Le eliminate del gruppo rosso: Simona Halep
Tra le giocatrici sconfitte a Singapore, Simona Halep è forse quella che può essere meno delusa: è vero che non è andata oltre al girone, ma si consola con il numero uno del mondo a fine stagione. In anni recenti non era mai accaduto che fossero sufficienti 6175 punti per chiudere al comando della classifica WTA, ma non vedo come la si possa criticare per questo: non è certo colpa sua se le avversarie hanno fatto peggio di lei. Simona nelle ultime stagioni è stata estremamente costante a livelli medio-alti, e i punti che ha raccolto alla fine di ogni annata lo confermano: 6292 nel 2014 (terzo posto), 6060 nel 2015 (secondo posto), 5228 nel 2016 (quarto posto), e infine i 6175 del 2017 (primo posto).
Certo nelle ultime stagioni Serena Williams aveva tolto ogni dubbio su chi meritasse il primato, e quando nel 2016 al vertice era salita Angelique Kerber lo aveva fatto grazie a due vittorie Slam (Australia e USA) più una finale a Wimbledon (e una alle Olimpiadi, anche se non dava punti): un curriculum che ugualmente non lasciava spazio a serie discussioni. Per quanto riguarda Simona Halep, nel 2017 come migliori risultati ha la finale del Roland Garros e la vittoria a Madrid. Ora credo stia a lei prendere le critiche e le perplessità nei confronti del suo primato nel modo giusto, come un punto di partenza per cercare di fare ancora meglio.
A Singapore nelle interviste ha dichiarato di soffrire la lentezza del campo e credo che insieme a Svitolina fosse effettivamente quella con il fisico meno adatto a far viaggiare con facilità la palla. Come dicevo all’inizio, con le condizioni di gioco del Masters per essere più propositive senza disporre di grande potenza si doveva per forza cercare posizioni in campo molto avanzate; altrimenti si doveva accettare di praticare un tennis più conservativo, che per Halep significava fare leva sulle sue grandi doti difensive. Premesso tutto questo, quella che però suona come un atto di accusa sulle sue possibilità è stata la sconfitta contro Elina Svitolina: un’avversaria non più potente di lei, e che ha affrontato quando era ormai eliminata; invece Simona ha mostrato quanto ancora fatichi a giocare al meglio i match decisivi, e ancora di più quando parte da favorita.
Elina Svitolina
Per la prima volta al Masters, Svitolina ha avuto un esordio choc: ha raccolto appena due game contro Caroline Wozniacki. Per lei la partita decisiva è stata la seconda, persa contro Garcia per 7-5 al terzo dopo avere servito per il match sul 5-3. Una partita molto simile per andamento a quella di Pechino, in cui contro la stessa avversaria aveva sfiorato il successo e poi era stata battuta in volata. Già a Pechino si era giocata la possibilità di diventare numero uno del mondo, e anche a Singapore la sconfitta le è stata fatale per lo stesso obiettivo.
Per quanto riguarda il ranking Elina è stata quella che ha avuto la peggio durante le Finals: ha iniziato il torneo come quarta, con la possibilità di chiudere persino prima, e invece oggi si ritrova sesta.
Magari sbaglio, ma direi che di tutte le giocatrici presenti al Masters forse Svitolina era quella che aveva meno potenza naturale, e che quindi poteva soffrire di più nelle fasi in cui voleva provare a spingere e proporre un tennis di attacco. In compenso il campo lento ha esaltato le sue doti difensive: una situazione che ha finito per far emergere la “vecchia” Svitolina, quella meno aggressiva di qualche stagione fa.
La sua parabola a Singapore ha avuto il punto più basso dopo la sconfitta nel secondo match, ma poi si è ritrovata vincendo il terzo incontro nel quale, pur essendo già eliminata, ha tolto ogni speranza di qualificazione a Simona Halep.
Nelle interviste è stata quella più diretta, senza giri di parole. Dopo le prime due sconfitte ha espresso tutto il disappunto per non essere stata all’altezza delle aspettative che aveva verso se stessa; lo ha detto quasi brutalmente, e non si è fatta sconti. Ma poi, già poche ore dopo, ha ritrovato le motivazioni: sconfiggendo Simona Halep ha dimostrato che non è certo il tipo che rinuncia facilmente alla vittoria, al denaro, e ai punti che una partita del Masters mette in palio. Malgrado l’eliminazione, penso abbia mostrato la mentalità che ogni coach si augura dovrebbe avere una giocatrice con cui collaborare: un mix di ambizione, realismo, voglia di lottare e volontà costante di miglioramento.
a pagina 4: le semifinaliste Karolina Pliskova e Caroline Garcia