Il calendario ATP dopo l’US Open è un serpentone un po’ incerto, tentato dalle sirene orientali – che s’illuminano e suonano su campi rigorosamente outdoor – eppure incentrato su un percorso europeo, viceversa interamente indoor, che si spegne sul traguardo di Londra. Questo accade perché l’Europa è patologicamente priva di manifestazioni su cemento all’aperto, e laddove il torneo di Kitzbuhel – l’ultimo della stagione nel Vecchio Continente – rimane l’estremo baluardo stagionale della terra battuta, nella stessa Austria si conclude la stagione outdoor europea tutta. Tutto ciò che di europeo rimane sino a novembre si gioca sotto un tetto, tutto ciò che non ha un tetto – e come superficie ha sempre la terra battuta – riparte nel Principato di Monaco ad aprile.
In questo contesto si insinua lo swing asiatico che parte da Chengdu e Shenzhen, sosta a Pechino e Tokyo prima del gran finale di Shanghai che mette in palio 1000 punti. Una parentesi di tre settimane che confluisce poi in un finale tutto continentale dalla durata di un mese: il trittico 250 Mosca-Anversa-Stoccolma, la coppia 500 Basilea-Vienna, l’ultimo 1000 stagionale di Parigi-Bercy e le Finals di Londra, 1500 punti al seguito (tra parentesi, le Final(s)ette NextGen a Milano). L’Asia piace, attira sponsor e investitori, coccola i giocatori e offre strutture all’avanguardia oltre a probabilissimi mega-assegni per assicurarsi i migliori protagonisti. Però la “stagione indoor”, locuzione che in qualche modo identifica la fetta finale di ogni annata tennistica, parla europeo.
Tornei al coperto che conducono alle Finals, alle quali avranno accesso soltanto otto giocatori. Otto sotto un tetto insomma – ma senza Steve Urkel – con qualche dubbio su chi sarà a completare la rosa dei candidati che al momento è composta da Federer, Nadal e Zverev. A Thiem (3715 punti) manca quasi solo l’ufficialità, Dimitrov ha un margine di oltre 700 punti sul primo degli esclusi che è Kevin Anderson. Difficile che il bulgaro fallisca quella che sarebbe la sua prima qualificazione per il Masters, a meno di clamorosi harakiri. 200 punti più in basso – a quota 2995 – troviamo Marin Cilic, grado decrescente di certezza ma comunque saldamente nell’attuale rosa dei qualificati. Anche l’eventuale assenza del croato stupirebbe abbastanza.
Per gli ultimi due posti la situazione è molto più incerta. Al momento – scartando i tre nobili decaduti che ancora affollano la top 15 – i qualificati sarebbero Carreno Busta (settimo) e Sam Querrey (ottavo), e per entrambi sarebbe la prima partecipazione. Kevin Anderson però è indietro di appena 100 punti, e assieme a David Goffin (-255 da Anderson) costituisce il principale antagonista dei due attuali qualificati. Proprio il belga, rientrato a luglio da un guaio alla caviglia che l’ha fermato per circa 50 giorni, ha dato in semifinale di Coppa Davis un segnale importante. La vittoria d’autorità ottenuta contro Nick Kyrgios ha restituito al circuito un Goffin più reattivo, più sicuro dei suoi mezzi e pronto per affrontare il tour de force che ricalca quello della scorsa stagione: Metz-Shenzhen-Tokyo-Shanghai, con cui nel 2016 mise in cascina 570 punti. In termini di punti la rincorsa sarebbe parimenti possibile per Berdych e Bautista Agut, virtualmente 11esimo e 12esimo della Race, ma più si scende e più l’aggravio di punti si appesantisce con la necessità di doversi mettere alle spalle un tennista in più.
La situazione, con i punti attuali e i tornei programmati da ogni tennista di qui a fine stagione, sarebbe la seguente:
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La programmazione più fitta è proprio quella del belga, che figurando nelle entry list di ognuna delle sette settimane – come nel 2016 – conferma il proposito di lottare fino all’ultimo per la qualificazione a Londra. Il programma più lasco, salvo wild card dell’ultim’ora, è quello di Sam Querrey che non disputerà alcun torneo di categoria ATP 250. Anderson invece si concederà due altre trasferte europee oltre al 1000 di Bercy: sarà a Stoccolma a metà ottobre e quindi a Vienna per l’ATP 500, in compagnia di Carreno Busta, Querrey e Berdych. A Basilea invece Goffin e Bautista, assieme a Federer e Nadal.
A concludere l’attuale top 20 della Race to London, escludendo Nishikori, ci sono Raonic, Isner, Tsonga e Kyrgios. Sul canadese pendono ancora troppe incognite e non c’è ancora una data per il suo rientro in campo, che da programmazione sarebbe previsto per l’ATP 500 di Tokyo. Tsonga sarà a Chengdu la prossima settimana e poi a Pechino, in compagnia di Isner e Kyrgios. Per caratteristiche ed energie residue tutti e tre potrebbero diventare protagonisti nel finale di stagione. Il francese sta lentamente riguadagnando la forma migliore dopo la paternità, Isner viene da una buona estate condita dai due titoli di Newport e Atlanta e dalla semifinale di Cincinnati. Il cemento può essere terra di conquista anche per Kyrgios che tra Indian Wells e Miami ha mostrato un livello di tennis che gli garantirebbe un posto tra i primi otto (and counting…) in ogni torneo.
Rientrare nella lotta per le Finals appare però complicato per questo quartetto di fini servitori. Per affiancare i certi Nadal, Federer e Zverev e i molto probabili Thiem, Dimitrov e Cilic, sarà quasi certamente un affare a quattro. Carreno Busta, Querrey e Anderson per ovvie motivazioni di punteggio, e Goffin perché tra gli inseguitori è quello che ha più margine di crescita. La corsa agli ultimi posti delle Finals rischia di essere il contest più interessante di questi 50 giorni che ci separano da Londra (12-19 novembre), e perché no, potrebbe anche intrecciarsi con l’albo d’oro dei tornei che restano da disputarsi. In questo 2017 Zverev e Dimitrov hanno svecchiato il catalogo dei vincitori di un Masters 1000, Anderson ha fatto lo stesso con quello dei finalisti Slam. Le novità potrebbero non essere finite.