Tomas Berdych ha avuto un ruolo peculiare nella storia del tennis degli ultimi dieci anni e oltre. La sua figura è stata una presenza rassicurante all’interno della top 10 ATP. Rassicurante e poco ingombrante, verrebbe da dire: sempre appena alle spalle dei fenomeni dominatori del circuito ma allo stesso tempo sempre a debita distanza. Il biondino di Valasske Mezirici ha spesso garantito ciò che da lui tutti si aspettavano, con pochi rischi e imprevisti di sorta: solido e costante nello sconfiggere sistematicamente i meno dotati, Tomas ha quasi sempre svolto la funzione di vittima sacrificale contro quelli forti, raramente riuscendo a impensierirli. Costante bersaglio colpito da chi avrebbe pagato oro per raggiungere un quarto dei risultati ottenuti dal ceco, egli ha visto negli ultimi due anni venirgli a mancare quella costanza ad altissimi livelli che sempre lo aveva contraddistinto. Salvato il 2016 con un titolo, per quanto minore, centrato a Shenzen in autunno, Berdych ha chiuso all’asciutto il 2017, costretto ad accontentarsi di una finale persa a Lione contro Tsonga e soprattutto della semifinale di Wimbledon ceduta a Roger Federer senza colpo ferire.
Lungi dal volersi considerare un ex e orgoglioso nei confronti di chi lo vede avviato verso un precoce addio al tennis, Tomas sembra aver trovato il rimedio al recente scarso raccolto, e addebita a un’attività troppo intensa, che mal si concilia con le primavere nel frattempo diventate trentadue, le ultime grame stagioni. “Non è stato un buon anno per me, ma è stato particolarmente condizionato dagli infortuni – ha dichiarato Berdych alla testata compatriota Tyden -, mi sono sentito nella miglior condizione solo a Wimbledon e ho raggiunto la semifinale, penso che questo dica tutto“.
I guai fisici lo hanno costretto a una fine di molto anticipata della campagna 2017: impossibilitato a scendere in campo negli ultimi due Masters 1000 stagionali, Tomas ha chiuso l’anno alla diciannovesima posizione del ranking mondiale, il peggior risultato dal 2009 (stagione concluse al ventesimo posto). “Sto solo pensando a recuperare al meglio. Per ora sono contento di come stanno andando le cose ma so che dovrò ridurre di moto il numero dei tornei a cui prenderò parte, se vorrò essere davvero competitivo. La stanchezza mi impedisce di giocare bene, mi mette a forte rischio per quanto riguarda gli infortuni e ogni volta che devo recuperare da un incidente fisico il dispendio di energie è enorme“. Giocare di meno per rendere di più, insomma, seguendo il dogma di Roger Federer, per il quale tale indirizzo sembra aver discretamente funzionato…