Tony Godsick, l’ideatore della Laver Cup, ex IMG prima di “sposare” Roger Federer e diventarne l’agente, sprizza gioia e soddisfazione da tutti i pori. Ne ha ben donde anche se mette le mani avanti: “Aspettiamo di conoscere le audience televisive prima di cantare vittoria, perché le tv sono quelle che fanno la differenza, ma il successo di pubblico qui è stato straordinario. Del resto il 40% dei biglietti era stato venduto nelle prime 24 ore…”. Poi aggiunge: “Credo sia importante che siano stati fugati i dubbi sul livello tecnico delle partite, sull’impegno dei giocatori che sono dei top e sono quello che sono perché non sopporterebbero mai l’idea di perdere, e soprattutto sotto gli occhi di un McEnroe, John come Patrick, di un Borg, di un Enqvist e di fronte ai compagni. L’orgoglio viene prima di tutto”.
E Godsick assicura poi quello che è facilmente intuibile per chiunque sia stato qui a Praga – inciso: che città meravigliosa! C’ero già stato 4 volte ma è sempre più bella e più curata; forse, insieme a Parigi e alle nostre più belle città italiane, la più bella d’Europa –, e cioè che i giocatori che hanno preso parte a questa competizione ancor “vergine” sono rimasti entusiasti del tutto. Dell’idea, dello svolgimento, del pubblico, dell’arena. Come ha detto Querrey: “Tutti noi che siamo qui vorremmo essere fra i sei che saranno scelti per la prossima Laver Cup”.
E su questo desiderio vorrebbe far leva Tony Godsick che potrebbe anche annunciare forse già stamani la sede della Laver Cup 2018. Chicago? La città dei Bulls e di Michael Jordan sembra avere buone chances. Anche se qualcuno parla di Boston, la città dove è nata la Davis nel 1900 – la coppa scelta da Dwight Davis fu “coniata” nella celebre gioielleria di Shreve&Crump&Low- e Boston è anche la città di Bud Collins, il grande giornalista americano scomparso recentemente (“The Brits may have invented tennis, but Italians humanized” scrisse sul Boston Globe lui che era innamorato degli Internazionali d’Italia e del vecchio centrale del Foro Italico), una città di grandi tradizioni tennistiche.
Patrick McEnroe ha detto, quando gli ho fatto presente che se qui fossero stati presenti anche Djokovic e Murray per il team “World” le cose sarebbero state ancora peggiori: “È vero, però anche a noi sono mancati alcuni giocatori, del Potro, Nishikori, Raonic, che magari fra un anno ci saranno. E poi ci sono tanti giovani emergenti, ottimi tennisti americani, canadesi… Da più di dieci anni il tennis è stato più forte in Europa, ma le cose vanno a cicli, e potrebbero anche cambiare”. Godsick, parlando con Richard Evans e il sottoscritto aggiungeva: “Se negli anni prossimi si arrivasse a dire quando si presentano i giocatori che scendono in campo… quando si dice che Tizio è stato finalista a Parigi, Caio a Wimbledon etcetera… lui ha fatto parte del team Europe o World della Laver Cup, vorrebbe dire che abbiamo centrato l’obiettivo”.
Certo è che ieri sera vedere giostrare accanto i due più grandi tennisti e rivali dell’ultima decade, 35 Slam in due e quasi 9 anni da n.1 – 452 settimane che supereranno certamente le 500 perché fino a fine 2017 il numero uno sarà Rafa Nadal oppure Roger Federer e nessun altro – è stato un evento che per gli appassionati di tennis non si può non definire storico.
“È stato un giorno indimenticabile per noi due – ha detto Rafa – Dopo tutta la storia che abbiamo alle spalle, lottare accanto per una squadra, ci è davvero piaciuto moltissimo. L’atmosfera per questo match e tutto il weekend è stata fantastica. Ci sentiamo molto fortunati ad essere stati parte di questo grande evento, per la prima volta nella storia. E avere Roger accanto a me è stato un grande privilegio, qualcosa che avrei voluto che succedesse e oggi è stato il giorno ideale perché accadesse. E con McEnroe, Borg, le squadre… fantastico!”.
E Federer è stato prontissimo a dire lesto lesto: “E io sono d’accordo!”, strappando una gran risata a tutti i presenti prima di aggiungere: “È stato un grande momento anche per me. Ci siamo forse allenati una sola volta insieme, alle finali ATP. Non ci alleniamo molto fra noi. Non mostriamo l’uno all’altro i nostri colpi. E saremo sempre, e per sempre, rivali finché giocheremo. Dopo qui saremo rivali ancora, grazie a Dio o purtroppo, a seconda di come vogliate vederla, ma questa era un’occasione davvero speciale. È stato un grande piacere dividere la stessa parte di campo con Rafa, sapendo che puoi fidarti di lui nei momenti importanti, vedendolo quando decide come giocare, cosa pensa di fare, mi porterò dietro questi ricordi per tutta la vita, di sicuro!”.
Fantastiche dichiarazioni di due grandi campioni e, anche, due grandi uomini. Credo che la solerte redazione di Ubitennis avrà preso e tradotto tutta la loro interessante conferenza stampa che io ho twittato in diretta, salvo che per quelle domande che ho fatto e che hanno divertito sia Federer sia Nadal che hanno risposto a tono in modo interessante e spiritoso.
C’era molta pressione sui due. Perché sembrava che tutti si attendessero una loro vittoria, quando invece chi sa di tennis sa che non era per nulla scontata. Querrey e Sock giocano da sempre abitualmente il doppio, sono molto più allenati a giocare servizi e volée, hanno esercitato da sempre i riflessi, hanno servizi che fanno paura. E Roger è stato sincero sia nel dire che non ricordava neppure più quando aveva giocato l’ultimo doppio – a proposito quando? – sia che perfino il ritrovarsi a rete quando Rafa serviva o rispondeva, lo faceva sentire “strano”. “In singolare decido io quando scendere a rete. Qui mi ci trovavo e su certe volée, come quella per salvare la pallabreak, la palla non è andata dove volevo… sono stato davvero fortunato”. E Nadal: “Una grande smorzata!”. E Roger: “Sì, una gran smorzata, prova a sentire Jack Sock che cosa ne pensa (e ha detto… lui come John McEnroe n.d.r).
“So che la gente – ha detto anche Roger – soprattutto quelli che sanno poco di tennis, non avrebbe capito se avessimo perso. Si aspettava solo che vincessimo. Ma è molto più complicato. Giochiamo indoors contro due grandi doppisti, che servono benissimo. E il mio ultimo doppio è così lontano che non ricordo neppure come reagire di riflessi sulla rete…”. Rafa: “Beh, non hai fatto (così) male” e ride.
L’atmosfera era quella giusta, allegra, spensierata, divertente per provare a chiedere ai due campioni, medaglie d’oro in doppio alle Olimpiadi di Pechino e Rio (con Wawrinka e Lopez) se avessero ipotizzato di giocare… magari dopo il 2020, Roger solo il doppio accanto a un trentaquattrenne Nadal, così glielo ho chiesto. Federer: “Eh sì è una grande idea! (risata). Rafa magari diventi tu svizzero e possiamo giocare insieme alle Olimpiadi o devo diventare io spagnolo?”. Al che ho interloquito: “No, ma io intendevo in qualche Slam…”. E Roger: “No, questo non accadrà. Non da parte mia”. Lì Rafa dà quasi l’idea d’esserci rimasto male, sia pure per un solo attimo, come se si fosse aspettato una risposta più possibilista. “Beh, se non può accadere da parte tua, allora non avrà luogo, non funzionerà”. Roger si accorge di essere stato un po’ troppo tranchant e dice con fare più incerto: “No, non penso… ma non voglio uccidere le tue aspettative”. Rafa abbozza: “Beh sì, me l’aspettavo…”, e sorride prima di aggiungere: “Non penso che sia una buona idea. Penso che siamo singolaristi, quindi è dura immaginare che si possa pensare di continuare a giocare solo i doppi quando avremo finito di giocare i singolari”. E allora interviene Federer sorridendo rivolto al sottoscritto: “Non una buona idea…”, e dopo una piccola pausa: “Lo faremo per te…magari solo per 5 anni!”. E Nadal: “Possiamo farlo in Italia magari, se ci inviti”.
Beh, ragazzi, lettori di Ubitennis, coraggio, mettiamo su una colletta, quattro spiccioli, e organizziamo un bis di Federer e Nadal. Scherzi a parte, avevo molti dubbi se affrontare o meno questa trasferta a Praga. Sono contento di aver deciso per il sì. Valeva la pena. E stamani vi dirò se è stata scelta Chicago (o Boston) per la prossima Laver Cup. Sono due magnifiche città. E poiché la Laver Cup è stata in gran parte organizzata da un team australiano – lo stesso dell’Australian Open – la macchina sarà ancora più rodata. L’anno dopo si vedrà. Quello dopo ancora, per via delle Olimpiadi che congestionano il calendario, forse non si farà.