Sei stato molto bravo a salvare le palle break, e come conseguenza lui non ha giocato troppo bene da lì in poi e sei riuscito a strappargli il servizio. Pensi che sia stata questa la chiave dell’incontro?
Penso che il primo set sia stato molto importante, di sicuro. Lui ha servito benissimo, il servizio lo ha tirato fuori dai guai praticamente ogni singola volta e io sapevo… Sapevo di dover trovare un modo per rimandare indietro giusto un paio di palle quando era molto importante farlo. Penso di averlo fatto molto bene. Sì, e da lì in poi dovevo semplicemente continuare a giocare, continuare con la mia strategia di gioco. Contro di lui non sai mai cosa sta per arrivarti contro. È un tipo di giocatore che può fare qualsiasi cosa e può generare una quantità incredibile di potenza da ogni posizione, quindi dovevo rimanere conscio di questo. È questo che ti tiene sull’attenti per tutto il tempo: anche se non sta giocando bene, ci sono sempre delle armi e delle giocate a cui può fare ricorso. E perciò sì, anche il break nel secondo set è stato duro. Anche dopo aver giocato quella risposta pensavo: “non può servire ancora così tante volte verso l’esterno, mi ha già preso in castagna tre o quattro volte lì“. Mi sono detto: beh, coprirò la T e basta. Se serve lì, buon per me. Altrimenti dovrò trovare un’altra strada. Ma credo che la chiave di tutto sia stata rimanere concentrato e composto lungo tutto l’incontro, perché lui è un avversario ingannevole e devi stare all’erta tutto il tempo.
Intendi che è un giocatore imprevedibile?
Beh, ha uno dei migliori servizi in assoluto. Può fare qualsiasi cosa con prima e seconda, può mettere la palla davvero ovunque all’interno del campo. Io lo trovo fantastico. Anche quando gioca altri incontri, mi piace semplicemente starlo a guardare perché a volte la sua seconda di servizio va a duecento all’ora in un fazzoletto di campo. Sai che la palla andrà proprio lì, ma non c’è molto che tu possa farci. Ma allo stesso tempo, conosco anche la mia abilità nel difendere e so cosa fare in certi momenti in cui so di poter fare meglio di altri.
A luglio hai passato del tempo alla Nadal Academy ad allenarti con Rafa. Si sente molto l’impronta di Toni in quel posto? Considerando quell’esperienza, c’è qualcosa che hai portato con te e che si è rivelata utile?
Tutto, tutto. Scherzi? Allenarsi con Rafa sul campo di casa sua? Per me lui è sempre stata una delle mie fonti di ispirazione. A volte, quando sono in svantaggio in un incontro e mi sto lamentando o cose simili mi dico: Rafa lo farebbe? Non credo. Lui è fantastico, la settimana che ho passato con lui è stata pazzesca. Anche soltanto passare del tempo con lui, persino fuori dal campo. Abbiamo cenato insieme e siamo andati in spiaggia insieme e cose simili. La prima metà della mattina ci allenavamo senza pause, giuro su Dio, senza fare una singola pausa dall’alba. Mi sentivo tipo: “Whoa, possiamo almeno prenderci il pomeriggio libero?“. La struttura è fantastica, hanno fatto un lavoro incredibile con tutto. Appena sono arrivato lì ho sentito vibrazioni positive. È tutto tranquillo, sai per quale scopo sei lì. Puoi anche sentire il peso del posto stesso. E poi Rafa è uno dei migliori in assoluto. Gli sono stato più che grato per avermi concesso questa opportunità, non sono cose che capitano tutti i giorni. Penso che dopo di oggi gli manderò un messaggio e gli dirò: “rifacciamolo, prima o poi“.
Come ti senti ad andare allo US Open con quel trofeo lì?
Beh, un po’ appesantito. (Sorride) È fantastico, davvero fantastico. Non c’è ragione di nasconderlo.
Non penso tu possa nasconderlo.
No, direi di no. Ma è qualcosa per cui ho lavorato, è il risultato dei miei sforzi. Odio doverlo dire, ma domani dovrò smettere di pensarci. Questa è una delle parti del tennis, il non potersi godere il successo nel modo in cui dovresti. Ma sono semplicemente contento, non c’è altro che io possa dire. Contento e onorato di avere quel trofeo tra le mani, di vincere qui il mio primo Masters 1000. Mi è sempre piaciuto questo torneo. Ci ho giocato un bel po’ di volte e ho sempre pensato che potesse essere una delle prime grandi vittorie. Ed è stata la prima, quindi… darò più ascolto alla pancia d’ora in poi.
Come mai pensavi che Cincinnati avrebbe potuto essere la tua prima grande vittoria? È un torneo molto importante. Federer lo ha vinto moltissime volte.
Mi piace molto qui, specialmente prima di New York. È così tranquillo, puoi andare a mangiare da Dickey’s Barbecue (una catena di ristoranti, ndr) in pace. Stavo dicendo al direttore del torneo che hanno fatto un grande lavoro negli ultimi anni. Tutto sembra migliore: il cibo, la transportation… hai la tua macchina, non hai bisogno di fare affidamento su niente e nessun altro. È bello, vai in giro, fai le tue cose. È una sensazione così easy, specialmente prima di New York. Quando vai lì sai che per i primi due giorni non avrai voglia di uscire dalla stanza, ma New York è fatta così. C’è bisogno di prendersi una settimana di… io la chiamo preparazione, perché mi piace guardare il quadro generale e il quadro generale inizia domani.
Da uno a dieci, quanto eri nervoso quando stavi cercando di chiudere l’incontro col servizio?
Oh, Gesù. Dopo quel rovescio lungolinea in corsa mi sono detto: eccoci qua, servirò due gran prime palle, lo so. E poi è stato tipo “Gesù, non di nuovo!“. Ho alzato a malapena il braccio per servire e la palla è finita in fondo alla rete. Mi sono detto: così non va, Grigor, devi fare di più. In momenti come quelli è tutto così diverso, ci sono così tante cose che passano per la tua testa. Non pensi neppure alla vittoria, quello è il problema. Vorresti star pensando: “wow, che bello, sto per avere quel trofeo o qualcosa di simile“. Invece pensi: “oddio, devo soltanto rimandare la palla di là“. Che è una cosa semplicissima, ma il peso sulle tue spalle e sul tuo braccio si moltiplica all’infinito. Il pensiero che potresti dover vincere un set extra…sono stato in situazioni simili nella mia vita, ci sono cresciuto. Ma oggi in palio c’era qualcosa di più grande, e quindi anche il peso era maggiore.
C’erano molte aspettative su di te, agli inizi della tua carriera.
Tu dici? (Ride)
E adesso ce la stai facendo. Pensi di essere pronto a…
Non ne parlerò nemmeno, dirò qualsiasi cosa mi passerà per la testa.
Ma diventare un giocatore dominante mentre i Big Four invecchiano e si infortunano…
Certo, va considerato. Ma se ci guardiamo attorno ci sono molti ragazzi che stanno giocando al mio stesso livello, se non meglio, e chiunque può battere chiunque altro. Le teste di serie per me, non contano proprio più nulla, 3, 5, 6, 7… Abbiamo visto cosa è successo nell’ultimo anno e mezzo. Giocatori che non sono nel seeding o con un ranking basso stanno battendo giocatori con un ranking molto più alto. Non si sa cosa accadrà negli anni a venire. Voglio cogliere le mie opportunità ora che ci sono. Certo, sono qui per un motivo e certo, me lo aspetto da me stesso ogni volta. Ma per parlare di dominio è presto: si tratta soltanto del mio primo Masters e del sesto o settimo titolo che ho vinto in totale. Dobbiamo… devo fare molto di più per poter essere in grado di rispondere a quella domanda. Devo dare il 100% ogni volta che scendo in campo, per me stesso. Non devo deludere il mio team e devo soltanto lavorare. Questa è la mia priorità ora. E come andranno le cose, non so dirlo.