Le eliminate del gruppo bianco: Jelena Ostapenko
Non è facile esordire in una manifestazione come il Masters a 20 anni appena compiuti senza farsi schiacciare dal contesto e dalla personalità di avversarie più esperte e navigate. Nel 2014 a Singapore un’altra ventenne, Eugenie Bouchard, nelle sue tre uscite aveva raccolto pochissimi game, eppure in quella stagione era stata capace di arrivare in finale a Wimbledon e di raggiungere altre due semifinali Slam (Australia e Roland Garros).
Ostapenko ha forse pagato lo scotto dell’ambientamento perdendo contro Muguruza, ma poi ha alzato la qualità del suo tennis contro Venus. Anche Williams aveva perso il primo match e in un confronto da “dentro o fuori”, che vedeva di fronte la più giovane del torneo contro la più anziana (17 anni di differenza), sono stati pochi punti a fare la differenza. Ha sorpreso che dopo oltre tre ore di lotta Venus sia riuscita a essere più incisiva, malgrado l’età avrebbe fatto ipotizzare il contrario, ma questi sono gli exploit riservati alle campionesse dalle infinite risorse come Williams.
Per quanto riguarda Ostapenko questa sconfitta ha nuovamente fatto emergere il suo principale punto debole: la poca efficacia del servizio. Intendiamoci, in questo momento Jelena non possiede ancora un repertorio del tutto completo, e sono diversi gli aspetti migliorabili (nei colpi di volo, in quelli in avanzamento e anche in quelli difensivi ha ampi margini di crescita) ma, per come è costruito il suo tennis, il deficit al servizio rimane il più grave. A Singapore ha sofferto a causa di una prima che le ha procurato pochi punti facili ma soprattutto per una seconda troppo attaccabile, con la pericolosa tendenza al doppio fallo. Contro Venus Jelena ha commesso 13 doppi falli, di cui 8 nel terzo set. E si trattava di seconde sbagliate non perché spinte e rischiate (un tipo di errore più accettabile), ma proprio per deficit esecutivi.
In vista della prossima stagione questo è uno dei problemi che dovrà provare a superare. Nel 2018 si capirà anche quanto abbia contato la collaborazione con AMG (Anabel Medina Garrigues), che ha smesso di farle da coach per diventare la capitana di Fed Cup della Spagna.
La crescita di Ostapenko nel 2017 è stata fisiologica e sarebbe avvenuta comunque, oppure la vicinanza con l’allenatrice spagnola è stata fondamentale? La Ostapenko “versione AMG” aveva qualcosa in più (come accade alle automobili Mercedes), oppure anche con nuovi tecnici saprà ottenere grandi risultati?
Non è semplice rispondere. Sulla carta il 2018 non si preannuncia facile: la storia di tante giocatrici ci dice che l’anno successivo a quello della grande affermazione è probabilmente il più difficile della carriera (l’ho definito come la “sindrome del sophomore”), e in tanti l’aspetteranno al varco per verificare se saprà riconfermarsi.
Garbiñe Muguruza
Per Muguruza un convincente match di esordio (6-2, 6-3 a Ostapenko) e poi due sconfitte contro Pliskova e Williams, che l’hanno tagliata fuori delle semifinali. Eppure secondo i bookmaker era la favorita della vigilia.
La mia sensazione è che sia arrivata a Singapore con le pile semi-scariche, e per una giocatrice con le sue caratteristiche questo è esiziale. Personalmente mi sono fatto questa idea: Muguruza è una giocatrice forte e potente, ma non altrettanto fluida. Non esprime un tennis così facile e spontaneo che le permetta di ovviare alla stanchezza fisica e mentale con la qualità del “braccio”. Non può cioè giocare a cuor leggero: per praticare con efficacia il tennis di pressione che la caratterizza, deve mettere la massima attenzione. Sempre.
Per lei non esistono colpi interlocutori che la aiutino a recuperare mentalmente. Per non sbagliare troppo deve avere, specie dalla parte del dritto, il più totale e costante controllo del corpo. Questo significa “pensare” con grande attenzione a ogni fase dell’esecuzione del colpo: dall’avvicinamento alla palla via via sino alla chiusura dello swing. Quindi ha bisogno di freschezza atletica, ma ancora di più di grande lucidità mentale: capacità di non perdere la concentrazione, applicandosi al 100% su ogni palla.
A lungo andare questa situazione può diventare snervante, e forse è per questo che in alcune giornate Garbiñe dà quasi l’impressione di andare incontro a crisi di rigetto verso il tennis. Sono le giornate in cui è troppo lo sforzo, soprattutto di concentrazione, che le occorre per giocare bene.
Penso che per il 2018 sia questa la sfida più grande: o riuscire a giocare in modo più “facile” o trovare il modo di aumentare le proprie capacità mentali in modo da avere risorse sufficienti per esprimersi più spesso ad alti livelli.
a pagina 3: le eliminate del gruppo rosso Simona Halep ed Elina Svitolina