punto vincente alla prima palla utile per abbreviare gli scambi. Si arrende solo dopo 3h15 in 5 set dopo essere stato avanti per 2 set a 0 e anche avanti un break nel quinto (3-0 e 4-2) prima di perdere gli ultimi 4 giochi. 4-6 5-7 6-3 6-2 6-4 il punteggio finale di una sfida che è rimasta negli annali della Coppa Davis.