ATP NextGen Finals, la guida completa
“Alle Finals ci andrà Berrettini”, dicevano. Sì, quando solo poche settimane fa alla presentazione del torneo di qualificazione si tentava in tutti i modi di non far sembrare scontata la qualificazione del di gran lunga miglior giovane italiano del momento, in pochi ci credevano. Troppo forte, troppa esperienza e qualità superiore quella del tennista di Roma perché si potesse seriamente pensare che qualche altro giovincello italiano potesse soffiargli la wild-card per il torneo di Milano. Poi, il fattaccio. Berrettini esce subito di scena al primo turno, contro Filippo Baldi, e neanche di poco: tre set a zero 4-3(5) 4-1 4-3(3). E quindi? Poco male, ci pensa Quinzi. Il tennista nato a Cittadella gioca infatti un torneo molto solido e in finale batte in rimonta lo stesso Baldi 3-4(5) 3-4(6) 4-2 4-2 4-2. La wild-card è sua!
Eppure Quinzi non si può dire meritasse a pieno titolo questa opportunità, almeno visti i puri e semplici risultati fin qui ottenuti nel 2017: tanta fatica nei Challenger, un successo carico di fiducia a Marrakech su Paul-Henri Mathieu (la prima vittoria in un torneo ATP) e un best ranking di n. 227. Pochino, visto e considerato al contrario il bagaglio di Matteo Berrettini. Se pensiamo che questa è forse la stagione più positiva ad oggi del tennista marchigiano, non si può che salutare con una certa diffidenza questa qualificazione, che lo porta a giocare contro i migliori under-21 del mondo. Una situazione ben diversa, visto che alla Fiera di Rho saranno presenti giocatori che la loro esperienza a livello ATP l’hanno già fatta e qualche Top-10 ha pure dei brutti ricordi.
Sulla carriera di Quinzi si è scritto e discusso tantissimo, sui suoi innumerevoli cambi di coach, sulla sua incapacità di gestire la crescita fisica e morale, sui suoi dubbi a voler seriamente intraprendere la carriera professionistica. Vittoria del Trofeo Bonfiglio nel 2012, vittoria della Davis Cup 2012 con Flippo Baldi, n.1 del ranking Junior. Secondo i professionisti del settore, Quinzi era il giocatore su cui l’Italia avrebbe dovuto puntare per poter avere un tennista da sicura Top-10, magari addirittura un vincitore Slam. Per tanti anni insomma, aggiungiamoci pure quella maledetta (?) vittoria a Wimbledon junior nel 2013, Quinzi ha dovuto vivere con lo sguardo di tutti addosso, lui che era la luce in fondo al tunnel del tennis azzurro, il futuro campione che l’Italia aspetta dai tempi di Panatta. Una pressione che in pratica gli ha impedito di vivere con serenità il suo percorso di crescita, passando non a gloriosi risultati nel circuito ATP, ma a pessime collaborazioni con coach di livello internazionale poi sfociate in divorzi poco sereni, e a pessimi risultati in campo con una tecnica che a poco a poco sembrava involvere sempre di più.
La luce in fondo al tunnel (il suo questa volta) sembra vederla finalmente alla fine del 2016, quando una fortunata trasferta norvegese lo fa arrivare in finale in due Futures consecutivi, vincendone uno contro Casper Ruud. Non è molto, ma abbastanza per poter provare a ripartire in un si spera più fiducioso 2017. Non è così perché i risultati latitano ancora, ma almeno la fiducia sembra crescere e con essa anche qualche fondamentale miglioramento tecnico che non si vedeva da un po di tempo. Il servizio comincia a fare veramente male e il dritto non è più un colpo di contenimento, ma sul quale poter fare affidamento almeno nel palleggio, oltre a migliorare il già ottimo rovescio. La nuova collaborazione dell’aprile di quest’anno con Fabio Gorietti alla Tennis School di Foligno sembra finalmente dargli i risultati sperati, con tanti buoni successi, ma soprattutto tante migliorie tecniche che sembravano il vero tallone d’Achille di questo giocatore. A livello Challenger Gianluigi sembra fare ancora fatica, ma quantomeno adesso le sconfitte sono figlie di una crescita e non di una involuzione.
La qualificazione alle Finals della NextGen non può che far piacere in tal senso. Se da un lato è vero che il suo tennis ancora non può essere paragonato a quello dei suoi coetanei, è pur vero che frequentare anche solo per qualche giorno gli stessi ragazzi con cui giocava e vinceva fino al 2013, tra cui Chung proprio in finale a Wimbledon, potrà essere lo stimolo definitivo per dare una nuova svolta alla sua carriera. Una ventata di aria fresca quantomai necessaria per poter puntare a giocare allo stesso livello dei vari Chung e co., per poter in qualche modo anche fare quelle esperienze che avvicinano un giocatore ai livelli desiderati, conoscere giocatori e far crescere dentro di sé la voglia di dire “sono come loro, anzi forse meglio“.
Sognando Milano