UN’EPOCA GLORIOSA
Con l’annuncio del ritiro di Roberta Vinci, non si chiude ancora un’epoca gloriosa per il tennis italiano perché prima di tutto il ritiro avverrà a maggio (se Roberta manterrà i propositi). Poi perché Francesca Schiavone non ha ancora dato analogo annuncio, ma nonostante un recente infortunio, sembra non voler demordere. Irriducibile a 37 anni. Infine perché Sara Errani, la più giovane delle quattro mitiche azzurre che hanno infranto il fatidico muro delle top-ten (sfuggito per un nonnulla a Silvia Farina… che se lo sarebbe meritato in tempi forse anche più competitivi), è in attesa ancora di una sentenza del TAS di Losanna che potrebbe fermarla per due anni (e quindi condannarla forse ad un ritiro… coatto), ma il fatto che abbia annunciato il suo addio a tutto il team che l’ha seguita nel 2017 con scarsi risultati, ma annunciandone uno nuovo, fa pensare che al momento non avrebbe alcuna intenzione di smettere. Anzi. Chi di certo non tornerà a giocare a tennis è mamma Flavia. Il suo Federico, nome che ricorderete è stato dato ripensando al grande amico di Flavia (e di tanti) Federico Luzzi, la sta felicemente tenendo occupata senza alcun particolare rimpianto per la sua vita di tennista agonista.
Tutto sommato Roberta (18 febbraio 1983) di un anno più giovane di Flavia (25 febbraio 1982) ritiratasi a fine 2015, quindi a 33 anni, chiuderà la sua carriera a 34 e mezzo, avendo quindi giocato un anno e mezzo più della “Penna”. Quando smetteranno tutte le tre che ancora non hanno attaccato la racchetta al chiodo allora sì che si potrà dire che si è chiusa un’epoca gloriosa. Perché di future top-ten, ma anche top-20 e top-30 non se ne vedranno per anni, temo proprio. Solo Camila Giorgi potrebbe smentirmi.
PENNETTA E VINCI: UN CONFRONTO INFINITO
I confronti fra le due ragazze pugliesi non finiranno mai. Flavia ha raggiunto il sesto posto nelle classifiche mondiali e Roberta il settimo, Flavia ha vinto uno Slam e Roberta ha forse colto a spese di Serena Williams l’exploit più clamoroso mai raggiunto da una giocatrice italiana, anche se non è di fuori ritenere che Serena si batté un po’ anche da sola, con tutte le pressioni che aveva addosso in vista di un quasi scontato Grande Slam. Ma allora si dovrebbe dire che quasi tutte le grandi vittorie hanno goduto della complicità di una giornata negativa (o meno positiva del solito) degli/delle avversarie battute.
La stessa Pennetta che ha vinto uno Slam assolutamente inaspettato, sorprendente, non avrà forse battuto lungo il cammino e nella stessa finale anche qualche avversaria che ha giocato meno bene di come poteva? Il discorso che vale per Vinci, come per Pennetta, vale ovviamente anche per tutti, per Federer, per Nadal, per Djokovic, le sorelle Williams, Laver, Sampras, Emerson e soci/socie. Alla fine negli albi d’oro dei tornei, nei palmares di tennisti e tenniste, restano le vittorie. E salvo che nella memoria di pochi – fra i quali magari mi onoro di essere – il modo in cui certe vittorie sono arrivate finisce nell’oblio, nel dimenticatoio. In quello storico, irripetibile US Open 2015 Flavia colse una bella serie di scalpi illustri e voglio ricordarne il percorso: Gajdisova, Niculescu, Cetkovska, Stosur, Kvitova, Halep prima di Vinci. Roberta ebbe miglior sorte: King, Allertova, Duque-Marino, Bouchard per ritiro, Mladenovic e, dulcis in fundo, Serena.
I RISULTATI SONO UNA COSA, LE SENSAZIONI UN’ALTRA
Ma i risultati, i tabelloni, si dimenticano. Sono talmente tanti. Roberta ha vinto 557 partite! E perse 405. Insomma ha vinto il 57,9% dei match giocati da professionista. Oltre 12 milioni di premi ufficiali, senza contare gettoni federali, esibizioni, sponsor. Oltre 15 quelli di Flavia. Oltre 10 quelli di Schiavone, oltre 12 quelli di Errani. Oltre cinquanta milioni di dollari fra tutte e quattro di soli premi! In nessun altro sport è mai successo per quattro atlete italiane. I risultati restano, i soldi spero anche, e forse non finiscono, nella memoria dei più attenti e dei meno smemorati, le sensazioni che certi tennisti e certe tenniste hanno suscitato.
DUE DIVERSE VALUTAZIONI PER ROBERTA VINCI SINGOLARISTA: è LA N.4 PUR ESSENDO LA PIÙ COMPLETA
Riferendomi a Roberta Vinci faccio qui due esempi. Il primo riguarda Roberta singolarista. Per quanto riguarda il singolare e il suo palmares devo onestamente dire che, sebbene fervido ammiratore del suo tipo di gioco più stiloso che potente, più intelligente e tattico che efficace ad altissimi livelli, non ho pensato per quasi dieci dei suoi 16 anni di attività – dai 17 ai 34, visto che ricordo di averla vista vincere il doppio junior al Roland Garros con Flavia quando aveva 17 anni… ma forse in qualche torneo junior alle Cascine di Firenze l’ho vista ancor prima -, che avrebbe raggiunto i risultati e il ranking che ha poi raggiunto. Per via di un fisico tutt’altro che imponente, ma nemmeno così incredibilmente atletico, e per via di quel rovescio più bello da vedersi che incisivo in tempi di rovesci possenti e bimani, quando l’ho vista per anni barcamenarsi dietro alla cinquantesima posizione mondiale, non mi ero fatto illusioni sul suo avvenire.
E lì invece lei è stata brava, anzi bravissima, a smentire le mie più intime previsioni, a migliorare anno dopo anno, a lottare e sacrificarsi per migliorare, facendo scelte giuste – fa parte del gioco eh! – anche con le sedi dove allenarsi, i coach scelti (il primo fu anche suo fidanzato, Palpacelli, poi l’ottimo Francesco Cinà), a credere nel proprio potenziale anche come singolarista. Delle quattro top-ten italiane Roberta mi è parsa in singolare la meno forte, seppur curiosamente e paradossalmente la più completa. Ha vinto su tutte le superfici, ha battuto 15 top-ten e due volte una numero 1 del mondo (Wozniacki a Toronto nel 2011) e, ovviamente, Serena Williams a New York 2015. Però, a prescindere, dalla finale di quell’US Open, Pennetta è stata più capace di ripetere grandi exploit contro grandi avversarie – 16 vittorie contro top 5, mica poche! Quattro quarti di finale e una semifinale all’US Open prima del trionfo finale -, Schiavone più talentuosa, Errani meno piacevole a vedersi giocare fra tutte però anche la più costante e regolare per un periodo (2012-2014) più prolungato.
Segue a pagina 2
- ROBERTA VINCI DOPPISTA – È LA VERA N.1 FRA LE NOSTRE
- I SACRIFICI E L’ORGOGLIO DI ROBERTA
- IL CARATTERE DI ROBERTA. SIMPATICA MA CAZZUTA
- LO SCARSO FAIRPLAY E SPIRITO D’AUTOCRITICA DEI TENNISTI ITALIANI
- IL DIVORZIO DELLE CICHIS
- A CHI LA WILD CARD A ROMA?