L’atteso terremoto non c’è stato, per ora, ma la questione non può certo dirsi chiusa. Nessuna finale in sede neutra, nessuna riforma alla struttura dei match del World Group. Il massimo livello della Coppa Davis rimane ancorato alle fondamenta su cui è stato costruito il mito in 117 anni di storia, almeno per il momento, e i tradizionalisti possono esultare, anche se mai come in questo caso la moderazione nei festeggiamenti è necessaria. Il Board dell’ITF si è dunque pronunciato, introducendo una radicale riforma, ancorché sperimentale, che stravolge l’organizzazione dei tie dei gruppi zonali 1 e 2, mentre il Gruppo Mondiale va incontro a innovazioni di secondo piano, in attesa che l’organo di governo del tennis mondiale faccia la prossima mossa. L’intento del Board è chiaro a tutti da tempo: secondo i maggiorenti dello sport con la racchetta urge velocizzare la dinamica degli incontri, le cui tempistiche sono state non da oggi ritenute responsabili dell’allontanamento del pubblico, sempre meno propenso a sobbarcarsi cinque ore di epica lotta in un classico doppio da sabato pomeriggio. Un indirizzo discutibile, ma la strada presa sembra segnata, anche se, per il momento, i vertici hanno optato per sondare con accuratezza il terreno prima di imboccarla con decisione.
La vicenda è chiara, ma occorre fare un passo indietro per capire le dinamiche di una decisione presa a metà; una finestra sulla rivoluzione rimasta socchiusa che lascia la Davis in balia di una certa qual incertezza. In agosto, a Ho Chi Minh, nel corso dei lavori dell’Annual General Meeting, ossia l’assemblea dove i rappresentanti delle federazioni nazionali discutono le principali iniziative politiche e decidono sulle innovazioni oggetto di analisi, il 63% degli aventi diritto ha votato a favore della maxi riforma sulla Coppa Davis; una percentuale forse più alta di quanto fosse prevedibile ma insufficiente ad approvare la mozione, che necessitava dei due terzi dei voti per essere deliberata. Tutto finito? Nemmeno per sogno. Bocciata la proposta, la stessa assemblea dopo una nuova votazione ha delegato al Board dell’ITF la facoltà di stabilire le riforme utili a migliorare, e a rendere maggiormente appetibile, il cosiddetto Campionato del Mondo per Nazioni.
Una scelta piuttosto incomprensibile, verrebbe da dire, che ha recato con sé conseguenze ovvie: il voto espresso dalle Federazioni nazionali circa la bontà delle riforme ha istantaneamente perso qualsiasi peso, e in contemporanea è stato dato il permesso al “mazziere”, cioè il Board, di distribuire le carte indisturbato. Il Board medesimo per ora non ha voluto forzare la mano e ha applicato la riforma come originariamente intesa, in via sperimentale, solo ai livelli minori della manifestazione, riservando al raggruppamento mondiale innovazioni marginali. Venendo alle cose pratiche, i tie del primo turno del Group 1 (in programma venerdì 2 e sabato 3 febbraio) e del Group 2 (sabato 3 e domenica 4) si giocheranno in due giornate: in quella inaugurale andranno in scena i primi due singolari, mentre nella seconda verrà disputato il doppio, seguito, eventualmente, dai rimanenti due incontri individuali. Ma ciò che più è importante, tutte e cinque le sfide si giocheranno al meglio dei tre set.
Una rivoluzione che scuote la Davis e il tennis tutto dalle fondamenta, ma che per ora si limita a lambire il World Group, interessato da modifiche molto meno incidenti, anche se piuttosto significative e simboliche di un indirizzo generale che sembra sia ormai stato preso. Oltre a quelli già definiti ad agosto in Vietnam (possibilità per le squadre finaliste di scegliere se giocare in casa il primo turno dell’edizione successiva e impegni “pre-tie” per i convocati concentrati in un solo giorno, nel tentativo di alleggerire l’impegno nei confronti di un obbligo che sembra sempre meno tollerabile), gli “esperimenti” si limitano all’inclusione di un quinto uomo in squadra e a una rinnovata policy per quanto riguarda i famigerati dead rubber: il quinto incontro non verrà disputato se il quarto è decisivo (ad eccezione della finale, in cui la stessa regola è già vigente, fino ad oggi la norma prevedeva che l’incontro si dovesse disputare nel caso in cui il quarto fosse decisivo ma di durata inferiore ai quattro set), mentre il quarto rubber si disputerà, in caso di tie già “chiuso”, al meglio dei tre set.
Naturalmente gongolante è apparso il presidente di ITF David Haggerty, il quale non ha potuto esimersi dall’incensare il cambiamento in atto: “Siamo determinati come non mai a migliorare le condizioni della competizione per i giocatori di punta, i tifosi, le nazioni ospitanti, le tv e gli sponsor – ha dichiarato Haggerty. Il Board ha ritenuto opportuno varare una riforma molto importante e, se la sperimentazione andrà a buon fine, siamo pronti ad applicarla anche al World Group a partire dal 2019“.
Ci attendono mesi di transizione; un attraversamento del deserto figlio del compromesso. Non è difficile pensare che se a Ho Chi Minh i membri delle Federazioni fossero stati leggermente più compatti nel contrastare la riforma, non ci sarebbe stata alcuna seconda votazione utile a delegare al Board ITF qualsiasi decisione in merito. Nel frattempo possiamo solo attendere, anche se il futuro della vecchia Davis sembra segnato. Restano impossibili da prevedere gli effetti di tale indirizzo, ma non passerà molto tempo prima di poterli testare.