Dal nostro inviato a Basilea
[1] R. Federer b. [4] J.M. del Potro 6-7(5) 6-4 6-3
Simply the best, come dice Tina Turner nella prevedibile colonna sonora della premiazione, affidata alle mani dell’ex ciclista svizzero Fabian Cancellara (due volte olimpionico nella crono): Roger Federer torna sul trono della sua Basilea per l’ottava volta, battendo in tre set e due ore e mezza di partita Juan Martin del Potro. L’argentino rimane l’unico tennista ad aver battuto Federer qui negli ultimi sette anni, avendolo superato in finale nel 2012 e 2013 (cinque le finali totale perse da Federer a Basilea). Federer ottiene il novantacinquesimo trofeo della sua carriera, scavalcando Lendl al secondo posto nella classifica dei più vincenti, guidata da Jimmy Connors con 109.
In una St. JakhobsHalle degna di un tie di Coppa Davis (“Ma sempre rispettoso” come dirà del Potro), l’incontro si era messo in salita per Roger, costretto a cedere il primo set pur avendo tentato l’allungo più volte: in due occasioni va avanti di un break (1-0 e 5-4), poi addirittura 3-0 nel tie-break, ma del Potro si affida alla tigna e al dritto per fare corsa di testa. Lo svizzero si intestardisce sulla diagonale sinistra, pur prendendo costantemente il sopravvento quando stimola il rovescio dell’avversario, ancora non in condizioni adatte ad essere considerato un’arma: il risultato è un braccio di ferro non entusiasmante, che Federer perde più spesso per via della fretta di accelerare. DelPo veniva dalla semifinale con Cilic nella quale aveva accusato qualche problema fisico, che Roger aveva tenuto a sminuire in conferenza stampa: “Ne ho abbastanza di queste cose, già a Shanghai non era al meglio eppure giocò una grandissima partita”. Dopo la finale, lo stesso Palito specificherà che il suo fisico era in buona forma e non era stato un fattore condizionante.
Federer si raddrizza nel secondo set, bravissimo a non crollare psicologicamente dopo una palla break sprecata con una orrenda volèe di rovescio sparata in corridoio, nel quarto game: nel gioco successivo si salva a sua volta nonostante un dritto elementare lungo di metri, per il quale si appoggia sconsolato alla rete. Poi la definitiva impennata, con il dritto che si conferma colpo chiave e con il quale impallina di passanti un del Potro volenteroso ma a disagio quando chiamato a rete dalla traiettorie lavorate dello svizzero. Importante il parziale che dal 4-4 nel secondo lo manda 4-1 nel terzo, pur subendo il break in avvio. Anche una ritrovata condizione con il servizio, che invece in avvio era stato ballerino alquanto (addirittura 35% di prime in campo sul finire di primo set). Il resto è burocrazia, del Potro si limita a tenere i propri turni di battuta, incapace però di scalfire quelli di Federer, ormai sulle ali dell’entusiasmo. L’ultimo servizio vincente fa esplodere l’Arena, prima che del Potro resti seduto con il capo tra le mani per cinque minuti buoni: è il settimo titolo di Roger quest’anno, su undici disputati. Halle (9) e Wimbledon (8) gli altri tornei che ha vinto almeno otto volte: ora è indietro di 1460 punti rispetto a Nadal, ed è ancora in dubbio la sua presenza a Bercy, ma di certo sarà il favorito alle Finals di Londra.