Gruppo Bianco (1a giornata)
WTA Finals: gemella batte sorella, dominio Pliskova
[2] G. Muguruza b. [7] J. Ostapenko 6-3 6-4
Giovane, rampante, vincitrice slam e depositaria di enorme talento, a Ostapenko non è stata necessariamente data in sorte una poker face. Le buffe espressioni che l’hanno resa famosa dicono tutto di lei, e quelle messe in mostra oggi nella prima sfida della sua vita alle Finals raccontavano di una giocatrice incapace di spiegarsi i motivi alla base di cotanti disastri prodotti. Muguruza, apparentemente tornata in salute dopo la preoccupante forma esibita a Pechino, oggi recitante il ruolo di attrice non protagonista, non ha dovuto dannarsi l’anima per vincere una partita che le ha riservato qualche problema solo al momento di chiudere la contesa, e agganciare Karolina Pliskova in testa al cosiddetto raggruppamento bianco.
Presto in affanno con la malcerta seconda di servizio, su cui Muguruza si è sovente avventata facendo due passi dentro al campo, la ventenne di Riga ha subìto due break nei primi due giri in battuta facendosi in entrambe le occasioni rimontare da 30-0, e nonostante il contro break acciuffato nel terzo game non ha potuto esimersi dal convocare al proprio capezzale un allarmato Andis Juska, suo accompagnatore nella trasferta a Singapore, quando si è ritrovata sotto per quattro a uno dopo diciotto minuti trapunti di gravi strafalcioni. Il colloquio si è rivelato in effetti fruttuoso, e Ostapenko, riportatasi a tiro in seguito al vittorioso turno in risposta nel settimo game, il più vibrante dell’intero incontro, esibendo il notorio dritto di graffiana memoria, è sembrata poter riportare in equilibrio il parziale, ma un altro disastroso passaggio al servizio subito dopo le è di fatto costato il primo set.
Sulla campionessa dell’ultimo Roland Garros è a quel punto scesa la notte. Definitivamente abbandonata dal rovescio e in generale mutilata da un discreto numero di errori non forzati – a fine incontro se ne conteranno 25 – Alyona è finita sotto per cinque a uno, sballottata da un’avversaria ora poco incline, e ancor meno interessata, a dar sfogo ai classici schemi aggressivi della ditta, essendo gli abbondanti regali altrui più che sufficienti a garantirle i punti necessari a condurre in porto l’impegno. Non provvista di cuore leonino, Garbine si è però incartata al momento di chiudere i conti. Trovatasi a servire per il match nell’ottavo gioco, la tennista nata a Caracas ha perso la battuta rimontata dal 30-15, e nel decimo, di fronte a una lettone ormai priva di freni inibitori, si è dovuta affidare a Santa prima di servizio per venir fuori dal pantano dei pericolosi vantaggi in cui era finita dopo aver gettato alle ortiche i primi due match point.
Per Jelena, spesso notata in plastica ed eloquente posa, con tanto di braccia allargate, espressione interrogativa e racchetta al suolo, queste Finals non saranno presumibilmente un unicum alla fine della carriera. Ma se l’andazzo è quello visto nella giornata dell’esordio assoluto, la prima esperienza tra le maestre rischia di durare meno del previsto.
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