La prima settimana di tornei della nuova stagione è alle spalle, e un’altra si sta giocando prima di arrivare all’appuntamento clou degli Australian Open. I primi giorni di tennis disputati nel 2018 non sono stati sufficienti per ricavare un quadro preciso delle forze in campo. Alcune tenniste non hanno giocato (ad esempio Venus Williams e Petra Kvitova) e le altre si sono distribuite in tre tornei, rendendo complicato il confronto e la valutazione di insieme; a questo va aggiunta la Hopman Cup. Il risultato è l’impossibilità di avere indicazioni del tutto coerenti e comparabili. Una situazione intricata, che non chiarisce il quadro di partenza particolarmente incerto di questo periodo.
Fra i match che ho seguito ha spiccato la finale di Auckland, in cui si sono affrontate le due “maestre” di fine 2017: la vincitrice di Singapore, Caroline Wozniacki, e quella di Zhuhai, Julia Goerges. A conferma del fatto che in questo momento i valori al vertice WTA sono molto vicini, ha vinto Goerges, la maestra teoricamente di “serie B”. E lo ha fatto mostrando un tennis eccezionale, che per qualità mi ha ricordato quello di Madison Keys nella semifinale agli US Open 2017 contro CoCo Vandeweghe. Davvero due prestazioni straordinarie; per la capacità di sfoderare vincenti di continuo ho avuto quasi la sensazione che in alcuni momenti sia Madison che Julia stessero spostando in avanti, a un livello superiore, i loro limiti.
Ma chi segue il tennis da un po’ di tempo sa che i tornei hanno importanza differente: giocare nell’International della Nuova Zelanda, non è come farlo a Melbourne. E quanto più alta e prestigiosa è la posta in palio, tanto più decisiva diventa la componente mentale. Per questo esprimersi benissimo negli eventi di preparazione non garantisce alle giocatrici di saper fare altrettanto negli Slam.
Sottolineo particolarmente l’importanza della componente mentale per lo Slam in arrivo, perché penso che la grande incertezza che regna alla vigilia potrebbe essere risolta proprio a favore di chi sarà più solida psicologicamente, in grado di non farsi sopraffare dalla “grande occasione possibile”. Per molte giocatrici la domanda è questa: quante altre volte in carriera scenderanno in campo in uno Slam sapendo di avere così tante, concrete, possibilità di vincere?
La consapevolezza che si tratta di una grande opportunità potrebbe avere effetti significativi sul rendimento delle protagoniste. Abbiamo visto cosa è accaduto all’ultimo Roland Garros a Simona Halep: avanti sia nel secondo che nel terzo set della finale eppure ogni volta rimontata e infine sconfitta da Ostapenko. Situazione simile per Pliskova agli US Open 2016: vantaggio di un break nel set decisivo e occasione sfuggita (contro Kerber).
Ma non ci saranno solo loro a provare a sfatare il tabù Slam. Discorsi simili anche per Wozniacki, Svitolina, Keys, che hanno la possibilità di rimediare alle amarezze del passato.
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