dal nostro inviato a New York
La prima a esprimere perplessità era stata Lindsay Davenport, che non capiva perché le ragazze passassero così poco tempo ad allenare e perfezionare il servizio, “non ci tengono proprio, ed è l’unico colpo di cui hai completo controllo!“. La battuta, poco da fare, è da sempre un aspetto tecnico carente nel tennis femminile, a volte un vero e proprio handicap, mentre tra gli uomini è in assoluto il colpo più importante e decisivo. Durante la stagione 2016, solo Serena Williams, in tutto il circuito WTA, ha vinto più dell’80% dei turni di servizio giocati, mentre ben 35 giocatori ATP hanno superato quella percentuale. Riguardo ai punti ottenuti con la prima palla, oltre il 70% sono arrivate 7 donne e 57 uomini. Con la seconda, 6 donne e ancora 57 uomini (gli stessi) hanno portato a casa oltre il 50% dei punti. Sono differenze importanti, che ci sono sempre state, e gli addetti ai lavori le hanno sempre spiegate con le solite motivazioni quali le differenze fisiche tra i sessi, ovviamente l’altezza e la forza muscolare. Ma secondo Lindsey, troppe donne stanno accettando questa situazione come una cosa inevitabile, evitando di provare a cambiarla. “Pare che prendere un break per tante non sia grave, pensano pazienza, posso sempre recuperare. Ma si dovrebbe fare di tutto per tenere il servizio, sempre!“.
Pensando al tennis di casa nostra, abbiamo diversi casi di giocatrici eccezionali nei fondamentali da fondocampo, ma a dir poco carenti nell’incisività della battuta. Un esempio è la grande Raffaella Reggi, oggi apprezzata commentatrice di Sky, che arrivò al numero 13 WTA, e ai quarti di finale del Roland Garros 1987, con un servizio non certo esplosivo, a volte quasi appoggiato come una rimessa in gioco. Così come Sara Errani, numero 5 WTA, finalista a Parigi 2012, e numero 1 in doppio, che ha sempre compensato con la qualità e l’intensità della sua tenuta e pressione da dietro una battuta sinceramente carente (in fondo al pezzo linkato l’analisi tecnica del servizio di Sara) per il livello altissimo a cui ha giocato.
Un consulente medico per la WTA, il chirurgo ortopedico Ben Kibler, ha lavorato su uno studio biomeccanico che permettesse una valutazione oggettiva di ogni componente del movimento del servizio, isolando quelli determinanti per la potenza, la rotazione e la precisione. Dopo un periodo di analisi video delle esecuzioni di 150 professioniste donne e 50 uomini, Kilber ha formulato una tabella in nove punti, riferiti a specifici aspetti del movimento, valutandoli separatamente con un punteggio da 0 a 9. I “focus point” sono la posizione iniziale dei piedi, la flessione delle ginocchia che deve essere di almeno 15 gradi, la proiezione in avanti dell’anca, la sua rotazione e l’inclinazione, l’inarcamento della schiena, la rotazione del busto spalle, il ribaltamento della spalla in avanti, e la spinta delle gambe. Non è stato permesso al dottor Kilber di svelare i nomi dei giocatori e delle giocatrici esaminati, e i risultati delle valutazioni a loro riferite, ma non sorprendentemente c’è una chiara relazione di proporzionalità diretta tra posizione in classifica ATP e WTA, e punteggi ottenuti in queste analisi sulla biomeccanica dei servizi.
La maggiore differenza tra i maschi e le femmine, è comunque emerso dallo studio di Kilber, ed è la cosa più interessante, è nella spinta della gamba posteriore, sia in fase di caricamento che in fase di proiezione verso l’alto-avanti. Oltre il 75% degli uomini hanno ottenuto una larga sufficienza in questo specifico aspetto tecnico, a fronte del 28% appena di donne che usano in modo adeguato l’arto inferiore destro (per le tenniste destre, ovviamente, per le mancine è il contrario).
Il punto, fa giustamente osservare Kilber, è che “le ragazze non fanno un qualcosa che sarebbero perfettamente in grado di eseguire come e meglio dei ragazzi. Guardate cosa sono capaci di fare con le gambe le giocatrici tirando i colpi da fondocampo: sono pazzesche, vanno giù rasoterra e spingono ogni palla. Flettono la gamba posteriore e caricano alla grandissima facendo il dritto e il rovescio, ma non il servizio, e sarebbe fondamentale“.
Il fatto è che gli uomini, spesso e volentieri, anche se non sono proprio perfetti nella tecnica esecutiva del servizio, compensano con la forza bruta. Uno di quelli che ha ottenuto punteggi non altissimi nei test raccontati prima – unico nome sfuggito, e usato come esempio – è Stan Wawrinka, che in effetti è abbastanza rigido nel caricamento e non usa certo la spinta delle gambe in modo esplosivo. Però, come sono capaci di fare tutti i suoi colleghi maschi, Stan ha una tale forza e velocità di braccio che le botte a oltre 200 all’ora le tira giù lo stesso. L’attuale coach di Victoria Azarenka, Michael Joyce, ha lavorato molto con gli junior, e spiega che “il divario tecnico nel servizio tra maschi e femmine inizia con la pubertà. I ragazzi diventano rapidamente forti dal punto di vista muscolare, e anche da quello psicologico il testosterone li porta a voler esibire, al massimo possibile, la forza che stanno sviluppando. Si vedono ragazzini fare a gara a chi tira più forte il servizio, le femmine non lo fanno, è una differenza di mentalità“.
Da questo, in seguito, deriva una sorta di abitudine per le giovani giocatrici al non avere nel servizio un punto di forza, mentre per i ragazzini è fondamentale fin dall’adolescenza. La cosa si trascina fino ai massimi livelli professionistici, un esempio è Angelique Kerber, che è arrivata al numero 1 WTA con una delle percentuali più basse di punti fatti direttamente con la battuta. Per le donne, è la risposta la cosa più importante, al contrario degli uomini: aggrediscono nei game di ribattuta, e cercano di difendere quelli di servizio. Se ne accorse anche Roger Federer, alla Hopman Cup di quest’anno, in gennaio a Perth, quando – non avendolo fatto con regolarità per molti anni – si trovò ad allenarsi con una donna, la sua compagna di squadra Belinda Bencic. “Certo, il servizio di Belinda non era difficile da contrastare, lo si legge molto meglio di quello degli uomini, ma ogni volta che io giocavo una seconda palla, lei mi entrava con delle botte super-aggressive, sempre, non ci ero abituato. Noi maschi non facciamo così, e non alleniamo specificamente la risposta così tanto“. Che sia stato anche in parte merito dell’esempio della Bencic, se Roger ha così tanto migliorato la risposta a partire dai successivi Australian Open, specialmente di rovescio?
Negli ultimi tempi, comunque, le cose stanno cambiando. Abbiamo l’ex numero 1 WTA appena spodestata da Garbine Muguruza, Karolina Pliskova, che è anche la prima nella classifica degli ace messi a segno, e in molte si stanno rendendo conto che le sorelle Williams non erano aliene, negli anni in cui hanno maltrattato l’intero circuito WTA con i loro super-servizi, ma semplicemente, a livello di mentalità, avevano sempre interpretato la battuta, sia tecnicamente che tatticamente, alla maniera dei maschi. Cosa che potrebbero tranquillamente fare tutte, e stanno cominciando a farlo, vedi una giovane che spara a quasi 200 kmh come Naomi Osaka, a partire da un efficace caricamento della gamba posteriore, fino agli aspetti psicologici.
In questo US Open, sono arrivate in fondo al torneo giocatrici come Karolina Pliskova, CoCo Vandeweghe, Madison Keys, Venus Williams, Petra Kvitova, Sloane Stephens. Cos’hanno in comune? Sono tutte tra le prime nelle statistiche degli ace, delle velocità medie e massime della battuta, e delle percentuali di punti ottenuti con essa. Non è un caso, come abbiamo visto, ma una tendenza. Il servizio, anche nella WTA, sta finalmente diventando un’arma.