In questa ultima parte di stagione a tenere banco sono più gli infortuni e i rientri dei top player che i loro risultati sul campo. Fatta eccezione per la vittoria di Nadal agli US Open, il successo della Laver Cup e Federer che anche camminando fa notizia, i big si sono fatti vedere solo sui social con foto dai letti dell’ospedale o con annunci di una imminente lontananza dal circuito.
Ma se per alcuni, come Djokovic e Murray, il recupero è sia fisico che mentale – quasi nella stessa misura – per Kei Nishikori invece è, e sempre sarà, una questione fisica. Il giapponese, da sempre fortemente condizionato da ogni tipo di infortunio, aveva alzato bandiera bianca ad agosto poco prima del torneo di Cincinnati annunciando, come altri suoi colleghi illustri, la fine anticipata della stagione per un serio infortunio al polso. Secondo quanto riferito recentemente dal suo allenatore Dante Bottini a un’emittente radiofonica argentina, “Nishi” non avrebbe grosse chance di recuperare in tempo per la tournée australiana: “Credo che sarà molto difficile vedere Kei in Australia, soprattutto perché dovrebbe giocare tre set su cinque. È una lesione molto comune; è la stessa che hanno avuto Juan Monaco, Kim Clijsters, Belinda Bencic… va trattata con estrema attenzione. Siamo stati in Belgio e ora Kei sta facendo lì la riabilitazione. Forse tra un mese potrà colpire di nuovo”.
Inizialmente Nishikori, con l’idea che sarebbe rientrato a inizio 2018, era stato proiettato fuori almeno dai top 15 (attualmente è 14). Con questa nuova rinuncia però il finalista dello US Open 2015 con ogni probabilità si ritroverebbe oltre la 25esima posizione del ranking mondiale, considerati i punti in uscita di Brisbane (150, dove perse in finale da Grigor Dimitrov) e degli Australian Open (180, fuori agli ottavi contro Federer). Seguendo il ragionamento di Bottini, è improbabile che il suo giocatore decida di rientrare nell’incontro di Coppa Davis contro l’Italia, in programma dal 2 al 4 febbraio – e se anche decidesse di giocarla non sarebbe sicuramente al 100%. Secondo molti lo rivedremo al New York Open dall’11 al 18 febbraio, nel neonato torneo che sostituirà il 250 di Memphis dopo che già l’edizione a partire dal 2015 era stata presa in gestione da un consorzio privato – con sede proprio nella grande mela – che ne aveva acquistato la proprietà dalla USTA. Quella solitamente è una settimana fortunata per il nipponico che a Memphis ha conquistato quattro titoli consecutivi tra il 2013 e il 2016; quest’anno invece aveva deciso di cambiare la sua programmazione assaggiando la terra sudamericana, conquistando anche la finale a Buenos Aires.
Di positivo in tutta questa storia di malanni e infortuni c’è che nel 2018, almeno nei primi mesi dell’anno, si potrebbero aprire degli scenari davvero interessanti con il nuovo ranking mondiale. Con Djokovic, Murray (sempre che confermi ufficialmente la fine anticipata della sua stagione) e Wawrinka fuori dalla top 10 quasi certamente avremo incroci importanti già nelle prime fasi dei grandi tornei, come successo a gennaio per Federer a Melbourne.
Un’ultima considerazione forse va fatta in merito a Nishikori. Sebbene venga considerato un giocatore sfortunato proprio per tutti i problemi fisici che ha avuto durante la sua carriera, non ci dobbiamo dimenticare della forza di volontà e d’animo che ha dimostrato, dovendo ogni volta fermarsi, curarsi e ripartire peraltro a grandi livelli. Non una cosa scontata, ecco. Il prossimo 29 dicembre compirà 28 anni e noi di certo non abbiamo la sfera di cristallo per prevedere il futuro, ma per quanto riuscirà ad andare avanti così?