ATP NextGen Finals, la guida completa
“Chi non è stato anarchico a vent’anni?”, si sente dire spesso. Eppure Karen Khachanov, il moscovita che scalando le classifiche con passo lento ma costante si è guadagnato il diritto di disputare le Next Gen ATP Finals, sembra smentire questo assunto. Nulla nel suo modo di essere, persino nella sua rassicurante fisicità, rimanda a quell’insofferenza, instabilità, e sregolatezza giovanili che inevitabilmente limitano l’efficienza, ma anche i guizzi della creatività. Al contrario, il russo si presenta come una quercia di 198 centimetri, che offrirà sempre ombra e riparo, anche nelle bollenti giornate estive in cui il sole sembra sciogliere l’asfalto. Il diagramma della sua curva di crescita assomiglia a quello di un’obbligazione. I derivati, quelli che possono farti nuotare nell’oro ma anche ingurgitarti i risparmi di una vita in un gorgo infido, sono altrove. La Grande Madre Russia ne conta almeno due, fra i colleghi Next Gen. L’intemperante Rublev, con la sua nervosa quanto ragguardevole velocità di braccio. E l’imprevedibile Bublik, altro spilungone che ama dare spettacolo davanti alla telecamera così come in campo con i suoi originali chop di dritto.
Karen non è certo il tipo per cui fare un titolo a nove colonne. Però, a 21 anni è già stato nei primi 30 del mondo (ora è numero 44), ha vinto un torneo ATP 250, lo scorso anno a Chengdu e raggiunto gli ottavi di finale al Roland Garros nel 2017. Consapevole che i tweener portano più clic che punti, Khachanov si affida a rassicuranti schemi servizio-dritto. Bot anziché azioni fluttuanti. Questo deve aver appreso anche dal padre, ex pallavolista di valore. Lo schema, ripetuto mille volte in allenamento, fa la differenza. Crea quegli automatismi che consentono di tirare il colpo giusto sulla palla break.
La necessità di trovare un clima più amico di uno sport da giocare prevalentemente all’aperto, spinge il giovane Karen a lasciare Mosca per la Croazia. Dove viene allevato dall’ex allenatore di Goran Ivanisevic. Sono gli anni della formazione, la fase della delicata transizione dal circuito junior a quello maggiore. Diventato professionista nel 2013, Khachanov coglie la prima perla con un tempismo e un senso del teatro degni di un mattatore. Nella sua Mosca, raggiunge i quarti, sorprendendo Ramos-Vinolas e Tipsarevic prima di cedere a Karlovic. Vittorie che scatenano l’entusiasmo dei connazionali, tanto da spingere Kafelnikov ad affermare che la giovane speranza sarebbe entrata nei top 20 entro il 2015. Nascono anche paragoni con Marat Safin, fuoriclasse capace di piegare la resistenza del miglior Federer. Assieme a del Potro, il grande moscovita (anche lui) è l’idolo di Karen. Che però è molto diverso dal bicampione Slam, soprattutto nella capacità di bilanciare attività agonistica e vita privata. Uno, Marat, tombeur de femmes, l’altro già sposato a 20 anni. Altro indizio che la cifra stilistica di Karen è la ricerca della stabilità.
All’exploit inatteso, prevedibilmente, segue un lungo periodo di alti e bassi, durante il quale il tennista russo riesce comunque a migliorare costantemente la sua classifica. D’altronde, Khachanov non è tipo che molla, se è vero che la sua etica lavorativa ha impressionato persino Rafael Nadal. Il 2016 segna un’altra tappa importante lungo il suo percorso di crescita. Si affida alle cure di Galo Blanco, che ha già seguito Milos Raonic. Qualche mese e il sodalizio paga i suoi dividendi, con il primo trofeo sollevato a Chengdu. A fine anno è a ridosso dei primi 50. E il 2017 non fa che confermare lo status ormai raggiunto dal russo. Che mostra una certa versatilità. Infatti, se il bilancio su terra battuta è piuttosto buono, con i quarti a Barcellona, Lione e Amburgo, ma soprattutto gli ottavi al Roland Garros, sull’erba si è difeso alla grande. Semifinale ad Halle e terzo turno a Wimbledon, fermato dall’attuale numero uno del mondo Nadal.
Curiosamente, è sull’amato cemento che manca l’acuto. Finora. Sul greenset delle Next Gen ATP Finals arriva infatti da secondo favorito, stando alla Race to Milan (se si esclude Sascha Zverev, ormai cooptato dai grandi che sfiderà nelle Finals a loro dedicate). Nuove regole e avversari permettendo, a Milano avrà l’opportunità di rimettere in sesto il bilancio sul veloce del suo 2017. E pazienza se non ci sono (ancora?) in palio dei punti; non cambia molto per uno come Khachanov, abituato a vedere le cose in prospettiva. Magari non sarà ora, ma se tutto andrà come nei suoi piani, sa che un pezzo del futuro del tennis è lì ad attenderlo.