Nell’Olympic Stadium di Seoul il 1° ottobre 1988, quando ancora il bellicoso vicino di casa nordcoreano si trastullava con armi giocattolo, Steffi Graf mise il punto esclamativo sulla più straordinaria stagione sportiva che tennista (uomo o donna) abbia mai disputato. Quel giorno, infatti, la “signorina diritto” sconfisse nella finale del torneo olimpico Gabriela Sabatini e conquistò così la medaglia d’oro dopo aver già messo in bacheca i quattro major dello Slam. Oggi, meno epicamente, si sono disputate le semifinali della 19esima edizione del torneo femminile sud coreano che hanno visto Jelena Ostapenko e Beatriz Haddad Maia raggiungere la finale che si disputerà domani. Nella prima semifinale la prima testa di serie e decima giocatrice del mondo, la ventenne lettone Jelena Ostapenko, ha faticosamente battuto in un incontro molto divertente l’ultima superstite delle qualificazioni, la Tailandese numero 155 del mondo Luksika Kumkhum, giocatrice dal diritto bimane con il quale trova angoli impossibili, come ebbe ad accorgersi a sue spese Petra Kvitova agli Australian Open del 2014. Nella seconda la brasiliana Beatriz Haddad Maia ha superato in due l’olandese Richel Hogenkamp.
Nel primo incontro si assiste ad una partenza fulminante di Kumkhum che conquista i primi i tre game con una tattica di gioco estremamente aggressiva e propositiva, contrappuntata da ottime soluzioni d’attacco che spesso colgono impreparata Ostapenko, la quale al primo cambio di campo chiama al suo capezzale mamma-coach Jelena (poca fantasia in famiglia con i nomi) per cercare di raccapezzarcisi un po’. Scopo raggiunto, ma solo per il tempo necessario a riportarsi in teorica paritĂ sul 2-3 e servizio, poichĂ© poi si fa nuovamente togliere la battuta e non ha piĂą – o non gliene viene piĂą data – opportunitĂ di rientrare nel set. Per quanto brava sia stata la tailandese, il 38% di prime palle di servizio in campo di Ostapenko in questo parziale sono comunque un dato che si commenta da sĂ©. Nel secondo salgono le percentuali di Ostapenko al servizio (al termine del parziale sarĂ il 64%) mentre cala drasticamente la precisione di Kumkhum nei colpi di rimbalzo e con essa la sua sicurezza; il suo linguaggio corporale man mano che il set avanza e i break subiti si susseguono ricorda quello di Andy Murray nelle sue giornate peggiori e in pochi minuti il 6-1 lettone è servito per la gioia degli spettatori coreani che applaudono e sorridono estasiati anche per le consegne degli asciugamani da parte dei raccattapalle alle due protagoniste.
Set finale preceduto da un nuovo conciliabolo tra Ostapenko e mamma Jelena che fa da preludio ad un game molto combattuto e ben giocato da entrambe le semifinaliste. Lo vince Kumkhum dopo aver annullato un break point ma la tailandese sembra sempre più in balia dei feroci colpi di rimbalzo di Ostapenko che viaggiano ormai costantemente intorno ai 130 km/h. Solo apparentemente però. La lettone, forse sconcertata dal fatto che una qualificata osi resistere alle sue bordate, si perde completamente nel secondo game e regala a zero la battuta con un doppio fallo di frustrazione sullo 0-40 seguito da un lancio di racchetta a terra dopo aver messo fuori una risposta di diritto. Come nel primo set, sul punteggio di 0-3 Ostapenko chiede l’intervento del suo coach che sortisce, come allora, l’effetto di farle recuperare immediatamente il break perduto e, a differenza che nel primo set, di farle raggiungere sul 3 pari l’avversaria. Kumkhum avrebbe ancora l’opportunità di tornare in fuga nel sesto game, ma, ormai palesemente affaticata, mette fuori una risposta di rovescio che mezz’ora prima non avrebbe sbagliato sul 30-40 a suo favore. Gli ultimi tre giochi che conducono Ostapenko alla vittoria sono tutt’altro che una formalità per lei poiché la tailandese con le ultime energie residue combatte su ogni palla fino alla resa finale di fronte a un rovescio incrociato angolatissimo. L’esultanza della vincitrice al termine dell’incontro la dice lunga sulle sofferenze patite per condurre in porto una vittoria che alla vigilia pareva scontata.
La seconda semifinale inizia esattamente come la prima: break immediato per una delle due protagoniste e 3-0 a seguire. Ma la prosecuzione del set è meno divertente e sorprendente. Questa volta, infatti, a portarsi in vantaggio è la giocatrice oggettivamente piĂą forte, la gigantessa ventunenne brasiliana (185 cm) Beatriz Haddad Maia, n. 71 del mondo, che aveva giĂ sconfitto la sua odierna avversaria, l’olandese Richel Hogenkamp (119 WTA, 25 anni), nel loro unico precedente incontro. Nessuna sorpresa, quindi, che al primo break ne sia poi seguito un secondo che ha portato il primo parziale a una rapida conclusione con il punteggio di 6-1. L’olandese ha avuto quattro opportunitĂ per togliere il servizio alla brasiliana, ma le ha fallite tutte. Calo di concentrazione di Haddad Maia nei primi tre giochi del secondo set, in cui adegua il livello del suo tennis a quello di Hogenkamp – che nel frattempo lo ha migliorato memore di essere stata una delle prime 100 giocatrici del mondo – con la conseguenza di cedere a zero il proprio servizio e commettere piĂą errori di quanti ne abbia fatti nell’intero set precedente.
Sul punteggio di 4-2 40 pari, dall’ingresso degli spogliatoi fa capolino la sagoma di mamma Ostapenko probabilmente rassicurata da ciò che vede in campo, ovvero un festival dell’errore. In qualche modo, con alcune sortite offensiva in più e dopo avere annullato tre palle break consecutive, Haddad Maia riesce a emergere da questo modesto spartito musicale e a raggiungere Hogenkamp sul 4 a 4. Da qui in poi l’olandese aggiunge un’altra qualità alla resistenza atletica: il coraggio. Haddad Maia ha infatti tre chance di toglierle il servizio all’undicesimo game, ma lei resiste e alla fine porta a casa il gioco che le garantisce il diritto a disputare il tie break. Il gioco decisivo riscatta alla grande i precedenti novanta minuti. Smorzata di rovescio e pallonetto di diritto lo schema che regala due punti all’olandese ai quali ne aggiunge un terzo direttamente con una smorzata di rovescio ed un quarto con un attacco di diritto. Due errori gratuiti di Haddad Maia le danno due set point consecutivi. Sul primo sbaglia da fondocampo e sul secondo mette in rete un facile rovescio. La mancina brasiliana gliene concede un terzo con un errore ma poi lo annulla con una difficile stop volley di diritto. Tocca ora a Hogenkamp fronteggiare un match point con la battuta a disposizione e, con ammirevole coraggio, decide di andare all’attacco dietro a un ottimo lungolinea di diritto, ma con l’unico risultato di buttare in rete uno schiaffo al volo elementare su una palla probabilmente destinata ad uscire.
Risultati:
[1] J. Ostapenko b. L. Kumkhum 3-6 6-1 6-3
B. Haddad Maia b. R. Hogenkamp 6-1 7-6(6)