[Q] Z. Diyas b. [Q] M. Kato 6-2 7-5
A sette giorni dalla conclusione dell’ultimo major stagionale vinto da una sorprendente Stephens, il circuito WTA ha fatto tappa a Tokyo e Quebec City per due tornei di categoria International. Nella capitale del Giappone, in particolare, sui campi veloci dell’imponente Ariake Coliseum, si è disputato il Japan Women’s Open Tennis, manifestazione che ha visto trionfare la statunitense McHale nella passata edizione, fermata ieri nella sua corsa alla riconferma dalla rediviva Zarina Diyas. A contendere quest’oggi il titolo alla ventitreenne kazaka, attualmente numero cento delle classifiche mondiali, è la beniamina di casa Miyu Kato, un anno più giovane della rivale e una settantina di posizioni di ritardo nel ranking. Entrambe le finaliste sono provenienti dal purgatorio delle qualificazioni (non accadeva dal 2005, Canberra) e, sempre per entrambe, quello di oggi potrebbe essere il primo titolo della carriera. Non ci sono precedenti. Interessante, almeno sulla carta, il confronto di stili, con la giapponese dal tennis leggero e un’apprezzabile sensibilità di mano e la kazaka, lineare e ordinata, più efficace e potente con i colpi di rimbalzo.
Si comincia con Kato al servizio. Un break a freddo, per la verità più per demeriti dell’avversaria che per virtù proprie, consente a Diyas di fare subito corsa di testa nel parziale. La tensione, stante la posta in palio, è palpabile e inevitabilmente in questa prima fase del match sono gli errori a farla da padrone. Il set segue senza sussulti l’ordine dei servizi e l’impressione è che alla kazaka sia sufficiente navigare alla velocità di crociera per avere la meglio. A riprova di ciò, nel corso del settimo game con Diyas già avanti per 4 giochi a 2, Kato è nuovamente in apnea nel proprio turno di battuta: doppio break inevitabile e set in ghiaccio, chiuso alla seconda opportunità con il punteggio di 6-2.
Al rientro dal pit-stop, Kato – semifinalista quest’anno in doppio agli Australian Open – pare aver smaltito la tensione che ne ha caratterizzato l’avvio stentato. La risposta al servizio, specie con il diritto, continua però a essere un problema insolubile per la nipponica con Diyas che, senza colpo ferire, si mantiene in scia. Calma piatta, e qualità così così, fino a quando ancora una volta è la nativa di Almaty a mettere per prima la freccia. La quarta palla break nel corso di un quinto game potenzialmente decisivo è quella buona e un diritto in lungolinea, il marchio di fabbrica, le vale l’allungo. In questo frangente, però, è brava Kato a non uscire mentalmente da un incontro piuttosto compromesso: allungo rintuzzato e immediato contro-sorpasso grazie a un diritto choppato d’antan che scalda gli animi sugli spalti. Diyas, costretta ora ad inseguire, mostra piccoli segnali di nervosismo ma ha il merito niente affatto banale di non tirare indietro il braccio. Il rally più lungo dell’incontro, nel quale paradossalmente è Kato a comandare le operazioni, spezza definitivamente in due l’equilibrio di un parziale la cui naturale e forse più giusta conclusione pareva essere il tie-break. Se lo aggiudica una caparbia Diyas, per l’occasione brava anche in difesa, e con esso la possibilità di servire per il titolo. Il match di fatto si chiude qui perché in un amen la kazaka, con il servizio a disposizione, sigilla il 7-5 finale che le vale il primo hurrà della carriera. Diyas è la quinta qualificata a vincere un titolo nel 2017 (dopo Mertens a Hobart, Barty a Kuala Lumpur, Vondrousova a Biel e Barthel a Praga).
Zarina, da domani, sarà numero 63 del mondo. Bentornata.