Tra pochi giorni avrà inizio l’edizione numero 137 dello US Open, la 39esima sui campi in cemento di Flushing Meadows. Un torneo ricco di storia che nel corso degli anni ha cambiato tre superfici: dal 1881 al 1974 si è giocato su erba, dal 1975 al 1977 su terra verde e dal 1978 ad oggi su cemento. Tanti campioni vi hanno trionfato: da Bill Tilden a Roger Federer, passando per Chris Evert e Martina Navratilova, dando vita a sfide epiche e scrivendo pagine indelebili nella memoria degli appassionati. Ma procediamo con ordine.
Era il lontano 1874 quando il gallese Walter Clopton Wingfield, ufficiale dell’esercito britannico, presentò alla Camera dei Mestieri di Londra un brevetto conosciuto come A Portable Court of Playing Tennis contenente le prime regole del tennis. Sette anni dopo, nel 1881, la United States National Lawn Tennis Association (USNLTA), che a partire dal 1975 avrebbe assunto la denominazione di United States Tennis Association (USTA), organizzò sui campi in erba di Newport, nel Rhode Island, la prima edizione degli U.S. National Championships, il primo campionato nazionale di tennis degli Stati Uniti.
Nel 1881 presero parte all’evento soli 24 giocatori, tutti statunitensi, che nella maggior parte dei casi svolgevano altri lavori. Il vincitore Richard Sears, soprannominato “Dick” era ancora uno studente universitario di Harvard, quando a 19 anni superò in finale William Glyn. Per Sears fu il primo di sette trionfi consecutivi (dal 1881 al 1887). La prima edizione del doppio maschile vide invece il trionfo di Clarence Clark e Fred Taylor che in finale ebbero la meglio su Alexander van Rensselaer e Arthur Newbold. Per la prima edizione del singolare femminile bisogna invece arrivare al 1887. Trionfò Ellen Hansell in due set contro Laura Knight. Due anni dopo, nel 1889, si disputò anche la prima edizione del doppio femminile. Si imposero Margarette Ballard e Bertha Townsend su Marian Wright e Laura Knight.
Un anno significativo fu il 1884 quando gli organizzatori introdussero il meccanismo del challenge round, che consentiva al campione uscente di disputare direttamente la finale senza passare per i turni preliminari. Tale sistema, rimasto in vigore fino al 1911, permise a tanti tennisti, da Oliver Campbell a Robert Wrenn passando per Malcom Whitman e Williams Larned, di aggiudicarsi il torneo vincendo una sola partita. Fortunatamente a partire dal 1912 il challenge round fu abolito. Con la nuova formula il singolare maschile vide il trionfo in finale, in cinque set, di Maurice McLoughlin su Wallace Johnson, mentre tra le donne si impose la californiana Mary Browne, che avrebbe alzato il trofeo anche i due anni successivi.
In campo maschile gli anni ’20 furono caratterizzati dal dominio di Bill Tilden. Vincitore complessivamente di 10 titoli dello Slam (3 a Wimbledon e 7 agli US Open), trionfò per sei anni consecutivi in terra americana, dal 1920 al 1925, battendo in finale sempre il suo grande rivale Bill Johnston. “Big Bill”, così era soprannominato Tilden, fu il primo grande dominatore della storia del tennis. Tennista completo, iniziò a dedicarsi completamente al mondo della racchetta solo all’età di 22 anni, grazie all’incoraggiamento della zia che vedeva in lui un futuro talento. Conquistò il suo primo Slam a Wimbledon nel 1920 all’età di 27 anni, l’ultimo sempre a Wimbledon 10 anni più tardi. Non riuscì mai a vincere il Roland Garros, dove per ben due volte dovette arrendersi nell’atto conclusivo a due dei Quattro Moschettieri: René Lacoste nel 1927 e Henri Cochet nel 1930.
Tra le donne quegli anni furono all’insegna di Molla Mallory, capace di vincere otto edizioni di cui quattro consecutive (dal 1915 al 1918) e soprattutto Helen Wills, vincitrice sette volte allo US Open, otto volte a Wimbledon e quattro volte al Roland Garros. Gli Slam vinti dalla Wills furono complessivamente 19 su un totale di 22 disputati. Un palmares impressionante che si arricchisce di due ori olimpici conquistati in singolo e in doppio alle Olimpiadi di Parigi del 1924. Dal 1927 al 1933 totalizzò una striscia di 180 partite senza mai perdere e addirittura dal 1927 al 1932 154 partite senza mai perdere un set. Dotata di un’eleganza sul campo paragonabile alla Divina Suzanne Lenglen, Helen Wills aveva colpi potenti e incisivi da fondo sia con il dritto che con il rovescio. Di lei Don Budge avrebbe detto: “Tirava più forte di tutte, forse solo Steffi Graf l’ha superata”.
Prima del 1951, anno del trionfo di Frank Sedgman che avrebbe aperto la nuova era dei campioni australiani, solo quattro tennisti non americani furono capaci di aggiudicarsi il singolare maschile: Lawrence Doherty (1903), René Lacoste (1926, 1927), Henry Cochet (1928) e Fred Perry (1933, 1934, 1936). Quest’ultimo fu autore di una maratona infinita contro Don Budge nella finale del 1936: 2-6, 6-2, 8-6, 1-6, 10-8 il punteggio finale in favore dell’inglese. Per Perry fu l’ultimo titolo in un torneo dello Slam, Budge invece l’anno seguente trionfò sia a Wimbledon che agli US Open e nel 1938 mise a segno il Grande Slam diventando il primo tennista della storia a vincere i quattro Major nello stesso anno.
Con le due vittorie di Sedgman, datate 1951 e 1952, iniziò la lunga era degli australiani, terminata nel 1973 con l’ultimo trionfo di John Newcombe, in finale contro Jan Kodeš. In vent’anni di storia si imposero campioni del calibro di Ken Rosewall, Roy Emerson, Neale Fraser, Ashley Cooper, Fred Stolle e soprattutto Rod Laver, vincitore nel 1962 e nel 1969. Il genio di Rockhampton proprio in quegli anni realizzò il Grande Slam, diventando l’unico giocatore della storia a riuscirci per due volte. Poche finali in quegli non videro protagonisti tennisti australiani. Una di queste fu la memorabile impresa di Arthur Ashe nel 1968, che in cinque set, con il punteggio di 14-12, 5-7, 6-3, 3-6, 6-3 sconfisse l’olandese testa di serie numero 8, Tom Okker. Ashe divenne il primo tennista di colore ad aggiudicarsi un torneo dello Slam. Al trionfo newyorkese seguì il successo agli Australian Open nel 1970 e a Wimbledon nel 1975 senza dimenticare la prima posizione mondiale raggiunta nel 1968. Arthur Ashe perse però la finale del 1972 contro Ilie Nastase dopo essere stato in vantaggio di due set a uno e aver battuto nei quarti di finale il campione dell’anno precedente Stan Smith.
Nel tennis femminile protagoniste assolute degli anni ’50 e ’60 furono le statunitensi Maureen Connelly, Doris Hart, Althea Gibson e soprattutto la brasiliana Maria Bueno. Quest’ultima si aggiudicò quattro edizioni (1959, 1963, 1964, 1966) e fu finalista nel 1960. In quegli anni però le più grandi furono l’australiana Margaret Court e la statunitense Bille Jean King. La leggendaria tennista australiana, vincitrice complessivamente di 24 titoli dello Slam in singolare, 19 in doppio e 21 in doppio misto, trionfò cinque volte in singolare allo US Open: ultimamente è invece tornata sulla scena a causa di alcune sue esternazioni a sfondo omofobo. La King, invece, che fu capace a sua volta di vincere 12 titoli di singolare, 16 di doppio e 11 di doppio misto, trionfò in quattro occasioni.
Continua con il racconto degli anni ’70-’80 e le ultime edizioni