[5] R. Bautista Agut b. [2] J.M. del Potro 6-1 4-6 7-5
A una settimana dal successo di Julia Goerges su Caroline Wozniacki e a una manciata di ore dal primo appuntamento Slam della stagione, Auckland è nuovamente sinonimo di grande tennis. Nella capitale della Nuova Zelanda, infatti, si è disputato l’ASB Classic, consueta manifestazione di inizio anno che dal 2009 appartiene al circuito ATP 250 e che vanta un albo d’oro di tutto rispetto, nel quale spiccano, tra le altre, le quattro vittorie di David Ferrer e i sigilli di Juan Martin del Potro e Roberto Bautista Agut, protagonisti anche in questo 2018 dell’atto conclusivo nella City of Sails: sarà lo spagnolo a prevalere, con il solito tennis senza sbavature.
Campione uscente è lo statunitense Jack Sock, fuori a sorpresa all’esordio nel torneo per mano del tedesco dal nome impronunciabile Peter Gojovczyk. Per l’argentino di Tandil – secondo favorito del seeding e attualmente numero dodici del ranking mondiale – percorso netto senza nemmeno un set lasciato per strada fino alla finale; decisamente più complicato, invece, il cammino del suo rivale odierno, sopravvissuto a un’estenuante maratona con tre tie-break per aver la meglio di Robin Haase in semifinale dopo aver fatto ricorso al terzo e decisivo set anche in precedenza contro Steve Johnson. Non si tratta di un incontro inedito, essendosi già incontrati in passato in quattro circostanze, di cui due nel corso del 2017, con del Potro – il favorito dei bookmaker per la finale – avanti di due lunghezze nel computo totale.
L’inizio di partita del giocatore al servizio non è dei migliori, tanto per usare un eufemismo. In cinque dei primi sei giochi, infatti, fioccano palle break e dall’anomala situazione è Bautista Agut a prendersi decisamente il vantaggio. Del Potro, che nel corso dei primi due match disputati qui a Auckland non aveva concesso che le briciole in battuta, fatica terribilmente a carburare, lento e apparentemente affaticato in una manciata di minuti è costretto a capitolare al cospetto di un avversario al quale è spesso sufficiente rimettere qualche palla in campo per far proprio il parziale d’apertura con l’eloquente punteggio di 6 giochi a 1. Due dati emblematici: 10 a 2 il bilancio dei diritti vincenti a favore del ventinovenne iberico tutta concretezza e zero ace per l’argentino, incapace di mettere a referto un turno di battuta.
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Dopo il pit-stop di rito è del Potro a riaprire le danze. Il linguaggio del corpo palesato da Palito continua a non essere convincente mentre Bautista Agut, imperterrito, produce vincenti dal lato destro senza soluzione di continuità, quasi che i due duellanti si fossero involontariamente scambiati i ruoli. La partita si conferma anche in avvio di secondo parziale tutt’altro che entusiasmante ma almeno ha il pregio di mantenersi in equilibrio. I piedi dell’argentino non sono sufficientemente rapidi quest’oggi da consentirgli di girare con facilità intorno al suo colpo migliore, il diritto, e pur non concedendo palle break i suoi turni di battuta non risultano mai agevoli. Per il nativo di Castellon de la Plana, invece, da copione sono poche le sbavature e l’impressione – a conti fatti errata – è che allo scoccare dell’ora di gioco possa mettere la freccia da un momento all’altro.
Se il cielo sopra il campo centrale si mantiene di un colore grigio plumbeo, quel che gradualmente va migliorando è la redditività dell’accoppiata servizio-diritto di del Potro che, senza infamia e senza lode ma con tanta umiltà, continua a far corsa di testa nel set. Buon segno, i campioni si vedono anche da questo. Il decimo gioco coincide con il primo implacabile passaggio a vuoto di giornata per lo spagnolo e, complice anche un doppio fallo, la prima palla break della seconda partita è anche un set point dove un rovescio debole tirato da Bautista Agut rinvia piuttosto inaspettatamente, almeno nei modi, la contesa al terzo.
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Con il sole si vede un del Potro decisamente rinfrancato anche con la battuta ed è tutta un’altra musica. Non sarà però sufficiente, come avremo modo di raccontare. Interessante comunque notare come lo slice di rovescio dell’argentino, anche se non sempre eseguito alla perfezione – capita infatti che il colpo prenda aria in volo risultando poco penetrante – sia talvolta la chiave di volta per cambiare l’inerzia dello scambio.
Il set segue senza scossoni l’ordine dei servizi, la differenza rispetto a un’ora prima è che i turni rapidi sono ora quelli di del Potro, bravo a superare l’avversario nel numero degli ace dopo un inizio statistico da dimenticare. Bautista corre e sbuffa da par suo e pur concedendo qualcosa in più del dovuto resta caparbiamente in scia quando, sul punteggio di 4 giochi per parte, il match si avvia a vivere la sua fase decisiva. Come già nel set precedente, l’iberico allenato dalla coppia Carbonell-Vendrell, si trova nella disagevole situazione di dover rimanere agganciato alla partita ma in questo frangente non trema. Anzi, nel corso del gioco successivo, l’undicesimo, Bautista si procura anche due palle break: è buona la seconda e con essa la chance immediata di servire per il trofeo. Partita in ghiaccio: nonostante qualche tentennamento, e un break point salvato, l’iberico dopo due ore e sette minuti chiude con merito partita e incontro.
Seconda vittoria della carriera per Bautista contro del Potro, che potrà comunque consolarsi con il ritorno in Top 10 e con lo stato di forma del suo rovescio, e settimo titolo messo in bacheca – il secondo qui ad Auckland dopo la vittoria del 2016 – su tredici finali. Appuntamento per entrambi a Melbourne, in campo a partire da martedì prossimo.