4. Caroline Garcia def. Elina Svitolina 6-7(7), 6-3, 7-5 Singapore RR
Chissà che non possa diventare una delle rivalità del futuro nella WTA quella tra la ventiquattrenne Garcia e la ventitreenne Svitolina. Di sicuro lo è stata alla fine di quest’anno con due confronti all’ultimo respiro nel giro di poche settimane, uno a Pechino e l’altro a Singapore. Forse più importante il primo considerando la posta in palio per entrambe (l’accesso al Masters per Garcia, la possibilità di diventare numero uno del mondo per Svitolina), ma qualitativamente superiore il secondo, fondamentale per stabilire chi del gruppo rosso sarebbe passata in semifinale insieme a Caroline Wozniacki.
A Pechino erano occorse 3 ore e 26 minuti per stabilire la vincitrice, con Elina arrivata sino al match point e poi superata in extremis 6-7(5), 7-5, 7-6(6). A Singapore le due contendenti “se la cavano” in 2 ore e 44 minuti. Nello sviluppo del punteggio il match è molto simile, e non meno amaro per Svitolina: vittoria nel primo set al tiebreak, ritorno di Garcia nel secondo set, e terzo set con Elina che arriva a servire per il match ma non riesce a chiudere per la reazione di Caroline, che nei frangenti decisivi alza il livello di gioco sino a ribaltare a proprio favore la partita. E così a Singapore si passa dal 5-3 e servizio Svitolina al 5-7 con quattro game consecutivi per Garcia.
Saldo vincenti/errori non forzati: Svitolina +11 (33/22), Garcia +27 (58/31). I 33 vincenti di Svitolina testimoniano della capacità di evoluzione sul proprio gioco di Elina, che sta trasformandosi in una tennista più offensiva.
Ma il dato più notevole è un altro. Considerando che Elina ha conquistato 111 punti e Caroline 126, si deduce che poco meno della metà di punti ottenuti da Garcia (per la precisione il 46%) arrivano da vincenti diretti. E il 46% di punti ottenuti con vincenti sul cemento lento di Singapore risulta un valore davvero straordinario.
3. Venus Williams def. Petra Kvitova 6-3, 3-6, 7-6(2) US Open, QF
Se si dovesse decidere in anticipo un confronto di giocatrici per il quale valga la pena di spendere i soldi del biglietto, probabilmente “Venus contro Petra” sarebbe quello da scegliere: i loro match non sono mai banali e hanno sempre garantito pathos e alta qualità di gioco. Evidentemente il loro tennis si combina bene, e lo spettacolo ne guadagna. Questo match newyorkese non riesce a eguagliare quello straordinario di Wimbledon 2014 (una vera e propria finale anticipata, vinta da Kvitova che avrebbe poi effettivamente conquistato il torneo), ma rimane comunque una partita da ricordare. Una contro l’altra due giocatrici sicure dei loro mezzi, che difficilmente hanno paura di vincere e che hanno l’istinto del grande palcoscenico.
I tre set hanno avvio identico: break a favore di Kvitova che ogni volta si trova in vantaggio 3-1; ma solo nel secondo set riesce poi a mantenere il servizio. Nel primo set Petra subisce il deciso ritorno di Venus (cinque game consecutivi), mentre nel terzo si finisce per lottare punto a punto. Malgrado i 37 anni compiuti da Williams, è Kvitova che dimostra di soffrire di più gli scambi lunghi e la durata del match, tanto da arrivare esausta al tiebreak conclusivo, aggrappata al punteggio con la forza del carattere e i grandi rischi che prende in battuta. Venus finirà per avere la meglio in un tiebreak a senso unico, in cui gestisce con lucidità la migliore condizione del momento.
Due ore e 34 minuti di gioco, con saldo finale negativo per tutte e due, a causa di circoscritti passaggi a vuoto attraversati da entrambe (Petra alla fine primo set, Venus all’inizio del terzo), ma anche per la nota severità dei valutatori degli US Open: Williams -8 (21/29), Kvitova -10 (35/45).
Il carisma delle protagoniste, i picchi di gioco raggiunti, la capacità di coinvolgere gli spettatori del turno serale di Flushing Meadows, rendono questo match uno dei più elettrizzanti della seconda metà di stagione. Il torneo se lo contenderanno due esponenti della nuova generazione (Sloane Stephens e Madison Keys); ma a New York anche le meno giovani dimostrano di saper dare spettacolo.
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