[16] J. Sock b. [Q] F. Krajinovic 5-7 6-4 6-1 (da Parigi, Luca Baldissera)
Dopo la spettacolare presentazione dei giocatori, che fa rimbombare di musica il palazzetto dello sport di Bercy, in un tripudio di sofisticati giochi di luci e laser, è il momento del tennis: Filip Krajinovic e Jack Sock si giocano la parita di gran lunga più importante della carriera. Il ragazzo serbo di Sombor e il ragazzo americano del Nebraska sono emozionati, non potrebbe essere altrimenti, ma iniziano da subito a macinare con il servizio e i loro colpi migliori, il dritto in topspin per Jack e il bel rovescio “scuola Djokovic” per Filip.
Si percepisce tra il pubblico una lieve preferenza per Krajinovic, evidentemente considerato l'”underdog” da sostenere per assistere a un match il più equilibrato possibile. Ed è proprio lui ad avere la prima grande occasione, con due palle break nel sesto game, la prima annullata dal serve&volley di Sock, la seconda trasformata grazie al doppio fallo, gravissimo, dello statunitense. Nonostante la differenza di esperienza a questi livelli, pare Filip quello più tranquillo dal punto di vista emotivo. Ma è solo un’impressione, perchè nel turno di servizio successivo, non appena si rende conto di essere in vantaggio, è Krajinovic a tremare, e a restituire il break con un doppio fallo e un drittaccio sparato largo. Si procede in equilibrio (più autoritario Jack alla battuta però) fino al 6-5 per Filip, quando nel momento di servire per arrivare al tie-break, Sock incappa in un paio di brutti errori, affronta set-point, e un suo dritto che si stampa sul nastro consegna a Krajinovic il primo parziale, 7-5. Come sempre, l’esultanza in campo di Filip è molto più misurata e composta di quella in tribuna del sanguigno coach Petar Popovic.
Ma l’inizio del secondo set è durissimo per Krajinovic: un gratuito di dritto gli costa il break in apertura, poi ancora diverse incertezze, punite dai gran dritti di Jack, lo mandano decisamente nei guai, con un secondo break subito, siamo 4-1 e servizio per Sock. Reagisce Filip di rabbia e recupera un break, dalla tribuna stampa la mia mediocre conoscenza del serbo mi consente comunque di capire cosa grida a se stesso: “muoviti prima, stai facendo tutto tu!“, e devo dire che mi trova d’accordo, il suo calo di intensità è stato evidente. Nonostante gli sforzi di Krajinovic per recuperare, Jack non si distrae più, e chiude 6-4. Il match è intenso ed equilibrato, tecnicamente apprezzabile, per come è andato il torneo finora direi che ci si può accontentare.
E i momenti spettacolari non mancano: come il grandissimo passante lungolinea in allungo, di dritto, con presa della racchetta cambiata all’ultimo, che manda Sock in vantaggio di un break al terzo game. Poco dopo, Filip finisce in una “buca” identica a quella da cui non era riuscito a uscire nel set precedente: è bravo e coraggioso nell’annullare una palla del 4-1 e doppio break, ma un altro grandissimo passante di Jack, in cross con il rovescio, decreta il 4-1. Potrebbe essere lo strappo decisivo per lo statunitense, e se lo è ben meritato con almeno 4-5 vincenti da applausi. Da parte sua Krajinovic il rovescio lo spinge davvero bene, ma si sono viste poche variazioni incisive con lo slice, dare ritmo a un tipo come Sock non è mai una buona idea. La stagione dei “1000” si chiude poco dopo, con l’errore in lunghezza di un Filip ormai spento a livello di energie mentali, terzo break e 6-1. Jack si sdraia a terra festeggiando il primo titolo masters 1000, l’ingresso in top-10 e la qualificazione per le Finals di Londra.
Gran torneo di Krajinovic, solo applausi per lui, tutto il merito tecnico e sportivo possibile per Sock, che si è guadagnato il trionfo finale con grinta, potenza, e soprattutto tanta simpatia. Era da Miami 2010 (Andy Roddick, anche lui del Nebraska, che razza di combinazione) che uno statunitense non vinceva un “1000”, erano 107 le vittorie consecutive di giocatori europei in tornei da questo livello in su (qundi anche Slam e Finals), per il tennis a stelle e strisce era decisamente ora di alzare un trofeo importante.
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