È finito anche prima di iniziare il sogno dell’US Open per il giovane americano Juan Cruz Aragone, 22 anni, n.534, qualificatosi per il main draw grazie ad una wild card e tre vittorie in quattro giorni. Ha infatti perso contro il sudafricano Kevin Anderson, testa di serie numero 28 per 6-3, 6-3, 6-1 in 1h e 44m. Un’esperienza soltanto apparentemente negativa, quella dell’US Open, perché per l’americano ha un sapore tutto particolare: il sapore della rivincita, sulla vita.
Aragone infatti aveva visto già finita la sua carriera nel 2012, quando aveva sedici anni e si è ritrovato in coma, per colpa di una febbre poi trasformatasi in un’infezione respiratoria. I reni e il fegato poi erano in condizioni disastrose. Finché nel 2013 gli fu diagnosticato il diabete. Dopo tutte queste vicende i medici lo hanno costretto a portare addosso un dispositivo, chiamato Dexcom, che gli misura continuamente i livelli di zucchero nel sangue e manda un segnale immediato a lui ed al suo allenatore nel caso andassero sotto o sopra i livelli di guardia.
In una recente intervista con il giornale americano Daily Press Aragone ha raccontato: “Il dispositivo vibra durante le partite, a volte durante un punto e solitamente vuol dire che i livelli sono troppo alti. In quel caso mi devo mettere a sedere immediatamente e prendere l’insulina, altrimenti, potrei avere conseguenze molto pesanti”. E anche se è certo che la sua sconfitta al primo turno all’americano pesa e dispiace, il bicchiere resta mezzo pieno. “Sono solo felice di riuscire a respirare. Il resto, vincere o perdere è meno importante. Il futuro sembra sorridermi, penso positivo”.