La Laver Cup di sicuro ha fatto parlare di sé. Prima ancora che si giocasse una singola pallina (escluse quelle in barca) chiunque, dai membri della stampa ai tantissimi appassionati del “solito” tennis, aveva già detto la sua sul torneone a squadre praghese. Entusiasmo, scetticismo, indignazione, curiosità: l’intero spettro delle aspettative era stato coperto. Del resto non capita spesso che uno sport tradizionale come il tennis inserisca un tale elemento di novità. L’interesse si è dimostrato giustificato e i giocatori, se non fossero bastate le loro espressioni facciali a dimostrarlo, sono stati entusiasti.
Vincitori, sconfitti, star, stacanovisti, capitani: la Laver Cup sembra essere piaciuta davvero tanto a tutti coloro che hanno partecipato. L’elemento cruciale che li ha fatti innamorare, non è stato quello delle sempre spinose modifiche regolamentari. Ciò che gli Avengers del circuito hanno apprezzato è stata la sensazione di trovarsi dallo stesso lato della barricata dei colleghi con i quali, ogni altra settimana, dividono lo spogliatoio e la reciproca speranza di spedire tutti a casa. A loro spetta quindi il giudizio ultimo, nelle parole raccolte al termine della terza e ultima giornata di incontri.
Partiamo dal Team World, che poi di fatto si è dimostrato un Team Nordamerica + Nick Kyrgios (sarebbero serviti dei Nishikori e del Potro sani). Svantaggiati già in partenza, visto che il conto diceva 36 tornei dello Slam e 60 Masters 1000 a zero per gli europei, e sconfitti senza sorpresa, gli english speakers hanno comunque trovato numerosi lati positivi nell’esperienza. Che anzi non vedono l’ora di ripetere, in casa a Chicago il prossimo anno. Jack Sock confessa di essere atterrato a Praga senza sapere molto del format, e si è ritrovato impiegato in ognuno dei doppi – sempre con un compagno differente, quella era la regola – a sorpresa, “per votazione del team”.
“Ho lasciato scegliere loro” ha detto Sock, “mi fidavo di me stesso giocando al fianco di ognuno. È stato un lavoro di gruppo”. Parlando più in generale della tre giorni: “Si vedeva com’ero infiammato, dimostra come questa competizione sia destinata a diventare qualcosa di molto speciale. Era la prima edizione ed è già uno dei migliori eventi della stagione. Chiedete a chiunque nel nostro team e vi dirà che può diventare la nostra settimana preferita dell’anno”. Lo scambio di opinioni è figlio di uno spirito di gruppo creato con allenamenti, spogliatoio e tifo a bordo campo – “Più faticoso che giocare!” dice Isner – ma anche con cene fuori e tanto tempo passato insieme.
Gli statunitensi sono in fondo abituati a questa situazione da squadra di college. Sorprende invece l’agio con cui gli europei hanno gestito questo fianco a fianco, considerato che molti di loro neppure condividono la lingua madre. Il padrone di casa Tomas Berdych parla più volte dei “ricordi positivi” che avrà del weekend, mentre il suo compagno in doppio Marin Cilic dice che “è stato molto divertente passare del tempo insieme, conoscerci meglio anche con Bjorn (Borg, il capitano del Team Europe). Abbiamo imparato tutti l’uno dall’altro, e questa esperienza potrebbe renderci più forti in campo e più uniti come amici”.
Il croato è uno dei pochissimi campioni Slam in attività, ma ha capito che trovare Nadal e Federer al suo fianco era un’occasione unica per migliorarsi ancora e l’ha colta. “Imparare da Roger e Rafa, discutere con loro di tattica e atteggiamento in campo è stata una esperienza bella e utile”. Si accoda Sascha Zverev, che del contatto con i due più grandi del loro (e del suo) tempo ha apprezzato specialmente il sostegno ricevuto. In effetti, come lui stesso fa notare, quando altro mai può capitarti di avere Federer e Nadal a bordo campo, che fanno un tifo indiavolato per te? Roba da Laver Cup, impossibile da immaginare prima di ieri.
Il gruppo si è notato anche nelle conferenze stampa, corali e sempre sul filo dello scherzo. Anche nel rispondere alle ultime domande sul prossimo futuro – il tour non si è mai fermato, del resto – i due team sono sempre sembrati una compagnia di amiconi fraterni. Zverev preoccupato di non perdere il volo per la Cina, Isner che ha capito il segreto per battere Nadal (giocare prima in doppio, cosa che nel tour non accade mai), Federer che prende in giro il rivale di sempre, Kyrgios più umano che mai in mezzo ai compagni che lo consolano… La Laver Cup si è presentata come meglio non avrebbe potuto: come il giusto mix tra il tennis e quello che al tennis è sempre mancato.