Nel carniere delle banalità che scivolano quotidianamente da una discussione sportiva all’altra ce n’è una che ricorre particolarmente: oggi tutti gli atleti sono tutti troppo più preparati fisicamente, ogni record è destinato ad essere battuto. Accade anche nel tennis, specie quando uno come Federer prima si issa così in alto nella classifica degli Slam vinti da sembrare irraggiungibile, poi si perfeziona egli stesso – ben due volte – senza colpo ferire. Record di longevità, record di vittorie, record di (non) sconfitte come quelli di Nadal. Ogni castello cade prima o poi. Sembrano così lontani i tempi immutabili in cui Pietro Mennea riusciva a tenersi per ben 17 anni un record incredibile sui 200 metri, dal 1979 al 1996. Tra tutti i primatisti di una certa età l’unico che sembra poter resistere ancora è Jimmy Connors con i suoi 109 trofei sollevati, su cui però ogni opinionista tennistico che si rispetti avrà da ridire perché “ma va, gli hanno assegnato certi trofei che si giocavano in parrocchia…“. A meno che Federer, per puro sfregio, non si metta a giocare tutti torneucci di qui alla pensione per ricucire lo strappo di 16 titoli che lo separa attualmente dallo statunitense.
Cos’altro può resistere in quest’epoca di miglioramento ossessivo e sfrenato? I record di precocità. Se uno degli assiomi (del solito opinionista tennistico che si rispetti) odierni recita che “il tennis è ormai uno sport per vecchi“, e in un certo senso ce ne siamo accorti dalla polvere sugli annali quando abbiamo dovuto archiviare il primo successo 1000 di Zverev, allora i vari Chung e Nadal potrebbero rimanere in sella ancora un po’.
In campo femminile c’è un record tra i tanti che appare incredibile e incredibilmente difficile da battere. Il 27 agosto 1985, prima giornata del 104esimo US Open, Mary Joe Fernandez sconfiggeva la britannica Sara Gomer (6-1 6-4). Aveva soltanto 14 anni e 8 giorni e mai nessuna né prima né dopo di lei (finora) è stata in grado di vincere un incontro Slam in età così tenera.
Aveva vinto la prima partita nel circuito maggiore nella stessa stagione, 6 mesi prima, a 13 anni e mezzo. Doppio 6-0 alla connazionale Candy Reynolds, quelle cosette che a vederle da fuori sembrano proprio da predestinate. Tutti già pronti a pronosticarle frotte di Slam, quando in realtà ne arriveranno sì due, ma in doppio, e “solo” tre finali in singolare, due in Australia e una in Francia, senza una vittoria. Una più che onesta carriera conclusa con sette titoli e un best ranking di numero 4, impreziosita da tre medaglie olimpiche (un bronzo individuale e due ori in doppio) e zavorrata da quelle tre finali perse. Se di zavorra si può parlare quando a fermarti sono Steffi Graf (due volte) e Monica Seles.
Resta il fatto che quel record di precocità se lo tiene ben stretto. Ci hanno provato in tante, di coraggio armate, per ora senza neanche avvicinarsi. La piccola CiCi Bellis ha firmato il suo primato nel 2014, quando grazie alla wild card in qualità di vincitrice dell’USTA National Championships è entrata nel tabellone principale dell’US Open e ha battuto Cibulkova al primo turno a soli 15 anni e 152 giorni. Aveva fatto meglio Anna Kurnikova, sempre a Flushing Meadows (a quanto pare è garanzia di precocità), che a 15 anni e 80 giorni aveva vinto la sua prima partita Slam per poi raggiungere addirittura gli ottavi di finale. Da qualificata eh.
Comunque non abbastanza per arpionare i soli 14 anni di Mary Joe Fernandez, oggi capitano della squadra statunitense di Fed Cup. La precocissima.