Distratti dall’evoluzione di Grigor Dimitrov abbiamo quasi dimenticato che il suo 2017 – opulento nell’ostentare il primo titolo Masters 1000, la vittoria delle Finals e l’ingresso in top 5 – ha evidenziato la bontà della scelta di assoldare Daniel Vallverdu, ex coach di Murray e Berdych. L’allenatore venezuelano ha cominciato a collaborare con Dimitrov nell’estate del 2016 dopo aver incrociato per un brevissimo tratto la strada di del Potro. In quel momento il bulgaro galleggiava attorno alla 40esima posizione, la peggior classifica da inizio 2013, ed era reduce dal disastroso rendimento del bimestre maggio-giugno: cinque sconfitte al primo turno e due sole vittorie a Wimbledon, una delle quali contro il modesto Fratangelo. Quasi da paradigma calcistico (si cambia allenatore e i risultati immediatamente ne beneficiano), Vallverdu compare per la prima volta al fianco di Dimitrov a Toronto e il bulgaro si destreggia già meglio, perdendo agli ottavi contro il finalista Nishikori. L’asticella sale ancora a Cincinnati (sconfitta in semifinale contro Cilic, ma con lo scalpo di Wawrinka) e a Pechino (dove Murray lo batte in finale). Finisce il 2016 e Dimitrov, d’incanto, sembra poter rinascere. C’è il ritorno in top 20 e soprattutto c’è Daniel Vallverdu in panchina.
UN RAPPORTO SPECIALE
I fatti dicono che il venezuelano ha portato Dimitrov dalla quarantesima alla terza posizione in soli 16 mesi. Con tutti le circostanze favorevoli che è possibile rintracciare, certo. Il circuito depauperato dall’uscita di scena dei soliti noti, il duopolio Federer-Nadal che ha irretito il resto della concorrenza, i tabelloni che si sono fatti più sormontabili. Il resto però ce l’ha messo Dimitrov, e di quel resto sembra che tanto sia ascrivibile all’impronta di Vallverdu. “C’è un ottimo rapporto tra noi, vediamo il tennis nello stesso modo – ha confermato il coach – e abbiamo un bel legame“. Perché tutto nasce dalla capacità di un allenatore di farsi ascoltare dal suo allievo, e senza un rapporto che sappia a volte esulare dal mero universo tennistico è difficile realizzare quello che Dani e Grisha hanno realizzato. Trasformare potenzialità in risultati, opportunità in vittorie. “In un anno e mezzo è stato sempre ricettivo come il giorno in cui abbiamo cominciato. Si è aperto con me, ha condiviso il suo punto di vista, le sue ambizioni, le sue motivazioni. Per me è stato importante fargli capire perché facciamo le cose in un certo modo, perché siamo fuori ad allenarci otto ore al giorno. Ci siamo concentrati fortemente sugli obiettivi a breve termine e sulla revisione delle sue prestazioni dopo i tornei“. Il ‘day by day’ fatto per bene ha costruito poi i presupposti per gli obiettivi a lungo termine, tra cui figurava la partecipazione alle Finals di Londra. Grigor poi ha voluto esagerare, vincendole da esordiente.
FASE 1: L’IMPORTANZA DELLA ROUTINE
Come ci si arriva? C’è una strada, ma non è di quelle agevoli. “Il tennis è uno stile di vita. La persona che sei fuori dal campo dev’essere la stessa che affronta i momenti cruciali di una partita. Il giocatore in vantaggio 6-3 2-0 potrebbe reagire in modo diverso sul 5-5 40-40. Quel giocatore, ad esempio, potrebbe essere intimidito. Il giocatore che affronta le difficoltà nel modo giusto è una persona che ha l’abitudine di farlo, che ha quella mentalità, quella routine tale da sentirsi a proprio agio anche sotto pressione. È il tempo che si dedica a questi aspetti fuori dal campo a fare la differenza nei momenti topici“. Queste parole di Vallverdu comunicano un messaggio inequivocabile. Non si può scindere il tennis dal resto, e quello che fai fuori dal campo influenza anche il modo in cui reagisci nei momenti di difficoltà sul campo.
“Riguardo al team di Grigor, abbiamo fatto uno sforzo per ridurre al minimo le persone al suo fianco. Vogliamo mantenere l’attenzione su quello che è importante evitando tutte le distrazioni. Ovviamente ci divertiamo fuori dal campo, come una vera squadra. Ma cerchiamo di creare un’atmosfera positiva attorno a Grigor, prendendo le distanze da tutto ciò che potrebbe distogliere la sua attenzione. Per giocare bene, non puoi lasciare che la tua testa vaghi altrove“. Fase 1, dunque: abituarsi alla pressione, modellando a tale scopo la routine.
FASE 2: ‘WINNING UGLY’, QUANDO SERVE
Molto spesso l’abilità del campione è quella di svestire una difficoltà, ammansirla, portarla in un territorio amico che è in grado di renderla innocua. Nella finale di Londra è stato Goffin ad attaccare dall’inizio alla fine, conscio di doverlo fare per supplire al deficit di “arsenale”. Il belga ha giocato meglio, nell’accezione più completa del termine, ma alla fine ha vinto Dimitrov. Perché è stato più forte. “Dimitrov ha lottato con i nervi, soprattutto in finale, e ha trovato il modo di vincere. Quando Grigor è nella sua ‘zona’ gioca a un livello molto alto, ma abbiamo lavorato per permettergli di competere anche nelle giornate in cui non è al meglio. In finale diventa anche una questione di attitudine, e Grigor ha risposto presente“. Fase 2: imparare a ‘vincere sporco’, anche quando non si è al meglio.
FASE 3: RIMANERE IN ALTO, RICORDANDO NADAL
“I buoni risultati aiutano a rimanere concentrati sul proprio gioco“. Una frase tanto banale quanto dirimente. Perché se come dice Vallverdu ‘Grigor è sempre stato un grande giocatore, ma c’è molto di più che giocare bene nei tornei’ allora c’è un tassello che il bulgaro dovrà ancora curarsi di sistemare al meglio. Salire è difficile, rimanere in sella lo è persino di più. E lo sarà ulteriormente con il ritorno degli assenti che hanno aiutato Dimitrov a scalare la classifica. “Continuare la crescita per competere ad alti livelli, e contemporaneamente consolidare la nuova posizione in classifica, richiederà un duro lavoro. La concorrenza nel 2018 sarà più agguerrita, molti top player torneranno dai rispettivi infortuni. Per fortuna l’appagamento non sarà un problema per Grigor. A vincere, ci ha preso gusto. Sarà il duro allenamento e la voglia di raccoglierne i frutti a mantenerlo affamato”.
Vallverdu però è tanto uomo di vittorie – anche prestigiose, con Murray ha portato a casa due Slam – quanto uomo in grado di riconoscere il valore (e il potere) delle sconfitte. I cinque set che hanno condannato Dimitrov a Melbourne contro Nadal, ad esempio. “Una sconfitta come quella può fare molto male. Anche a Grigor fa ancora male. Era così vicino a raggiungere la prima finale in uno Slam e ovviamente è stato difficile da accettare. Stava giocando un grande tennis. Ma abbiamo trasformato la sconfitta in un evento positivo che ci ha aiutato ad affrontare le grandi partite nel resto della stagione. A Londra Grigor ha cominciato il torneo con una grande pressione sulle spalle ma l’ha gestita alla grande. Ecco, in questo la sconfitta contro Nadal l’ha aiutato”.
Non solo. Nadal ha partecipato indirettamente anche a un altro turning point della stagione di Dimitrov: il titolo a Cincinnati. Prima della trasvolata estiva per raggiungere il cemento statunitense, infatti, Dimitrov aveva trascorso una settimana con Nadal presso la sua accademia di Maiorca. Pranzi e chiacchierate informali, ma soprattutto sedute mattutine di allenamento sotto gli occhi vigili dei due coach Moya e Vallverdu. Dopo aver sollevato il ‘vaso cinese‘ a Cincinnati, tre settimane dopo, il bulgaro ha riconosciuto il valore di quell’esperienza. “Quei giorni con Rafa mi sono serviti moltissimo, dentro e fuori dal campo. Ora quando mi capita di essere sotto nel punteggio e sto per lamentarmi mi domando ‘Nadal lo farebbe? Non credo’. Prima o poi gli chiederò di allenarmi ancora con lui“. Voci dicono che i due potrebbero ritrovarsi a Manacor a dicembre, dove magari si scambieranno la promessa di non incrociarsi ancora in semifinale a Melbourne. Da prima e terza testa di serie, se l’urna li sistemasse nello stesso lato di tabellone, sarebbe proprio quello l’eventuale destino.
Fase 3, infine: scacciare l’appagamento e rimanere affamati, con uno sguardo al modello Nadal. Ma soprattutto, continuando ad affidarsi alle sapienti cure di Dani Vallverdu. Il coach venezuelano appare totalmente immerso nel progetto. Dal sentito abbraccio dopo il trionfo londinese alle sue dichiarazioni a mezzo stampa, che contemplano sempre la prima persona plurale. ‘Noi abbiamo‘, e poi ancora ‘noi vogliamo‘. Sembra anche chiaro cosa. Il prossimo passo è vincere uno Slam, e Dimitrov lo sa. O meglio, loro lo sanno.