Molti lettori mi hanno chiesto di… prendere posizione sul caso Errani. Lo farò, perché non credo sia giusto che un direttore di un sito si nasconda, una volta che sia entrato in possesso di più elementi. Farlo prima di aver letto la sentenza e di conoscere la difesa di Sara Errani sarebbe stato superficiale. E un po’, confesso, lo è anche adesso, perché non so e non posso sapere tutto. Ma quasi mai gli opinionisti sanno e possono sapere tutto, dalla A alla Z, di quel che si trovano a commentare. Allora, però, non si dovrebbero mai più leggere opinioni e opinionisti. Io ho molti difetti, ma sono uno che quando ha delle opinioni le esprime. Piacciano o no, siano condivise o meno.
PRENDO POSIZIONE MA A BENEFICIO SOLTANTO DI CHI…
Vorrei farlo però soltanto nei confronti dei lettori non beceri, dei non web-idioti che protetti dall’anonimato purtroppo pullulano sui siti (anche questo e sapeste quanto mi dispiace) e sui social, di chi non ritiene credibile la difesa della Errani solo perché Sara gli sta antipatica, o peggio ancora non gli piace come gioca, e perfino di chi esclude che chi prende pasticche di farmaci importanti tutti i santi giorni e da anni non possa un brutto giorno distrarsi e perderne una dal blister nel momento in cui la estrae, finisca essa in un piatto di tortellini (che nel caso specifico ha suscitato prevedibile seppur cinica ilarità) o in un altro tipo di piatto. Ma vorrei scrivere le prossime righe anche per coloro che hanno il sacrosanto diritto di dubitare sulle versioni che possono dare atleti incappati negli strali della WADA perché troppe ne abbiamo viste, lette e poi smentite in tanti anni di sport professionistico e anche di bugie sesquipedali. Gente, cioè, che non ne fa una questione personale nei confronti di Sara Errani, ma che è semplicemente curiosa di sapere come un vecchio cronista di sport possa pensarla, se abbia solo dubbi o anche qualche certezza.
Chiaro che i dubbi siano più numerosi delle certezze, dal momento che pur avendo letto nel dettaglio la lunga sentenza e ascoltato l’appassionata e commovente difesa dei fratelli Errani, per troppe cose mi manchi una completa informazione che nemmeno ieri Sara ha chiarito risultandomi un tantino evasiva in rapporto a qualche domanda cui ha risposto leggendo semplicemente quelle note che aveva con sé (e che ovviamente non so, non posso sapere, se se le fosse scritte da sola e con il fratello, o con l’aiuto dei legali). Chiaro anche che – così come Sara e il fratello che non sono nati ieri non potevano non immaginare che l’alibi del tortellino dopato non poteva non suscitare ironie e battute da parte del mondo web – anch’io so bene che per quello che penso e scriverò verrò certamente criticato… come diceva Totò “a prescindere”. Va messo in conto. Scandalizzarsi come hanno fatto ieri Sara e Davide Errani ha poco senso. Significa non rendersi conto del contesto e del mondo nel quale si vive. Anche le accuse ai giornalisti mi sono apparse eccessive, e non credo di dirlo in difesa di una categoria che io spesso per primo sono portato a criticare anche pesantemente.
GLI INEVITABILI TITOLI DEI GIORNALI SUI “TORTELLINO DOPATI”. ASSURDO SCANDALIZZARSENE
Ma, in primis, che i titoli dei giornali si sarebbero concentrati sul “doping al tortellino” era davvero scontato e inevitabile. È ciò che rimarrà più impresso di questa storia negli occhi di chi l’ha letta. E i titoli non sono, non possono mai essere trattati di filosofia. Sono fatti per farsi leggere, per far leggere quel che c’è sotto, per essere ricordati, per colpire il lettore che ne leggerà soltanto alcuni sui 10 titoli che possono comparire in ciascuna delle 60/80 pagine di un quotidiano. Non sto difendendo e giustificando ogni genere di titolo, sia chiaro. Ce ne sono anche di pessimi, di brutali, di inaccettabili. Ma non è questo il caso. Così come è chiaro che la sensibilità di chi di quel titolo è in parte oggetto (vittima?) è ben più accentuata. Facile che ne resti comunque ferito. Ma che in una vicenda sviluppatasi in Romagna con una tennista di quella regione e una circostanza indubbiamente insolita, e per molti incredibile o quasi, ogni riferimento al connubio doping e tortellini era assolutamente inevitabile e, a mio personale avviso, non esecrabile come qualche anima nobile pretenderebbe.
L’EQUIVOCO E LE DUBBIE RESPONSABILITÀ SULLA FALSA INFORMAZIONE
Veniamo poi all’equivoco nato – e sviluppatosi – intorno a due farmaci diversi eppur non così diversi. Gli Errani si sono molto lamentati per la confusione fatta fra anastrozolo e letrazolo, ma non è che all’origine l’equivoco sia nato proprio da una comunicazione degli Errani con gli estensori dell’articolo comparso sul Corriere della Sera? Chi l’aveva originato?
È stato impreciso Davide nel parlare con i colleghi cui lui ha voluto dare il “privilegio” dello scoop? O hanno male interpretato loro? Tutte e due le cose e allora concorso di colpa? Fatto sta che il Corsera, che non poteva che avere avuto le informazioni dai diretti interessati dimostrando di essersi abbeverato alla fonte, è stato il primo a informare e a fare quella che gli Errani hanno poi definito “falsa informazione”, a scambiare un farmaco per un altro. Certo è che se gli Errani avessero invece deciso di annunciare una conferenza stampa allargata a tutti prima della sentenza anziché dare lo scoop ad un singolo giornale… avrebbero ricevuto quelle domande cui con le loro risposte si sarebbero chiarite (prima!) tante cose. Sarebbe stato tutto più trasparente. E non ci sarebbe stata tutta quella falsa informazione di cui si sono poi lamentati. Che notizia della positività e della sentenza siano arrivate lo stesso giorno è abbastanza strano, incongruo. Da parte Errani si poteva gestire la cosa, difficile per carità perché anomala, in modo anche diverso.
Una gestione più professionale ed intelligente della vicenda avrebbe loro evitato di dover intervenire poi per rimediare ad una situazione che loro stessi hanno – certo involontariamente, e tuttavia un po’ superficialmente – contribuito a creare. A volte è facile invocare la professionalità altrui, e dichiararsene scandalizzati, ma occorrerebbe anche farsi un esamino di autocoscienza.
ANASTROZOLO E LETROZOLO: UNA DISTINZIONE DAVVERO COSÌ IMPORTANTE?
Sara Errani ha insistito parecchio, proprio per sottolineare la superficialità dei giornalisti (non solo quelli del Corsera evidentemente) sulle differenze tra il letrozolo trovato nelle sue urine e l’anastrozolo che ha causato numerose squalifiche pesanti, anche su atlete di sesso femminile e sul canottiere Mornati (squalificato per due anni come sapete), che ha pubblicamente espresso il suo sdegno sulla differenza di trattamento. “Sono sostanze completamente differenti, non si possono fare analogie” ha detto Sara.
SARA È OGGI CERTO PIÙ COLTA DEI GIORNALISTI SULL’ARGOMENTO FARMACOLOGICO, MA ANCHE IL LETROZOLO È PRODOTTO PROIBITO
Ora Sara si è fatta suo malgrado una cultura su questi argomenti farmacologici, e probabilmente – sempre suo malgrado – anche a sua madre sono ben chiare le differenze. Ciononostante per non incorrere in errori si è portata dietro nella conferenza stampa delle note al riguardo. Io che non ho tutto questo background mi sono informato presso un medico che mi ha spiegato come in realtà le due molecole siano molto simili, siano entrambe inibitorie dell’aromatasi e si usino nelle stesse patologie con effetti molto simili se non proprio identici. Insomma, ok, i quindici atleti sanzionati lo erano stati per l’anastrozolo e non per il letrozolo – quindi ha sbagliato chiunque abbia accennato a quella casistica – ma resta il fatto che anche il letrozolo oggi come oggi è farmaco proibito dalla WADA. Per uomini e donne. E finché è proibito si può dire tutto, e cioè che non aiuta, che non è coprente o che lo è, e si può contestare la superficialità della WADA nell’includere certi farmaci (anche il Meldonium?) senza i più giusti presupposti scientifici. Gli effetti dopanti per assunzioni continuate sembrano esserci. Che poi nella maggior parte dei casi il letrozolo venga assunto da uomini bodybuilders per evitare la ginecomastia da nandrolone o altri steroidi anabolizzanti è un altro discorso.
IL CAOS DELLE NORME, DEI TRIBUNALI E DELLA PASTICCA
Va detto anche che è difficile orizzontarsi in un caotico assembramento di norme, di tribunali che non sono del tutto tribunali, di alta chimica, di più banali tortellini in brodo (che nessuno ha saputo chiarire se, alla fine, fossero in brodo e sciolti nella fase di bollitura oppure impastati a mano da mamma Errani sul piano cucina… vabbè, mica è importante, però aiutava a capire meglio la dinamica della vicenda, anche se poi magari quella famigerata pasticca è invece caduta e si è sciolta in tutt’altro piatto. Chi mai potrà giurarlo?).
ACCUSE UN PO’ MOLTO GENERALIZZATE (da più parti)
Nel momento in cui Sara dice “voi tutti” e in cui Davide dice “vergognatevi” incappa nello stesso errore che rimprovera ai giornalisti che scrivono genericamente “che tutti coloro che prendono il letrozolo sono stati sanzionati perché dopati volontari”. Mi spiego: non si può coinvolgere tutti, 35 giornalisti presenti (e non), facendo di ogni erba un fascio. Si deve saper distinguere. Da una parte e dall’altra, con la dovuta invocata professionalità. E anche con i toni più giusti. Facile invocarli, forse, da chi non sia emotivamente coinvolto come gli Errani, però – anche a seguito di quell’equivoco sopra descritto e in arte da loro stessi originati (Davide?) – non mi sarebbe dispiaciuto riscontrare un maggior equilibrio. Non mi pare che ci sia stato – salvo mi sia sfuggita qualcosa – chi abbia ironizzato sul tumore della mamma di Sara, quindi il grido “vergognatevi” di Davide a me è parso fuori luogo e un tantino arrogante. Credo che quasi nessuno debba vergognarsi di alcunché… ripeto, salvo che mi sia sfuggito qualche intervento. Tuttavia una certa tensione emotiva resta comprensibile. Che poi i social siano una fabbrica di insulti e cattiverie beh non dovrebbe sorprendere. Personaggi pubblici, quali sono non solo politici, attori, ma anche gli sportivi non dovrebbero nemmeno leggere ciò che viene scritto su di loro, soprattutto se le critiche li feriscono tanto.
LA FORTUNA NELLA SFORTUNA. UN PRECEDENTE PER LE ALTRE FEDERAZIONI? E IL CONI DOVRÀ REGOLAMENTARE SITUAZIONI SIMILI
Diciamo che anche se gli Errani si sono sentiti sulla graticola da metà aprile, peraltro nella sfortuna sono stati fortunati a vivere con l’opinione pubblica tutto questo casino… soltanto per un paio di giorni. C’è (Schwazer e mille altri) per i quali simili vicende “pubbliche” sono durate mesi. E anche anni! Sempre… nella sfortuna, Errani è stata fortunata a poter godere di tutto l’appoggio, legale e quindi anche economico, che le ha dato la Federtennis. Non è accaduto ad altri atleti di altre federazioni. Ed è comunque un precedente di cui si dovrà tener conto. Anche il CONI dovrà forse stabilire un principio in materia. Che deve fare una federazione? Ogni federazione può attivare il proprio ufficio legale a seconda di quel che pensa il proprio presidente… per cui ci sono federazioni che spendono cifre notevoli per le parcelle dei propri avvocati e altre no? La domanda “e se fosse successo a Camila Giorgi?” incuriosisce, anche se personalmente conosco già la risposta. Che presuppone infatti un libero arbitrio a mio avviso invece assolutamente da regolamentare.
ANCH’IO CONDIVIDO LA PRESA DI POSIZIONE DEGLI ERRANI E SONO FRA COLORO CHE CRITICANO MOLTO DI QUANTO È STATO SCRITTO
Attenzione però. Tutto quanto detto sopra non è in contrasto con il fatto che io sono certamente fra coloro che stigmatizzano aspramente molte (troppe) cose scritte (con evidente superficialità) e lette. Anche su questo sito. Ma da parte, però, di lettori che hanno il diritto (e purtroppo spesso non il garbo né l’educazione, né la sensibilità) di esprimere le loro opinioni su un fatto che si prestava comunque a diverse interpretazioni per via di troppe sfumature non sempre facilmente afferrabili. Come quella di una apparente contraddizione fra una sentenza assolutoria nei principi e tuttavia di pur minima condanna in base ad una “negligenza oggettiva” peraltro spiegata dalla stessa Sara e che coinvolge atti comunque praticati da familiari, medici, manager di un atleta. Fra questi atti quello di tenere farmaci proibiti vicino al luogo in cui si prepara da mangiare.
NÉ COLPEVOLISTA NÉ INNOCENTISTA MA CON ALCUNI PUNTI FERMI
Se fin qui ho sottolineato in particolare certe incongruenze UNICAMENTE collegate alla conferenza stampa di ieri – e alla luce di queste sottolineature capisco che tutto ciò potrebbe farmi apparire ipercritico nei confronti dei toni usati da Sara e suo fratello – vorrei però garantire solo a chi crede alla mia buona fede (quale motivo dovrei avere per essere pregiudizievolmente schierato in un senso o nell’altro?) che sulla sostanza della vicenda non sono né colpevolista né innocentista in assenza di dati certi.
Ritengo infatti che:
- a) Una sostanza inclusa nell’elenco dei farmaci proibiti, per uomo e donne, resta proibita. Altra cosa è contestare la WADA per averla inclusa anche per le donne. Ma il fatto che sia stata inserita anche per le donne in un tempo successivo, dopo che dapprima era solo per gli uomini, deve far ritenere che una qualche motivazione valida ci sia stata. O si deve presumere che la modifica pro-allargamento fosse campata in aria
- b) I tempi dei test sono importanti e non sappiamo quanti giorni siano trascorsi a ritroso fra il test “positivo” (perché si debba dire non negativo è un po’ come chiamare il cieco non vedente, il sordo non udente…), del 16 febbraio e quello precedente. C’era stato durante l’Australian Open? Prima?
A questa domanda che aveva opportunamente sollevato il collega della Gazzetta dello Sport Riccardo Crivelli, Sara non ha risposto. Perché? Davide Errani ha precisato che Sara è stata sottoposta a 83 test dal 2009 a oggi, ma per me quella non è una risposta a tono. Se infatti gli Errani ci avessero detto che ce n’era stato – è solo un’ipotesi, oltretutto abbastanza probabile – uno ravvicinato fra il giorno in cui lei è stata eliminata a Melbourne e il 16 febbraio quando le hanno fatto il test fuori di competizione a casa sua, e il prodotto “proibito” rintracciato fosse stato minimo, ecco che questo avrebbe potuto essere un dato rilevante. Se invece l’ultimo precedente controllo fosse stato fatto, che so io?, nel novembre 2016… beh sarebbe stato diverso ai fini di stabilire la quantità delle tracce rilevate. Si sa che il tempo di assorbimento (a quanto pare molto meno sui capelli) ha un’incidenza non indifferente nello stabilire le quantità dei prodotti in qualche modo ingeriti.
- c) Il fatto che Sara sia stata sottoposta a 83 test ha un valore abbastanza relativo, anzi non prova niente. A contrario, se avesse fallito qualche test ci sarebbe stata una sanzione aggravata per la recidiva. Nel dire che una fedina “penale” immacolata non prova l’assenza di un possibile reato successivo va anche ricordato come tanti atleti poi risultati dopati (Lance Armstrong un caso per tutti…) di test indenni ne avevano passati anche molti di più che 80. Di come fossero riusciti a passarli ci sono mille casistiche.
- d) Se il citare gli argomenti di cui sopra potrebbero far pensare ad una mia tesi colpevolista, invece la quantità irrisoria della sostanza riscontrata nelle urine, la circostanza innegabile della malattia della madre, e paradossalmente proprio la quasi incredibile vicenda dei tortellini dopati, mi fanno invece propendere per l’idea che la blanda squalifica abbia un senso e possa essere giustificata. Chi ha la sfortuna di avere in casa malati costretti a prendere pillole quotidiane, e per anni, sa che purtroppo certe distrazioni possono accadere, anche se possono apparire agli altri inverosimili. Ciò anche se io, assolutamente ignorante in materia, mi sorprendo del fatto che nel sangue o nelle urine si possa trovare traccia anche di una sola pasticca ingurgitata a distanza di ore o addirittura di giorni. Il nostro corpo davvero registra tutto e la scienza ha fatto progressi pazzeschi.
- e) Una tesi quindi innocentista, come innocentiste devono essere tutte le tesi quando non si possano produrre prove di colpevolezza assodata. È un punto fermo di un civile e moderno diritto penale. Il tribunale, sia pur tribunale sui generis, ha escluso fin da subito l’intenzionalità dopante.
- f) Che la madre di Sara prenda quel farmaco, per l’appunto lo stesso trovato nell’organismo di Sara, è un punto importante che non parrebbe escludere una coincidenza. Sarebbe oltretutto abbastanza folle da parte di Sara esporsi a prendere un farmaco che potrebbe avere conseguenze davvero pesanti sulla propria salute senza nemmeno avere certezze sugli eventuali effetti vantaggiosi.
- g) Peccato per il test pilifero mancato. Ma sempre producibile. Se si farà appello… A me piacerebbe che fosse Sara a fare appello, per riottenere i punti WTA persi che la farebbero precipitare più giù del 280esimo posto (e anche i 200.000 dollari che non fanno schifo neppure ai multi-milionari). E mi piacerebbe che lo facesse anticipando quello assai probabile che frapporrà la WADA. Se non lo farà sarà per non rischiare che i due mesi diventino di più, peggiorando le cose. Credo che i suoi legali cercheranno di intuire, dagli spifferi che di solito arrivano, se la WADA intraprenderà la strada del ricorso. Utopisticamente a me piacerebbe che invece Sara non aspettasse quegli spifferi.
IL TEST SUI CAPELLI, MA PERCHÉ I LEGALI HANNO ATTESO TANTO TEMPO?
Mi sfugge il perché della mancata presentazione nei tempi giusti dell’esame dei capelli. Lo ha fatto il 28 aprile. Qual è stato il motivo per il quale i suoi legali hanno atteso tanto tempo? Pare che non rientri nel protocollo e che comunque un test prodotto autonomamente non avrebbe avuto “corso legale”. Un cavillo, secondo Sara, indispettita la sua parte. Ciò non spiega comunque il ritardo nella presentazione. Vero peraltro che… meno di due mesi di squalifica era un obiettivo quasi impossibile da centrare. Stavolta gli avvocati della Federazione sono stati più bravi che in tante altre occasioni.
GLI AVVOCATI DI SARA CERTO MIGLIORI DI QUELLI DI MARIA SHARAPOVA
Ho scritto e ribadito mille volte che Maria Sharapova ha avuto pessimi consiglieri legali che l’hanno spinta a dichiarare che aveva continuato a prendere il Meldonium ancora a gennaio, quando se avesse invece dichiarato che lo aveva preso soltanto fino al 31 dicembre 2015, nessuno avrebbe potuto dimostrare che dopo dieci anni di assunzione continuata (e ovviamente ingiustificabile ma tuttavia non punibile fino a che il Meldonium non era proibito: lei imbrogliava sapendo di imbrogliare, sia chiaro) non avrebbero potuto restare nel suo organismo anche tracce importanti. Ciò per via di conoscenze scientifiche assai poco documentate su quel prodotto bandito più per l’eccessiva e sospetta diffusione fra centinaia di atleti, piuttosto che per le prove provate di doping vantaggioso ai fini di una prestazione sportiva.
UNA SOLA BUONA NOTIZIA. I CONTROLLI ANTIDOPING COMINCIANO A FUNZIONARE (per tutti?)
Se i giocatori non vengono avvertiti, i test antidoping funzionano abbastanza bene, anche per i giocatori che una volta sfuggivano a tutto (Agassi etcetera) e venivano protetti dall’abolito “silent ban” (Cilic etcetera).
E UNA SOLA CERTEZZA FINALE
Per Sara Errani il difficile, se davvero vuole continuare a giocare, arriverà quando dovrà ricominciare su campetti di periferia, perché non è detto che la riempiano di wild card in giro per il mondo.