Non è la decisamente la prima volta e con ogni probabilità non sarà nemmeno l’ultima: Fabio Fognini salva il bilancio agonistico della settimana tennistica italiana nel circuito maggiore, grazie all’ennesima finale raggiunta, la quattordicesima della sua carriera, superando in tale particolare classifica, tra i tennisti italiani nell’era Open -sebbene i confronti con tennis e circuiti così diversi siano un esercizio meramente statistico- anche l’ex numero 7 del mondo Corrado Barrazzutti, che si fermò a 13. Lo fa a San Pietroburgo, bellissima città che gli deve portar fortuna: nel 2012 proprio nell’ex capitale russa aveva raggiunto la prima finale nel circuito su un tappeto indoor, persa da Martin Klizan e questa settimana è arrivata la terza, dopo che lo scorso ottobre, sempre in Russia, ma a Mosca, Fabio perse da Carreno Busta. Peccato non sia arrivato il sesto successo e il primo fuori dall’amata terra rossa, ma che ormai Fognini sia un giocatore completo, non più un semplice terraiolo, lo testimoniano meglio di mille parole i numeri di questo 2017: sulla terra ha vinto 16 dei 27 incontri disputati (59%), sulle altre superfici ha superato con successo 14 dei 22 match giocati (63%). Al di là delle fisiologiche variazioni che si avranno da qui alla fine della stagione, trattasi di numeri che confermano una evoluzione e un miglioramento tecnico ormai indispensabile in un calendario tennistico attualmente penalizzante per la terra rossa e per i suoi specialisti con sogni di alte posizioni nel ranking. Non resta che sperare che Fabio, in questo finale di stagione nel quale ha da difendere 240 punti (90 tra Pechino e Shanghai, 150 a Mosca), possa continuare a fare bene: battere il 13 del mondo al suo best career ranking non era facile, farlo annullando match point è da giocatore affamato e maturo. La tristissima e molto recente pagina di New York, sulla quale in questa sede è inutile tornare, deve essere però per lui sempre impressa, affinchè il ligure mostri di aver imparato da quei gravissimi errori, trovando la forza per andare oltre non ripetendoli: da come è andata a San Pietroburgo, l‘inizio sembra essere confortante o, quantomeno, sperarlo è lecito.
Tra gli uomini, in una settimana in cui le nostre giocatrici non hanno preso parte ai tornei calendarizzati, pochissimo altro da raccontare: Paolo Lorenzi, così come Fognini, ha ceduto al primo turno a San Pietroburgo un match in cui ha avuto diverse chances proprio contro Dzhumhur, assurto a nemesi del nostro tennis -proprio lui cresciuto e maturato sotto l’egida di Alberto Castellani- mentre Fabbiano in Russia quantomeno ha ottenuto la terza vittoria tecnicamente più importante della carriera, eliminando il giovane Medvedev. Da Metz, dove si svolgeva l’altro ATP 250 in programma durante la settimana, arrivano solo sconfitte, alcune di esse davvero brutte: sia Giannessi che Seppi hanno raccolto appena pochi giochi contro avversari alla portata come, rispettivamente, Copil e Simon, mentre, invece, un mezzo sorriso lo lascia Bolelli, bravo a qualificarsi e sfortunato nella sua sconfitta al tie-break del terzo, non convertendo un match-point, contro Marcel Granollers.
Venendo all’approfondimento sulle partite giocate questa settimana dai nostri tennisti, partiamo dal più brillante di loro, Fognini, che, partecipando per la quinta volta all’Open di San Pietroburgo, tornava nel circuito con una facilmente immaginabile gran voglia di riscatto, a quasi un mese di distanza da un per lui disastroso US Open, non solo per la brutta sconfitta al primo turno contro Travaglia, ma soprattutto per i gravi danni alla sua immagine, successivi alle offese rivolte durante l’incontro al giudice di sedia Louise Enzgell. Tornato dopo 4 anni a giocare il torneo dove nel 2012 aveva perso una finale da Klizan, essendo accreditato come terza testa di serie, ha avuto un bye al primo turno e nel suo esordio al secondo ha affrontato il veterano russo Mikhail Youzhny, 112 ATP, sconfitto negli ultimi 2 dei 3 precedenti. A San Pietroburgo è venuta fuori una partita molto equilibrata, nella quale entrambi hanno servito bene (Fabio ha vinto il 77% dei punti giocati con la prima, il 59 con la seconda) concedendo pochi break: il ligure una sola volta, quando, dopo aver vinto il primo set in 41 minuti grazie a un break nel terzo gioco, si è fatto strappare il servizio nel decimo game del secondo parziale, quando era andato a servire per rimanere nel set. Una volta giunti al terzo, nel gioco iniziale il break operato a Youzhny si è rivelato per Fognini il viatico per la vttoria finale: una sola palla break da annullare è stato il maggiore pericolo corso dall’italiano prima di stringere la mano a rete al russo, dopo 1 ora e 58 minuti di partita terminata col punteggio di 6-4 4-6 6-4. Nei quarti Fabio ha affrontato il 27enne lituano Ricardas Berankis, 177 ATP, già sconfitto molto nettamente dal taggiasco nei due precedenti: non è andata differentemente stavolta. Dopo un inizio equilibrato (3 pari nel primo set), Fabio ha inanellato una serie di 9 giochi consecutivi vincenti, grazie anche a una pessima prova nei turni di servizio da parte del lituano (39% di prime in campo, 42% punti quando entrava la prima, 37% la seconda), ottenendo l’accesso alle semifinali col punteggio di 6-3 6-0 in 58 minuti.
In semifinale l’ostacolo da superare si chiamava Roberto Bautista Agut un avversario di livello, 13 ATP, e in ottima forma (al suo best career ranking dopo il terzo turno agli US Open, il titolo a Winston Salem e i quarti a Montreal): Fabio dal canto suo poteva però contare sulla fiducia datagli dai confronti diretti con lo spagnolo, favorevoli in 6 occasioni su 8, l’ultima delle quali a Gstaad lo scorso luglio, vinta da Fabio che guadagnò l’accesso alla finale, che poi avrebbe vinto su Hanfmann. A San Pietroburgo, non è andata in scena una bella semifinale (alla fine si conteranno 13 vincenti e 41 errori gratuiti per lo spagnolo, 38 e 67 per l’italiano) , ma l’equilibrio nel punteggio ha fatto dimenticare la bassa qualità del gioco visto in campo. Fognini ha perso malamente in 27 minuti il primo set e si è anche trovato sotto di un break nel secondo (1-3), prima di alzare il livello del suo tennis e trascinare lo spagnolo al tie-break, dove ha avuto la forza di annullare due match point prima di riequilibrare le sorti dell’incontro, quando era passata un’ora e mezza dall’inizio dell’incontro. Nel terzo e decisivo parziale l’unico a dover annullare una palla break è stato Bautista (nel secondo gioco): inevitabile l’approdo al tie-break decisivo per stabilire il vincitore, situazione che ri ripeteva per la terza volta in stagione (aveva perso in tali circostanze contro Rublev a Umago e Kuznetsov a Budapest) e per la 38° in carriera (uscendone vincitore in 26 su 37, prima di San Pietroburgo). Nel gioco decisivo il primo a mettere la testa avanti è stato il numero 13 del mondo, sospinto sul 5-3 da un doppio fallo di Fognini, bravo a non disunirsi e anzi a compiere lo sprint finale, vincendo 4 punti consecutivi, che gli hanno aperto le porte della 14°finale in carriera, dopo 2 ore e 27 minuti di battaglia, archiviata col punteggio di 2-6 7-6(7) 7-6(5).
Purtroppo in finale, contro Damir Dzumhur, 55 ATP, non è andata bene: il ligure lo aveva sconfitto nei due precedenti sulla terra di Umago (nel 2015 e 2016), ma contro un giocatore in ascesa come il 25enne bosniaco – al suo best career ranking, grazie alle semifinali al 250 di Los Cabos e alle finali del 250 di Winston Salem e del Challenger di Santo Domingo, nonchè del terzo turno agli US Open- non è riuscito a tenere un livello di gioco sufficientemente alto per tutto l’incontro: dopo aver vinto il primo parziale per 6-3 in 44 minuti, dopo uno scambio di break nella parte iniziale del secondo, arrivato sul 4 pari 30-30, ha avuto un nettissimo calo- molto probabilmente dovuto anche allo stress psico-fisico della lunga semifinale vinta il giorno precedente- che in sostanza gli è costato l’incontro. Dzuhmur in quella situazione di punteggio ha infilato una serie di 14 punti su 15 che ha di fatto indirizzato le sorti della finale, con l’azzurro ormai fuori dal match, a tal punto da farsi brekkare una seconda volta nel decisivo set e consegnare al bosniaco il primo titolo in carriera, dopo 1 ora e 53 minuti di partita, terminata con il punteggio di 3-6 6-4 6-2.
Anche Paolo Lorenzi, tornava, come Fognini, alle gare dopo gli US Open per lui ottimi, nei quali si è fermato solo agli ottavi, suo miglior piazzamento in carriera in uno Slam, perdendo in 4 set da Anderson, poi finalista. A San Pietroburgo giocava per la quarta volta e difendeva i quarti raggiunti lo scorso anno, quando fu eliminato da Berdych. Il toscano, sesta testa di serie del tabellone, ha affrontato al primo turno per la prima volta in carriera il 25enne bosniaco Damir Dzumhur, 55 ATP: Paolo ha sprecato un vantaggio di 4-0 nel primo set e ben tre set point nel secondo, prima di perdere i due parziali entrambi col punteggio di 7-5, dopo 1 ora e 58 minuti. Molti rimpianti dunque per il numero 2 d’Italia, sconfitto da un giocatore in forma (al suo best career ranking) ma al termine di una partita in cui ha avuto diverse possibilità, pur servendo male (54 % di prime, 48% di punti vinti con la prima in campo).
Il terzo giocatore italiano con la migliore classifica, Thomas Fabbiano, 70 ATP, al suo best career ranking si è iscritto per la prima volta in carriera a San Pietroburgo, torneo che gli ha portato abbastanza fortuna, visto il bel successo nel primo turno contro il 21enne tennista di casa Daniil Medvedev, 62 ATP: solo due volte in carriera Thomas aveva sconfitto giocatori meglio classificati (ad inizio 2016, quando vinse su Leo Mayer, allora 40, e Gilles Muller, all’epoca 38). Nella ex capitale russa il pugliese avrebbe potuto vincere anche più facilmente- era in vantaggio di un break in entrambi i parziali- quello che era uno scontro inedito a questi livelli (unico precedente era stato vinto dal russo nel challenger di Shanghai nel 2015), ma è stato bravo a non scomporsi per le rimonte subite e a giocare in maniera più lucida nei momenti decisivi dell’incontro, chiudendo al primo match-point col punteggio di 7-6(4) 7-5 dopo 1 ora e 33 minuti. Una partita nella quale è stato bravo a mettere in difficoltà Medvedev sulla sua seconda (il russo ha vinto solo il 30% dei punti quando non gli entrava la prima) e a vincere facilmente i punti quando era lui a mettere in campo la prima (79% punti vinti in tale circostanza). Nel secondo turno Thomas ha trovato dall’altra parte della rete il 27enne tedesco Jan Lennard Struff, 54 ATP, che lo aveva già sconfitto nel lontano 2011 nell’unico precedente, sull’indoor tedesco di Wolfsburg. Non è andata meglio a San Pietroburgo, dove Thomas, dopo aver perso in 32 minuti il primo set per 1-6, ha lottato maggiormente nel secondo (nonostante sia incappato in per lui inusuali 5 doppi falli), parziale nel quale ha strappato per due volte il servizio all’avversario, ma, giunto sul 4 pari, ha poi ceduto nuovamente il servizio. Struff, al quarto match point, ha chiuso, dopo 1 ora e 23 minuti, col punteggio di 6-1 6-4, un match nel quale, come accaduto a Medvedev, ha sofferto contro Fabbiano quando giocava con la seconda, conquistando in tali casi solo il 30% dei punti.
Al secondo ATP 250 in programma questa settimana, il Moselle Open di Metz, nel nord-est della Francia, si sono iscritti nel tabellone principale altri due italiani, Alessandro Giannessi e Andreas Seppi. Lo spezzino, 132 ATP, ha purtroppo confermato la pesante involuzione a livello di risultati seguita alla semifinale raggiunta a Umago, dopo la quale, tra challenger e circuito maggiore, ha vinto una sola delle sei partite disputate. Non è andata meglio ad Alessandro nel torneo francese, vinto, dalla sua prima edizione nel 2003, 9 volte su 14 da tennisti transalpini. Sorteggiato al primo turno contro il 26enne rumeno Marius Copil, 85 ATP, contro il quale aveva già perso nell’unico precedente del 2013 sulla terra di Bucarest, Alessandro, opposto a un giocatore dotato di un ottimo servizio (durante il match ha totalizzato 12 ace in 9 turni di servizio, con l 88% di punti vinti con la prima) ha fatto gara sino al 3 pari del primo set, prima di essere travolto da Copil, vincitore 6-3 6-2 in 65 minuti.
Andreas Seppi, 85 ATP, tornava per l’ottava volta a Metz a giocare un torneo nel quale ha raggiunto anche una finale, persa da Tsonga nel 2012, dopo la quale era sempre stato eliminato al primo turno. Non c’è stato un diverso risultato quest’anno, contro Gilles Simon, 43 ATP, già due volte vincitore del Moselle Open e vincitore di tutti i 5 i precedenti, durante i quali aveva lasciato per la strada appena due set. Eppure, aveva iniziato meglio Andreas, salito sul 3-2 e servizio nel primo set, prima di infilarsi in un buco nero dal quale non è saputo più uscire (il bolzanino chiuderà con un imbarazzante 14% di punti vinti con la seconda): il transalpino ha infilato una serie consecutiva di 10 giochi che gli hanno regalato, dopo 76 minuti, l’accesso al secondo turno, archiviato col punteggio di 6-3 6-0.
Anche Simone Bolelli si è iscritto a Metz, ma la sua classifica, 204 ATP, lo ha costretto a passare dalle qualificazioni per accedere al tabellone principale: nel primo turno del tabellone cadetto il 31enne bolognese ha eliminato Tobias Kamke, 201 ATP, gia sconfitto in 2 dei 3 precedenti, col punteggio di 7-6(4) 6-3 in 1 ora e 33 minuti. Nel secondo turno l’azzurro è incorso in una lotta di 2 ore e 33 minuti per avere la meglio al quinto match point del 19enne tennista di casa (nato a Metz), Ugo Humbert, 505 ATP, eliminato col punteggio di 3-6 7-6(4) 7-6(5). L’indomani l’italiano era nuovamente in campo, per sfidare nel primo turno del tabellone principale il coetaneo spagnolo Marcel Granollers, 135 ATP (ma ex top 20), sconfitto in entrambi i precedenti, molto datati (2008). Simone, dopo aver perso in 62 minuti il primo set al tie-break, nel quale aveva avuto anche un set point, ha portato la partita al terzo, nel quale ha dovuto annullare l’unica palla break del parziale prima che si sia giunti al gioco decisivo. In questo frangente, Bolelli sul 6-5 ha avuto un match-point per confermare una striscia positiva di successi al tie-break decisivo (aveva vinto 9 delle ultime 10 volte che lo aveva giocato e, più in generale, 23 delle 34 occasioni capitate in carriera), ma alla fine ha dovuto cedere il passo a Granollers, vincitore con lo score di 7-6(9) 3-6 7-6(8) in 2 ore e 41 minuti di partita, durante la quale non ha strappato nemmeno una volta il servizio al nostro giocatore.