In attesa di conoscere i risultati del Masters 1000 di Shanghai, con Fognini che ha superato in rimonta Verdasco al primo turno e domani affronterà Pouille, l’autunno asiatico di questo 2017 resta disastroso per il nostro tennis. Dopo aver raccolto solo sconfitte la settimana scorsa tra Shenzhen e Wuhan, va appena meglio in questa a Pechino, sede di un torneo combined – ATP 500 per gli uomini e Premier Mandatory per le donne (la categoria di tornei più importanti dopo i Majors a livello femminile, alla quale appartengono anche Indian Wells, Miami e Madrid). Nell’impianto che ospitò il torneo olimpico nel 2008, arrivano per il nostro movimento un solo successo e ben tre sconfitte, numeri che portano il bilancio complessivo di queste settimane in Asia a una sola vittoria e ben sei insuccessi.
Quel che perplime maggiormente non è però questo conteggio, quanto piuttosto la sostanziale assenza del nostro settore femminile in una parte fondamentale della stagione delle donne: in queste due settimane in Cina, tra Wuhan e Pechino, si sono disputati tornei importantissimi per montepremi e punti in palio, ma tra le azzurre la sola Vinci ha risposto presente, tra l’altro solo alla prima delle due tappe. Un movimento che appena due anni fa era capace di portare, non senza – va detto – una dose di casualità, due sue tenniste in finale in uno Slam (New York 2015), ora non riesce, non solo a essere protagonista, ma nemmeno a partecipare agli eventi clou del calendario: tra infortuni di giocatrici invise alla federazione (Giorgi), squalifiche per doping (Errani), scelte legittime di campionesse nella fase terminale della carriera (Vinci e Schiavone), a Pechino non vi era nemmeno una tennista italiana. Per capire il difficilissimo momento che stiamo vivendo, si tenga presente che la nostra attuale numero 1, Camila Giorgi, col suo 75esimo posto nel ranking WTA, non sarebbe comunque entrata nel main draw del China Open, ma avrebbe dovuto iscriversi alle qualificazioni. Come se non bastasse, oltre alle giocatrici sin qui nominate, la sola Jessica Paolini avrebbe avuto la classifica per iscriversi al tabellone cadetto: un quadro emblematico di una situazione attuale davvero deficitaria.
Venendo all’approfondimento su quanto accaduto in campo questa settimana, partiamo dall’unico ad aver vinto un incontro, Fabio Fognini, il quale giocava per l’ottava volta a Pechino. Un torneo dove si è anche tolto qualche buona soddisfazione, come le semifinali nel 2015 e i quarti nel 2013 (entrambe le volte fermato da Nadal). Il ligure, reduce dalla finale di San Pietroburgo, al primo turno ha affrontato colui che curiosamente proprio nella capitale cinese era il suo compagno di doppio (si sono fermati ai quarti), il 30enne olandese Robin Haase, 42 ATP, che lo aveva sconfitto in entrambi le occasioni nelle quali si erano affrontati. Nel China Open è andata diversamente, con Fabio bravo a non perdere la quadra alla chiusura dell’interminabile ottavo game (26 punti) del primo set, nel quale si è arreso solo alla decima palla break fronteggiata, facendosi agganciare sul 4 pari, non senza essersela presa col giudice di sedia per una chiamata dubbia. Dopo aver dominato il tie-break ed essere riuscito così a portare a casa in 63 minuti il primo set, sul 2 pari del secondo Fognini ha staccato definitivamente l’avversario, chiudendo al secondo match point, dopo 1 ora e 32 minuti di partita, col punteggio di 7-6(4) 6-2 una partita nella quale ha avuto un pessimo rendimento con la seconda di servizio (ha vinto appena il 30% dei punti giocati quando non gli entrava la prima).
Al secondo turno, Fabio si è trovato di fronte la testa di serie numero 2 del torneo, Alexander Zverev, 4 ATP, in quella che era una sorta di rivincita del terzo turno degli Internazionali d’Italia di quest’anno, vinto facilmente dal 20enne tedesco. Non è andata molto meglio a Pechino, con Fabio in gara solo nella prima parte dell’incontro, nel vano tentativo di provare a centrare quella che sarebbe stata la terza vittoria stagionale contro un top 5 (dopo quelle con Murray a Roma e Nishikori a Miami). Precisamente, l’azzurro lo è stato sino al 4-4 30 pari, quando, con un dritto sparato lungo a campo aperto e un esiziale doppio fallo sulla palla break da fronteggiare, ha lasciato andar via il tedesco, vincitore del primo set col punteggio di 6-4 in 39 minuti. Nel secondo, un calo nel rendimento al servizio del ligure (sceso a servire il 46% di prime e a vincere il 29% di punti giocati con la sua seconda), ha lasciato facile strada al giovane campione tedesco, capace di brekkare due volte Fognini e di portare a casa l’accesso ai quarti con un 6-4 6-2 arrivato in appena 1 ora e 12 minuti.
Non è andata meglio a Paolo Lorenzi, alla sua seconda partecipazione al main draw del China Open dopo la nettissima sconfitta patita contro Nadal lo scorso anno (precedentemente si era iscritto nel 2013, ma si era fermato nelle quali). Reduce da due brutte sconfitte all’esordio negli ultimi tornei – in particolar modo quella rimediata a Shenzhen da Zhizhen Zhang, 495 ATP – il toscano non è riuscito a riscattarsi a Pechino, dove ha affrontato Leonardo Mayer, 54 ATP, vincitore degli ultimi due dei tre precedenti, tutti disputati sulla terra rossa. In quella che come era prevedibile si è rivelata una battaglia molto equilibrata (l’argentino al termine dell’incontro vincerà 117 punti, contro i 116 dell’italiano), Paolo ha perso il primo set al tie-break, dopo essere andato a servire per vincerlo nel decimo game. Il nostro atleta è stato bravo a non disunirsi nel secondo, annullando complessivamente tre palle break prima di sfruttare l’unico break del parziale nel dodicesimo gioco e portare la partita al terzo. Nel decisivo set il numero 2 azzurro ha scontato un unico passaggio a vuoto, nel quinto gioco: gli è costato il match, nonostante una palla break non convertita nel decimo gioco (secondo Paolo, anche per una errata chiamata del giudice di sedia, al quale al termine della partita non stringerà la mano, gesto per lui molto insolito). Il numero 54 ATP, dopo 2 ore e 58 minuti ha così ottenuto il passaggio al secondo turno, archiviato col punteggio di 7-6(6) 5-7 6-4 in 2 ore e 58 minuti.
Vi era anche un terzo italiano a Pechino, Alessandro Giannessi (130 ATP), iscrittosi al tabellone cadetto: una scelta coraggiosa che non ha però pagato, con il mancino di La Spezia fermato al primo turno dal 27enne serbo Dusan Lajovic, 78 ATP, vincitore in 1 ora e 42 minuti con lo score di 3-6 6-3 6-3. Continua dunque la spirale negativa per il semifinalista di Umago a luglio: dopo quel bel risultato, il migliore sin qui a livello ATP raggiunto in carriera, Alessandro ha ottenuto appena una vittoria (contro Julian Ocleppo, 667 ATP, nel Challenger di Genova) nelle otto successive competizioni alle quali ha preso parte, perdendo ben cinque volte da tennisti non compresi nella top 100.