A neanche 21 anni Francisco Bahamonde, tennista argentino naturalizzato italiano nel 2015, ha scelto di abbandonare l’attività professionistica. La notizia è stata riportata dal blog sportivo argentino Los Andes, che in un profilo di qualche giorno fa ha riportato le dichiarazioni dello stesso giocatore, risalenti a un’intervista dello scorso luglio comparsa sul periodico Elsol: “I miei familiari mi hanno sempre appoggiato, anche dopo una decisione tanto difficile professionalmente“.
La decisione è appunto quella di allontanarsi dal tennis professionistico. Francisco (anche detto “Panchito” in patria) non scende in campo dal futures di Buenos Aires dell’ottobre 2016, dove ha perso il suo ultimo incontro contro l’argentino Martinez. Ha scelto adesso di chiudere (temporaneamente?) la sua parentesi sportiva agonistica per dedicarsi agli studi universitari. È iscritto alla facoltà di “Amministrazione delle imprese” a Mendoza, il suo paese natale.
La più grande promessa del tennis “mendocino” era stato a 14 anni il più giovane argentino e conquistare dei punti ATP ma quattro anno più tardi, a seguito di una mediazione tra il suo agente e la federazione italiana, era finito sotto l’ala protettiva del tennis azzurro poco dopo aver ottenuto anche la cittadinanza. Con fondi, strutture e tutte le facilitazioni del caso a fare da vero casus belli della sua scelta.
Non certo una questione di appartenenza culturale, e questo era sembrato evidente pochi mesi fa durante la sfida di Davis tra Argentina e Italia. Candidamente, e anche in modo comprensibile, Bahamonde aveva dichiarato di tifare Argentina. Ne era nata una polemica a dire il vero piuttosto sterile, perché se Bahamonde avesse convertito in risultati il talento di cui sembrava dotato nessuno probabilmente si sarebbe sognato di richiederne l’allontanamento dalla federazione (come è invece avvenuto). Le scelte sono sempre di comodo, da ambo le parti. Forse il giovane Panchito avrebbe potuto glissare, ma certo non gli si può imporre un tifo che non gli appartiene essendo lui nato e cresciuto in Argentina. Ed essendo anche molto acclamato nella sua comunità mendocina, che ha appreso con dispiacere la sua decisione.
Oggi Francisco Bahamonde non è più un giocatore di tennis. Lo hanno provato i continui viaggi a cui è costretto un tennista di livello internazionale (“Non riesco più a viaggiare tanto e per questo non ho intenzione di tornare nel circuito“, e da qui la decisione sembra irrevocabile) e la difficoltà di conciliarli con una vita normale. “Era tutto così esagerato: tornei importanti, contratti, pressioni. E io sono soltanto un ragazzo. Lasciare le competizioni è stata una scelta importante, non ero mai stato così tanto tempo a casa con la famiglia e gli amici. È tutto molto diverso e io mi sento più… normale”.
Logico pensare alla natura dell’accordo esistente tra il giocatore e la federtennis italiana. La FIT ha offerto al giocatore incentivi per gli spostamenti nel tour, la composizione di un staff – allenatore e due preparatori atletici – che ha lavorato con lui in un centro tecnico argentino e l’invito ad alcuni tornei disputati sul territorio italiano. Nello specifico Bahamonde ha ricevuto quattro card per tornei di livello Challenger (Cortina 2015 e 2016, Vicenza e Fano 2016) e due per tornei Futures (Pontedera e Appiano, entrambe nel 2015 appena dopo la conclusione dell’accordo). Difficile che nulla di questo fosse sottoposto a una garanzia contrattuale, anche alla luce di come la federazione ha gestito il rapporto con Camila Giorgi. È quindi possibile che la scelta dell’italo-argentino di abbandonare il tennis possa avere delle ripercussioni legali di cui al momento non esiste alcuna conferma né indizio.
Al di là dei risvolti negativi per la FIT, che di fatto ha investito su un ragazzo che non solo non ha confermato le premesse ma ha addirittura scelto di appendere la racchetta al chiodo ad appena 20 anni, questa ha tutti i crismi di una storia “normale” che può aiutarci a capire quanto invece non sia normale riuscire ad imporsi nel circo del tennis professionistico. A volte con troppa leggerezza si pensa – e si scrive – che avere un gran dritto e un gran rovescio debba necessariamente tradursi in una florida carriera. Bahamonde, le cui caratteristiche principali erano invece una gran tenacia e un’ottima attitudine in campo – in Argentina scrivono “muchos aseguraban que no tenía los golpes necesarios para dar el salto” – si è defilato. Non una scelta condannabile per chi dopo un best ranking di numero 344 era precipitato fuori dai primi 1000. Lascia con due titoli a livello Futures, vinti entrambi nel 2015. Uno in Italia (Este) e uno in Argentina (San Juan). I due paesi che se l’erano conteso e alla fine dovranno smettere di litigarselo.