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In attesa di bilanci finali post US Open, sinora, l’estate sul cemento nord-americano non è andata affatto bene per il tennis italiano, già turbato per la molto discussa positività di Sara Errani a un test anti-doping. Negli appuntamenti più importanti (Washington, Canadian Open, Cincinnati, Stanford) che precedono il grande epilogo di New York con gli US Open, abbiamo avuto ben poche gioie: la maggiore – e questo fa pensare al livello degli altri risultati azzurri- è arrivata dalla solita, incostante, Camila Giorgi, capace a Cincinnati, partendo dalle qualificazioni, di arrivare agli ottavi e di fare soffrire la numero 1 del mondo. Era dunque difficile aspettarsi, nella settimana che precede l’ultimo Slam dell’anno, grandi sorprese positive e difatti non ne sono arrivate. Fa però certamente piacere ritrovare un Andreas Seppi in grado, al rientro nel circuito dopo Wimbledon, di apparire nuovamente molto motivato e su buoni livelli di gioco sin dal suo primo torneo (sconfiggere Tipsarevic e Bedene e perdere di un soffio da Struff non era affatto scontato). Se Lorenzi per sua stessa ammissione ancora deve calibrare nuovamente il suo tennis al cemento all’aperto ed è un po’ in ritardo, se Fabbiano continua a giocare male e ad essere in serie aperta di sconfitte ai primi turni, se la Vinci resta in seria difficoltà di risultati e deve sperare solo che l’aria di New York la rigeneri nuovamente – pena un balzo all’indietro in classifica che potrebbe esser maggiore di una trentina di posizioni- non arrivano certamente buone notizie dalle quali di Flushing Meadows.
La solitamente folta truppa di tennisti italiani che ad ogni Slam si presenta in cerca di gloria, non ha, per usare un eufemismo, brillato e purtroppo anche questa è un’abitudine. Se però a Parigi e Londra negli ultimi mesi avevamo piazzato almeno un paio di tennisti nel tabellone principale, a New York il solo Travaglia, dei tredici tennisti italiani giunti a Flushing Meadows, ha guadagnato un posticino nel main draw. Un risultato che da una parte suona come conferma delle buone qualità del marchigiano, già qualificatosi due mesi fa a Wimbledon: Stefano, se sta bene fisicamente, ha il tennis per trovare un posto nella top 100. Dall’altra, però, queste quali newyorkesi sono la conferma che il nostro movimento sa produrre nel tennis di retrovia, quello dei tennisti non inclusi nella top 100, quantitativamente buoni numeri, specie tra gli uomini, ma che è allo stesso tempo incapace di produrre tennisti capaci di introdursi -anche solo sporadicamente- nel tennis che conta.
Venendo all’analisi dei risultati, partiamo dal tennista maggiormente positivo, Andreas Seppi, questa settimana tornato nel circuito, terminando una pausa che durava ininterrotta da Wimbledon. Uno stop, condito da tre settimane di riposo dagli allenamenti, resosi necessario per consentire la periodica terapia all’anca a cui il bolzanino da qualche anno è costretto a sottoporsi. Per il suo ritorno si è recato a Winston Salem, cittadina abitata da poco più di 200.000 persone, ubicata nel North Carolina. Il bolzanino partecipava per la quarta volta al Winston Salem Open (miglior risultato sono i quarti ottenuti nel 2014), l’unico torneo del circuito a disputarsi all’interno di un campus universitario, il Wake Forest University, sin dal 2011, anno nel quale subentrò, come data nel calendario tennistico, a New Haven. Il 33enne di Caldaro (Bolzano), sceso all’86°posto del ranking ATP, al primo turno ha affrontato il coetaneo serbo Janko Tipsarevic, 66 ATP, contro il quale aveva un poco incoraggiante bilancio nei precedenti: lo aveva sconfitto solo in due delle cinque occasioni in cui si erano affrontati (l’ultimo confronto, vittorioso per l’azzurro, era stato sull’erba di Antalya lo scorso giugno). Andreas a Winston Salem è riuscito a mettere in parità il conto dei precedenti, festeggiando con una netta vittoria il suo rientro dopo quasi due mesi nel circuito: in appena 62 minuti di partita, archiviati col punteggio di 6-2 6-2, ha avuto facilmente la meglio, grazie anche a buonissime percentuali con il servizio (80% di punti vinti servendo la prima, 67% con la seconda) su un molto falloso Tipsarevic.
Il secondo turno per Andreas è stata l’occasione di affrontare per la seconda volta in carriera Aljaz Bedene, 48 ATP e 12°testa di serie del tabellone, già sconfitto in tre set molto lottati nell’unico precedente di Miami, nel 2013. In North Carolina per Andreas raggiungere il successo contro il ventottenne sloveno naturalizzato britannico è stato più semplice di 4 anni e mezzo fa, grazie anche ad una decisione arbitrale controversa che quantomeno ha condizionato il finale di partita. Infatti, dopo l’ora di gioco richiesta dal primo set per essere conquistato da Seppi col punteggio di 6-4, nel secondo, il bolzanino è stato aiutato da una reazione spropositata avuta da Bedene. Il britannico, sul 5-4 e servizio, arrivato al set point, se lo è visto cancellare da una chiamata del giudice di sedia contraria a quanto chiamato dal giudice di linea. Da quel momento in poi, si è spenta la luce per Bedene, molto irritato per l’accaduto, che cosi facendo ha agevolato la vittoria di Seppi col punteggio di 6-4 7-5 in 1 ora e 57 minuti di gioco. Al terzo turno, contro Jan-Lennard Struff, 56 ATP, si è presentata per l’allievo di coach Max Sartori la possibilità di vendicare la netta sconfitta dell’anno scorso, rimediata nell’unico precedente proprio a Winston Salem. Purtroppo, Andreas vi è andato soltanto molto vicino, al termine di un match questa volta molto equilibrato. E dire che sul 6-3 5-4 e servizio a favore di Struff, la partita sembrava ormai compromessa per l’azzurro, che invece non solo l’ha portata al terzo, ma ha anche servito a sua volta per il match, prima di perdere al tie-break del setdecisivo, lasciando spazio al 27enne tedesco, vincitore col punteggio di 6-3 6-7(3) 7-6(3) dopo 2 ore e 32 minuti di battaglia.
Anche il nostro numero 2, Paolo Lorenzi, era a Winston Salem, dove è tornato per la seconda volta, dopo la delusione dello scorso anno, quando perse da Bjorn Fratangelo. Quello in North Carolina era il suo terzo torneo consecutivo sul cemento nord-americano, dopo i due Masters 1000 di Montreal e Cincinnati: Paolo ha esordito, grazie al bye ricevuto in qualità di settima testa di serie del tabellone, al secondo turno contro il 23enne mancino brasiliano Thiago Monteiro, 114 ATP, in quello che era uno scontro inedito. Un inizio molto falloso del toscano ha portato il tennista carioca sul 6-2 2-0, mettendo in seria salita la partita per il nostro giocatore, bravo però a sfruttare il calo e i regali dell’avversario nel terzo gioco del secondo parziale e portare la gara sul suo canovaccio preferito, quello della battaglia. Paolo a quel punto è diventato il favorito dell’ incontro e difatti ne è venuto a capo nel terzo, con un break, l’unico del parziale – Monteiro chiuderà con percentuali di punti vinti superiori al 60%, sia con la prima che con la seconda – ottenuto nel nono gioco. Lorenzi ha così portato a casa, dopo 2 ore e 24 minuti di partita, il passaggio al terzo turno, col punteggio di 2-6 6-4 6-4. Il successivo avversario, Taylor Fritz, 116 ATP (ma giusto un anno fa era 53), omaggiato di una wild card dagli organizzatori, era un avversario senza dubbio da prendere con le molle su questi campi, come mostravano le vittorie del 19enne statunitense nei turni precedenti, su Jaziri e Sugita. Paolo, pur servendo male (appena il 46% di prime in campo, 4 ace e ben 7 doppi falli) ha fatto partita pari, perdendo entrambi i set al tie-break, dopo aver rimontato Fritz in ambo i parziali, nei quali lo statunitense era andato a servire per il parziale. Come detto, purtroppo non è bastato: il californiano ha vinto 7-6(3) 7-6(5) in 1 ora e 57 minuti di partita.
Vi era anche un terzo italiano a Winston Salem, Thomas Fabbiano, ancora a secco di vittorie nel circuito maggiore dall’ erba di Eastbourne (da fine giugno, come risultato positivo, ha solo raggiunto i quarti al Challenger di Gatineau, in Canada). Dopo aver perso all’esordio nei tabelloni principali di Wimbledon, Atlanta, Washington, Montreal e Cincinnati, non è andata meglio in North Carolina. Colpa anche di un sorteggio sfortunato, che lo ha accoppiato a Kylie Edmund, 45 ATP, vincitore con il punteggio di 6-2 6-3 in 1 ora e 11 minuti di un match mai regolarmente in discussione, con Thomas incapace di convertire anche una sola delle quattro palle break conquistate e troppo in difficoltà quando costretto a giocare la seconda (appena il 44% di punti vinti quando non entrava la prima).
Tra le nostre donne, l’unica tennista ad aver giocato nel circuito maggiore è stata la numero 1, Roberta Vinci, 42 WTA. La tarantina si è infatti iscritta all’unico torneo in programma questa settimana, il Connecticut Open di New Haven, competizione appartenente alla categoria dei Premier, dotata di ricco montepremi (776.000 dollari di montepremi) e qualificata entry list (erano iscritte sei top 20). Alla vigilia degli US Open, dove difende i quarti di finale raggiunti l’anno scorso e la relativa pesantissima cambiale di punti (ben 430 che, se persi integralmente, la farebbero uscire quantomeno dalle prime 70), Roberta ha confermato purtroppo di non stare al meglio fisicamente (ha sofferto forti dolori di schiena dopo Wimbledon) e di essere in crisi di fiducia, per colpa dei pessimi risultati nei quali è incappata da febbraio in poi (solo una volta ha raggiunto i quarti, a giugno a Maiorca). Così è in parte comprensibile la brutta quanto netta sconfitta rimediata in Connecticut, dove tornava per l’ottava volta in carriera e dopo i quarti di finale del 2016, suo miglior risultato a New Haven. La Vinci era stata sorteggiata contro la 25enne tennista polacca Magda Linette, 85 WTA, che affrontava per la prima volta. Impossibile per Roberta vincere una partita nella quale non è riuscita a incidere col servizio neanche con la prima (53% punti vinti), entrando poco in partita nei giochi di servizio della Linette, la quale ha vinto il 71% punti giocati con la prima, il 69 % con la seconda e annullato due delle sole 3 palle break concesse. La tennista polacca ha così vinto 6-3 6-1 in appena 61 minuti di partita.
Questa era anche la settimana in cui si disputava il torneo delle quali per gli US Open e ai campi dell’impianto di Flushing Meadows a New York, per provare a entrare nel tabellone principale si è presentata una folta pattuglia di tennisti azzurri, ben 13 (inferiore di una sola unità ai 14 che avevano provato a qualificarsi nei mesi scorsi al Roland Garros e Wimbledon). Nove ragazzi – Riccardo Bellotti, Matteo Berrettini, Simone Bolelli, Salvatore Caruso, Marco Cecchinato, Simone Giustino, Stefano Napolitano, Stefano Travaglia e Luca Vanni – e quattro ragazze – Georgia Brescia, Jasmine Paolini, Camilla Rosatello e Martina Trevisan, ma, di questi, solo uno è riuscito a garantirsi l’assegno di 50000 dollari garantito a chi sarà in campo da lunedì nel tabellone principale. Trattasi di Stefano Travaglia, capace di bissare l’ “exploit” di Wimbledon: il 25enne tennista marchigiano, sino a quest’ anno rallentato da una sfortunata serie di contrattempi fisici – l’ultimo dei quali, un infortunio alla schiena, gli aveva fatto saltare la prima metà del 2016 – solo da qualche mese ha abbandonato definitivamente i Futures e si sta dedicando a Challenger e qualificazioni dei tornei del circuito maggiore. Fortunatamente ora la sua classifica glielo consente, ma, appena un anno fa, nell’agosto 2016, era fuori dai primi 500 ATP! A New York, dove era trentesima testa di serie del tabellone cadetto, Stefano ha prima sconfitto il 30enne kazako Aleksandr Nedovyesov, 247 ATP, col punteggio di 7-6(5) 7-5 in 1 ora e 38 minuti, poi ha avuto la meglio in 70 minuti del 23enne statunitense Christian Harrison, 247 ATP, liquidato col punteggio di 6-3 6-1. Nel turno decisivo per guadagnare un posto nel main draw, Stefano ha affrontato e avuto la meglio sul 28enne tedesco Peter Gojowczyk, recente semifinalista sull’erba di Newport e 105ATP, battuto nettamente con un duplice 6-3 in un’ora e sei minuti.
Per il resto, solo due italiani sono arrivati quantomeno al terzo e decisivo turno: Simone Bolelli, che di un soffio ha mancato la terza qualificazione consecutiva ad un torneo dello Slam e Georgia Brescia, 206 WTA al suo esordio nelle quali di un Major. Il bolognese ha avuto la meglio prima sul trentenne tedesco Daniel Brands, 201 ATP, sconfitto 6-2 6-3 in 1 ora di gioco, poi ha vinto una bella partita eliminando il 18enne norvegese Casper Ruud, 110 ATP, col punteggio di 6-2 6-4 in 1 ora e 21 minuti. L’ultimo passo gli è però stato fatale: il 31enne transalpino Vincent Millot, 164 ATP, ha fermato il cammino di Simone, eliminandolo al termine di una partita durata 2 ore e 1 minuto, archiviata con il punteggio di 1-6 6-4 6-3 a favore del francese. Come accennato, anche la Brescia è arrivata molto vicino a qualificarsi: la 21enne “quadrumane” (colpisce sia il dritto che il rovescio impugnando con le due mani la racchetta) di Monza, ha prima vinto in 2 ore e15 minuti contro la 23enne rumena Patricia Maria Tig, 129 WTA, con il punteggio di 7-6(11) 1-6 6-2, poi ha avuto la meglio sull’ex top100 svizzera Stefanie Voegele, 202 WTA, ritiratasi dopo 1 ora e 24 minuti di incontro, con la nostra giocatrice già avanti 6-2 4-2. Nel terzo e ultimo turno, purtroppo, Georgia si è dovuta arrendere di fronte alla 22enne ceca Teresa Martincova, 122 WTA, la quale ha avuto la meglio in 1 ora e 35 minuti con il punteggio di 7-5 6-4.