1 – sola finale, nel piccolo International di Tianjin a ottobre – vinta sulla bielorusssa Sabalenka – è il magro bottino raggiunto dalla ex numero 1 del mondo Maria Sharapova da quando è rientrata nel circuito lo scorso aprile, al termine dell’ormai celeberrima squalifica di 15 mesi ricevuta per aver assunto una sostanza ritenuta dopante. La 30enne russa, rallentata anche da piccoli malanni fisici, ha giocato appena nove tornei da quando è tornata, nel corso dei quali solo nel primo turno di New York vinto contro la Halep (unica top ten incontrata nel suo ritorno alle gare) ha ricordato la campionessa che è stata. Oltre al suddetto titolo, ha raggiunto solo altre due semifinali: a Stoccarda, dove fu fermata dalla Mladenovic e questa settimana a Shenzhen, dove ha iniziato il suo cammino sconfiggendo 6-3 6-0 la mancina rumena Mihaela Buzarnescu, 59 WTA, e la connazionale Alison Riske, 70, in rimonta (4-6 6-3 6-2). Nei quarti, la vittoria su Zarina Dyas, 66 WTA, con un duplice 6-3 faceva sembrare tutto pronto per la “bella” in finale contro la Halep (la romena si era presa la rivincita su maria a Pechino), ma in semifinale la russa è stata fermata da Katerina Siniakova, 48 WTA, vincitrice 2-6 6-3 6-3. Irriconoscibile.
2 – le vittorie di tennisti italiani nella prima settimana della stagione, a fronte di ben sei eliminazioni al primo turno e otto sconfitte complessive. Hanno perso tra gli uomini all’esordio Cecchinato a Pune (in tre set da Pierre-Hughes Herbert, 81 ATP), Thomas Fabbiano (in due set dal georgiano Basilashvili, 59 ATP) e Paolo Lorenzi (in tre combattuti da Monfils, 46 ATP) a Doha. Tra le donne, a Shenzhen Jasmine Paolini (brava a qualificarsi vincendo prima 6-3 6-4 su Anna Schmiedlova, 136 WTA, poi 6-4 6-3 su Jing- Jing Lu 165 WTA) ha avuto la peggio opposta alla WC locale Yafan Wang, 175 WTA, mentre, sempre in Cina, Camila Giorgi ha deluso contro la rumena Ana Bogdan, 105 WTA, che l’ha eliminata in due set. Ad Auckland, Sara Errani, alla quale era stata accordata una wild card dagli organizzatori, ha messo in scena la solita infinita battaglia (3 ore di gioco) contro Barbora Strycova, ma alla fine si è arresa alla numero 23 del mondo. Un bilancio molto negativo salvato parzialmente dalle due vittorie ottenute da Stefano Travaglia e Matteo Berrettini, entrambi lungimiranti e coraggiosi nello scegliere la strada impervia delle quali (l’ascolitano sconfiggendo il ceco Safranek, 224 ATP, con un doppio tie-break e 6-2 7-5 il bosniaco Aldin Sektic,179 ATP; il romano eliminando 6-4 7-5 Liam Broady, 170 ATP, e Maximilian Marterer 7-5 7-6(4), 90 ATP). Nel tabellone principale Travaglia è stato bravo ad avvalersi di un sorteggio fortunato eliminando col punteggio di 6-1 6-2 la wild card Jabor Al Mutawa, prima di arrendersi, vendendo cara la pelle, a Guido Pella, 64 ATP, vincitore 7-6(4) 6-3. Le belle notizie arrivano soprattutto da Berrettini, che in Qatar raccoglie la vittoria più importante della sua giovane carriera ottenendo il primo successo contro un top 100 in un tabellone principale (le precedenti contro giocatori di questo range erano arrivate anno scorso contro Giraldo e Donskoy nei Challenger, alle quali si aggiunge, come detto, quella araba nelle quali su Marterer). Nel main draw Matteo ha avuto la meglio sul 31enne serbo Viktor Troicki, 55 ATP, eliminato col punteggio di 4-6 7-6(5) 6-4. Purtroppo, contro Peter Gojowczyk, 60 ATP, è fallita malamente la prova del 9: il tedesco ha vinto con un facile duplice 6-2. Il romano ha lasciato il Qatar conscio di starsi avvicinando a grandi passi al livello dei primi 100. (Unica) speranza alla quale aggrapparsi.
4 – i set vinti da Paolo Lorenzi nelle ultime otto partite, tutte perse, giocate a livello ATP. Per il toscano, la luce sembra essersi spenta sul break di vantaggio che poteva portarlo al quinto set negli ottavi degli US Open contro Kevin Anderson, poi finalista. Da quel momento in poi, per il numero 2 azzurro solo sconfitte, tra l’altro sempre con giocatori dalla classifica peggiore della sua: Monfils a Doha era quello con la più alta (46), ma prima del francese sono arrivate in sequenza i KO contro Joao Sousa a Bercy, Chung a Basilea, Djere a Mosca, Bedene a Shanghai, Mayer a Pechino, Zhang a Shenzen e Dzumhur a San Pietroburgo. Otto sconfitte consecutive, quattro mesi senza una vittoria: un digiuno lunghissimo per un tennista abituato a macinare partite e trovare, stando in campo agonisticamente, gioco e fiducia. Mai, negli ultimi dieci anni di carriera, l’italiano era incappato in un filotto simile di sconfitte. Che non abbia mai giocato sulla amata terra rossa e che vi siano in questo lasso temporale due mesi di riposo dal circuito è innegabile, ma sono considerazioni che non bastano ad attenuare la preoccupazione. Parliamo di un tennista che, a 36 anni compiuti, pur essendo un esempio fulgido di professionalità, deve fare di tutto per invertire la china al più presto, prima che anche la classifica inizi ad avvertire il lungo momento di difficoltà (a inizio febbraio scade la cambiale dei 150 punti della finale raggiunta a Quito lo scorso anno). Buio pesto.
5 – le vittorie ottenute in singolare nel World Group della Fed Cup 2017 da Aliaksandra Sasnovich, 87 WTA: successi – il più importante dei quali sulla fresca vincitrice degli US Open Sloane Stephens – che avevano contribuito in maniera decisiva a permettere alla sua Bielorussa di sconfiggere Olanda e Svizzera, prima di perdere solo al doppio decisivo la finale casalinga contro gli Stati Uniti. Nel circuito WTA, poche sinora le soddisfazioni colte dalla 23enne di Minsk: questa settimana occupava l’88°posizione del ranking, ma non era mai salita oltre l’85°, raggiungendo solo una finale nel 2015 sul cemento di Seoul (persa dalla Begu) e avendo vinto solo una volta contro una top ten (la Pliskova a Tokyo nel 2016). Il Premier di Brisbane giocato questa settimana è senza dubbio il miglior torneo della sua carriera sin qui: per accedere al tabellone principale ha dovuto passare dalle quali, dove al primo turno ha sconfitto 6-1 6-4 la statunitense Julia Boserup, 133 WTA, e al secondo, con lo score di 6-3 6-1, Isabelle Wallace, 287 WTA. Ma è nel main draw che Alaksandra ha ottenuto risultati molto importanti, superando due top 40 come Alize Cornet e Annett Kontaveit e, soprattutto, sconfiggendo due top 20 come Kiki Mladenovic, 11 WTA -col punteggio di 1-6 6-3 7-5- al primo turno e Anastasija Sevastova, 16 WTA – eliminata 7-6(3) 6-4- in semifinale. Da tenere d’occhio.
6 – i tennisti nati non prima del 1998 ad essere riusciti ad arrivare almeno ai quarti: a questo turno si sono fermati la russa naturalizzata statunitense Sofia Kenin ad Auckland (perdendo 6-4 al terzo dalla Wozniacki), la bielorussa Aryna Sabalenka a Shenzhen, Michael Mmmoh a Brisbane e Stefanos Tsitsipas a Doha. Ancora meglio hanno fatto l’australiano Alex de Minaur (vincitore su Raonic, prima di arrivare a due punti dalla finale), semifinalista a Brisbane e Andrey Rublev, finalista sconfitto in due set a Doha da Monfils. La prima settimana dell’anno è un periodo troppo breve e particolare (molti, tra i big, sono ai box o ancora imballati) per trarre indicazioni affidabili, ma una generazione di nuovi volti talentuosi e ambiziosi, appena ventenni, si sta facendo avanti, promettendo di proporsi a breve ai vertici. Next Gen is coming (soon).
8 – i tennisti capaci di arrivare quantomeno ai quarti pur non avendo una classifica tale da permetter loro di accedere direttamente al tabellone principale. In particolare, erano 6 i qualificati (Michael Mmoh, Kaia Kanepi e Sasnovich a Brisbane, Mirza Basic a Doha, Ojeda Lara a Pune, Sachia Vickery ad Auckland), ai quali vanno aggiunti due wild card (De Minaur a Brisbane, Sofia Kenin ad Auckland). La testimonianza evidente di come, a inizio stagione, i big, reduci dalle meritate vacanze prima e dalla dura preparazione fisica per la nuova stagione poi, non siano al meglio della loro condizione, consentendo un appiattimento dei valori che ha permesso venissero alla ribalta del grande pubblico nuove facce con le loro ancora ignote storie. Il tempo ci dirà se questa prima settimana di tennis avrà dato indicazioni vere o meno.
14 – le vittorie consecutive di Julia Goerges, vincitrice dell’International di Auckland (250.000 $): la ventinovenne tedesca, ormai dall’autunno scorso sta giocando con una continuità ad alti livelli mai avuta in passato. Nel 2011 e 2012 aveva concluso la stagione attorno alla 20esima posizione, ma poi era calata terminando gli anni successivi mai sopra la 50esima e ottenendo risultati migliori nel doppio. Dopo le eliminazioni al primo turno al Roland Garros e Wimbledon, intervallate dalla finale di Maiorca, è arrivata un’ottima estate (finali a Bucarest e Washington, quarti a Cincinnati e ottavi New York, fermata in entrambe le circostanze dalla Stephens), che ha fatto da trampolino all’esplosione definitiva nell’autunno, concluso vincendo Mosca prima e poi il Masters B di Zuhai, successi che le hanno fatto terminare il 2017 al 14°posto (best career ranking). In Nuova Zelanda, accreditata della seconda testa di serie, al primo turno ha sconfitto 6-4 4-6 6-2 la campionessa olimpica Monica Puig, 57 WTA; al secondo ha eliminato 6-4 6-0 la slovacca Viktoria Kuzmova, 137 WTA. Costretta a giocare, a causa della pioggia, due partite in un giorno, nei quarti ha poi avuto la meglio con un duplice 6-4 su Polona Hercog, 101 WTA, mentre in semifinale ha superato 6-1 6-4 la cinese di Taipei Hsieh, 83 WTA. Nell’ultimo atto, Julia ha infine superato col punteggio di 6-4 7-6(4) la numero 3 del mondo Carolina Wozniacki, contro la quale conduceva 5-4 i precedenti. Outsider da tenere d’occhio ai prossimi Australian Open.
44 – le semifinali raggiunte nel circuito maggiore (sei nei Masters 1000, una, alle ATP Finals 2008) da Gilles Simon, che non riusciva a raggiungere un tale obiettivo da ottobre 2016 (semifinale persa da Murray a Shanghai, dopo aver sconfitto Wawrinka). Un 2017 horribilis – due soli quarti nei 250 di Marsiglia e Lione, 4 vittorie su top 50 e una sola su un top 10 (Goffin a Shanghai) avevano relegato il 33enne di Nizza all’89°posto nel ranking ATP, peggior stagione in assoluto dal 2005 in poi. Gilles aveva sempre terminato gli anni successivi con un piazzamento quantomeno nella top 50. L’ex numero 6 del mondo (gennaio 2009) ha mostrato a Pune di avere ancora voglia di competere ad alti livelli vincendo il 250 indiano. Gilles al primo turno ha avuto la meglio sullo statunitense Tennys Sandgren, 96 ATP, 6-4 6-1, ha poi superato col punteggio di 6-3 7-6(5) la testa di serie numero 3 del seeding, lo spagnolo Roberto Bautista Agut, 20 ATP. Nei quarti ha sconfitto il qualificato iberico Ojeda Lara 6-2 6-3 e, in semifinale, il numero 6 del mondo Marin Cilic (contro cui aveva vinto già in 5 occasioni su 6 nelle quali si erano affrontati), mandato a casa col punteggio di 1-6 6-3 6-2. In finale, opposto a Kevin Anderson, 14 ATP, contro il quale aveva perso tutti e tre i precedenti, ha vinto 7-6(3) 6-2, tornando a conquistare un torneo,come non gli accadeva dal 2015 (finale di Marsiglia vinta su Monfils) e portando a 13 il computo totale dei trofei in singolare vinti in carriera. Redivivo.
198 – la posizione nel ranking ATP occupata da Ricardo Ojeda Lara, il tennista con la seconda classifica più bassa (quello con la peggiore era De Minaur, 208 ATP) a raggiungere almeno i quarti di finale in uno dei tornei in programma questa settimana. Il 25enne tennista spagnolo, l’anno scorso vincitore del primo Challenger (sulla terra rossa tedesca) in carriera non aveva mai giocato un torneo del circuito maggiore: l’esordio è avvenuto a Pune, metropoli indiana nuova sede (ha preso il posto nel calendario di Chennai) del Tata Open Maharashtra. Accreditato della quinta testa di serie nel tabellone delle qualificazioni, ha prima sconfitto 6-2 6-1 in 56 minuti Sasi Kumar Mukund, 428 ATP, e poi ha avuto la meglio su Joao Souza, 246 ATP, 6-3 6-4 in 1 ora e 21. Nel tabellone principale ha poi ottenuto al primo turno quella che attualmente è la vittoria più importante della carriera, contro il 24enne mancino ceco Jiri Vesely, 62 ATP, eliminato in 1 ora e 39 minuti con lo score di 6-3 7-6(5). Nel secondo turno ha avuto la meglio su Ilya Ivashka, anche lui qualificato, 230 ATP, liquidato con un duplice 6-4, prima di fermarsi ai quarti contro Gilles Simon: il 33enne francese gli ha mostrato disco rosso in 74 minuti con un netto 6-2 6-3. Carneade.
210 – la classifica ad inizio 2017 di Stefanos Tsitsipas, autore di una crescita lenta, ma costante nei risultati durante la scorsa stagione, nella quale, con umiltà e bravura, ha superato le qualificazioni in otto occasioni (tra le quali al Roland Garros, Wimbledon e Shanghai). Dopo aver compiuto 19 anni lo scorso agosto, il giovane greco ha ingranato le marce: ha vinto il Challenger di Genova e è arrivato in finale a Brest, ma, soprattutto, ha sconfitto un top 50 (Struff), due top 40 come Kachanov a Shanghai e Cuevas ad Anversa. Nella città belga, famosa per il suo porto e per il commercio dei diamanti, soprattutto, il greco si è dimostrato capace di sconfiggere – al tie-break del terzo set- il beniamino di casa David Goffin, che nelle settimane successive sarebbe assurto ad assoluto protagonista del tennis mondiale con la finale al Masters e in Davis. Nel 2018, ormai già entrato nella top 100, con umiltà ha affrontato le quali nel ricco (circa 1 milione e 400 mila dollari di montepremi) ATP 250 di Doha, dove, al primo turno ha sconfitto 6-3 6-4 la wc locale Mubarak Shannan Zayid, 1603 ATP, per poi avere la meglio sul 21enne svedese Elias Ymer, 142 ATP, eliminato col punteggio di 7-6(3) 7-6(2). Nel main draw ha confermato che il processo di maturazione in corso già gli permette di avere un rendimento migliore della sua classifica attuale e di ottenere due belle vittorie su tennisti maturi del circuito: prima ha battuto in rimonta Florian Mayer 4-6 7-5 6-4, poi ha sconfitto 6-3 6-4 Richard Gasquet, 31 ATP. Nei quarti, pur lottando, non aiutato dalla fortuna in alcuni momenti topici dell’incontro, nulla ha potuto contro il numero 5 del mondo e prima testa di serie del tabellone, Dominic Thiem, vincitore col punteggio di 7-5 6-4. Futuro protagonista, se sarà assistito dalla salute, è facile prevedere che ben presto non dovrà stancarsi ulteriormente nel giocare le quali per partecipare ai main draw dei big event.