0 – le volte in carriera nelle quali Benoit Paire – che pure nel gennaio di due anni fa era stato 18 del mondo – aveva raggiunto le semifinali in due eventi consecutivi del circuito ai quali era iscritto. Il quasi 29enne francese, prima di questa settimana, era già stato diciotto volte al penultimo turno di un torneo (molti lo ricorderanno a Roma nel 2013 perdere da Federer). Mai, però, da tennista talentuoso capace di grandi colpi ma anche di clamorosi harakiri, aveva trovato la continuità necessaria per raggiungere, come in questo inizio di 2018 nei due ATP 250 a Pune e a Sydney, due semifinali di seguito. E se in India, dopo aver sconfitto Fucsovics e Haase, si era arreso dopo una dura battaglia di 3 set a Kevin Anderson, in terra australiana ha fatto ancora meglio, vincendo 3 partite. Al primo turno, infatti, Benoit ha avuto la meglio per 1-6 7-6(5) 6-3 sul britannico Aljaz Bedene, 51 ATP; al secondo, sempre lottando in 3 set (6-2 3-6 6-1) si è imposto sull’argentino Leonardo Mayer, 52 ATP. Nei quarti, con un duplice 6-4 ha superato la seconda testa di serie e detentore del titolo Gilles Muller, 25 ATP. In semifinale, opposto al 18enne beniamino del pubblico australiano, Alex De Minaur, 167 ATP, si è fatto rimontare, cedendo al suo avversario, che ha guadagnato la finale grazie a un successo archiviato con il punteggio di 4-6 6-1 6-1. Prove tecniche di continuità ad alti livelli.
2 – i tornei vinti in carriera da Elise Mertens, entrambi ad Hobart, capitale della Tasmania, stato federale dell’Australia, dove si disputa l’International che ha cambiato la carriera della 22enne belga, la quale l’ anno scorso, partendo dalle quali (era 127 del mondo), vinse il primo titolo in carriera. Vi riuscì trionfando in finale su Niculescu, dopo aver eliminato, tra le altre, Mladenovic e Bertens, in quello che per lei era appena il quarto tabellone nel circuito maggiore (aveva in precedenza raggiunto i quarti a ‘s-Hertogenbosh). Dopo Hobart, per Elise iniziò la costante frequentazione del circuito maggiore, nel quale l’anno scorso ha raggiunto la finale a Istanbul (terra) e tre semi (Baastad, New Haven e Lussemburgo), risultati che l’hanno issata al best career ranking di 35 al mondo. Tornata a Hobart questa settimana, ha confermato il titolo eliminando al primo turno (con il punteggio di 6-0 6-4), Kurumi Nara, 104 WTA, e superando al secondo (con un duplice 6-4) Beatriz Maria Haddad, 71 WTA. Nei quarti ha usufruito del ritiro pre-match di Niculescu, mentre in semifinale ha sconfitto, non senza patemi (6-4 1-6 6-2) Heather Watson,74 WTA. Per confermare il successo del 2017, nell’ultimo atto del torneo la belga ha dovuto nuovamente ricorrere al terzo set (6-1 4-6 6-3) contro Michaela Buzarnescu, 57 WTA. Hobart può cambiare una carriera.
5 – i tornei ATP giocati prima di quest’anno da Alex De Minaur, dai quali aveva ricavato solo due vittorie, entrambe quando non era ancora maggiorenne (a Sydney contro Paire, allora 46 ATP, e a Melbourne su Gerald Melzer, 87 ATP, l’anno scorso). Sempre nel 2017, il giovane Aussie si era qualificato nel primo torneo dell’anno a Brisbane, perdendo poi nel main draw da Mischa Zverev. Lontano da casa, Alex non si era più ripetuto a livello del circuito maggiore, venendo eliminato al primo turno al Roland Garros e allo US Open – dove aveva ricevuto due wild card – e non qualificandosi le poche volte che aveva provato a farlo. Neanche nel circuito minore aveva ottenuto grandi risultati nel 2017, al di là di un Futures vinto in Portogallo sul cemento e una finale Challenger a Segovia (sempre sul duro): Alex aveva terminato l’anno fuori dai primi 200. Il giovanissimo australiano (il 17 febbraio compie 19 anni) ha iniziato il 2018 in maniera eccellente: a Brisbane, dopo aver eliminato Mmoh e due top 50 come Steve Johnson e Milos Raonic si è arreso in semifinale ad Harrison, non senza essere stato a due punti dalla vittoria. A Sidney, dove ha usufruito di uno special exempt, ha confermato di essere un tennista già pronto a confrontarsi con gli assidui frequentatori del circuito, sconfiggendo nettamente in due set addirittura quattro top 40 e vecchie volpi come, nell’ordine, Fernando Verdasco, 40 ATP (6-4 6-2), Damir Dzumhur, 30 ATP (6-2 3-0 rit.), Feliciano Lopez, 36 ATP (duplice 6-4). In semifinale, de Minaur ha poi rimontato (4-6 6-1 6-1) Benoit Paire, 42 ATP, per fermarsi a un passo dal primo successo, dopo aver provato una grande rimonta nel terzo (sotto di doppio break e match point annullato) contro Medvedev, 84 ATP, vincitore con il punteggio di 1-6 6-4 7-5. Forse il tennis sta tornando uno sport per giovani.
7 – le eliminazioni al primo turno di Fabio Fognini – alcune delle quali contro avversari modesti come il colombiano Falla (nel 2013) e Gonzalez (nel 2015) – in 10 partecipazioni agli Australian Open. Un bottino davvero misero per il nostro numero 1, mai a suo agio nella primissima parte di stagione, probabilmente per una sua maggiore lentezza – rispetto a tanti altri colleghi – a smaltire il carico della preparazione fisica fatta in inverno. Non solo a Melbourne (dove però nel 2014 raggiunse gli ottavi), ma anche nei tornei di preparazione agli Australian Open non aveva mai fatto bene, vincendo due partite di fila solo nel 2016, quando raggiunse i quarti ad Auckland. Questa settimana a Sydney Fabio ha addirittura raggiunto la prima semifinale in carriera nel mese di gennaio e vi è riuscito – segnale che rafforza le indicazioni positive – superando due avversari per lui ostici, contro i quali aveva una negativa tradizione negli scontri diretti. Esentato dal primo turno con un bye, al secondo ha sconfitto in rimonta (3-6 6-3 6-4) Alexandr Dolgolopov, 37 ATP, sempre vincitore nelle cinque precedenti volte che si erano affrontati nel circuito maggiore (Fabio aveva vinto il primo scontro diretto a livello Challenger). Nei quarti il ligure ha avuto la meglio su Adrian Mannarino, 28 ATP, vincitore di 2 dei 3 precedenti, quelli giocati sul cemento all’aperto, in analoghe condizioni a quelle di Sydney. Fognini è stato bravo a rimontare sotto di un set e di un break, per vincere con il punteggio di 6-7(4) 7-6(4) 6-2. In semifinale, opposto a Daniil Medevdev, contro il quale paradossalmente aveva vinto l’unico scontro diretto sul cemento di Cincinnati, è terminata la sua avventura, eliminato dal giovane russo con lo score di 2-6 6-4 6-1. Fabio arriva a Melbourne rinfrancato da un autunno nel quale ha fatto buonissimi risultati (finale a San Pietroburgo, ottavi a Shanghai, semifinale a Stoccolma) e mette in cascina 90 punti pesanti, per cercare di migliorare sua classifica (e quindi salire nelle teste di serie nei futuri tabelloni), in vista della trasferta sulla terra rossa sudamericana, dove partirà il suo dichiarato assalto alle prime 20 posizioni del ranking. Se gioca come negli ultimi tornei, non sembra affatto impossibile.
8 – i set consecutivi vinti a Sydney da Camila Giorgi contro, nell’ordine, una buonissima tennista (Witthoeft), la detentrice dell’ultimo Slam giocato (Stephens), la vincitrice di 2 Majors (Kvitova), e l’ex numero 2 del mondo (Radwanska), tutte tenniste attualmente comprese nelle prime 50, tre delle quali nella top 30. Numeri impressionanti che fanno ritenere il Premier di Sydney, nonostante la maceratese si sia fermata in semifinale, il miglior torneo sin qui giocato in carriera da Camila, che pure aveva già vinto un International (a ‘s-Hertogenbosch nel 2015) e raggiunto 4 finali. La stessa semifinale raggiunta nel Premier di New Haven nel 2014 (persa da Rybarikova) non ha la medesima rilevanza tecnica, sebbene – anche in quella occasione – Camila sconfisse ottime giocatrici come Wozniacki e delle ancora acerbe, ma già competitive, Muguruza e Vandeweghe. In Australia, dove è arrivata col ranking di numero 100, dopo aver perso i punti della semi di Shenzhen 2017, l’azzurra è sembrata per lunghi tratti ingiocabile alle sue avversarie, dando così speranza agli appassionati italiani. Costretta dalla sua classifica a giocare le quali, Camila ha vinto, senza perdere un set nei tre turni giocati, su Olivia Tjandramulia, 400 WTA (7-5 6-2 il risultato), Shuko Aoyama, 366 WTA (6-2 7-6 ) e, infine, su Carina Witthoeft, 48 WTA, (6-4 6-1). Nel tabellone principale ha lasciato solo 3 game (6-3 6-0) a Stephens, 13 WTA, ha sofferto nel primo set (7-6(2) 6-2) contro Petra Kvitova, 29 WTA, per poi avere facilmente la meglio (6-1 6-2) su Aga Radwanska, 28 WTA. In semifinale, contro Angelique Kerber, 22 WTA, sempre vincitrice nei 2 precedenti, la tedesca ha avuto facilmente la meglio col punteggio di 6-2 6-3. Il tennis femminile italiano ha disperato bisogno di lei.
23 – le partite vinte da Juan Martin del Potro da quando, lo scorso fine agosto, ha fatto il suo esordio allo US Open: un cammino che lo ha portato alle semi a NY (con la spettacolare vittoria su Federer nei quarti) e al Masters 1000 di Shanghai, alla finale a Basilea e, soprattutto, alla vittoria a Stoccolma (in finale su Dimitrov). Una striscia di vittorie, resa pregevole da sei successi contro top 20 (oltre alle citate su Federer e Dimitrov, si devono aggiungere anche quelle su Thiem e Bautista Agut allo US Open, su Sascha Zverev a Shanghai e su Cilic a Basilea) che subito è ripresa all’ATP 250 di Auckland, dove l’argentino è arrivato sino alla finale. Esentato dal primo turno in qualità di seconda testa di serie, negli ottavi ha avuto la meglio 6-2 6-4 su Denis Shapovalov, 50 ATP; nei quarti ha sconfitto un altro teen-ager come Karen Kachanov, 47 ATP, con lo score di 7-6(3) 6-3; in semi, infine, ha superato un veterano come il 35 enne David Ferrer (che conduceva il bilancio scontri diretti per 6-4) con il punteggio di 6-4 6-4. Opposto a Roberto Bautista Agut, 21 ATP, contro il quale conduceva per 3-1 i precedenti, si è arreso dopo una battaglia di 2 ore e 7 minuti, dalla quale lo spagnolo è uscito vincitore col punteggio di 6-1 4-6 7-5. Outsider di extra lusso agli Australian Open.
34 – le settimane al vertice della classifica WTA per Angelique Kerber, numero 1 del mondo sino a metà luglio scorso, quando dopo Wimbledon dovette cedere lo scettro della classifica a Karolina Pliskova. Tutta colpa di un 2017 pessimo, nel quale ha raggiunto una sola finale (nell’International di Monterrey, persa da Pavlyuchenkova), appena due semifinali (al Premier 5 di Dubai e al Premier di Tokyo) e rimediato pessime figure nei Majors, dove ha perso al primo turno al Roland Garros (contro Makarova) e allo US Open (contro Osaka). Sembrava aver smarrito il sacro fuoco che le aveva consentito di primeggiare, appariva senza fiducia nel suo tennis e la classifica, 21 WTA, con la quale aveva terminato lo scorso anno, faceva presagire un prosieguo di carriera non più da protagonista assoluta. Nel Premier di Sydney, invece, è rinata, non senza aver rischiato, come già accaduto mille volte nella storia del tennis, di inciampare nei primi turni. All’esordio nel torneo, infatti, opposta a Lucie Safarova, 31 WTA, ha dovuto annullare due match-point prima di aver la meglio col punteggio di 6-7(3) 7-6(8) 6-2. In ottavi la tedesca ha faticato contro Venus Williams, 5 WTA, ma ha guadagnato l’accesso ai quarti, rimontandola 5-7 6-3 6-1. Dai quarti, l’ex numero 1 del mondo è diventata una tritasassi: prima ha dato 6-3 6-1 a Dominika Cibulkova, 26 WTA, poi un sonoro 6-2 6-3 alla nostra Camila Giorgi. In finale è andata leggermente meglio alla tennista di casa Ashleigh Barty, 19 WTA, alla quale Angie ha rifilato un duplice 6-4. Risorta (in attesa di controprove).
5o – la percentuale dei giocatori classificati tra i top ten ATP ad aver deciso di giocare tornei ufficiali prima dell’Australian Open, in una delle edizioni del tabellone maschile con minori punti di riferimento alla vigilia. Una sorta di paradosso per lo Slam “Down under”, un torneo storicamente sempre difficile da prevedere, a causa della sua “scomoda” posizione nel calendario. Solo Dimitrov, Thiem, Cilic e Carreno Busta si sono messi in gioco nel circuito nella prima settimana dell’anno, senza tra l’altro brillare: i primi tre si sono fermati tutti in semifinale, lo spagnolo ha invece confermato il pessimo fine 2017 con una nuova eliminazione al primo turno. Federer, Zverev, Goffin e Sock si sono parzialmente nascosti alla Hopman Cup, competizione a squadre miste, che non concede punti e inevitabilmente non è affrontata con la stessa attenzione con la quale si scende in campo in un torneo: la finale vinta dalla Svizzera di Roger sulla Germania di Sascha ha dato indicazioni parziali e da prendere con le molle. Questa settimana ha visto addirittura (tra le donne 4 top ten hanno giocato il Premier di Sydney) il solo Sock, battuto all’esordio ad Auckland da Gojowczyk, iscriversi a tornei ATP. Alcuni tra i più forti hanno invece scelto di partecipare al Kooyong classic, torneo di esibizione a Melbourne (si disputa nel vecchio impianto che ospitava lo Slam australiano) tradizionalmente collocato prima dell’inizio degli AO: si è rivisto in campo, dopo il suo ritiro dalle ATP Finals, Rafa Nadal, che ha perso da Richard Gasquet. Il maiorchino è apparso però sano ed era quello il vero test da superare per lui e per la serenità di suoi milioni di fan. Alla stessa esibizione, tra i primi 10, ha preso parte Dominic Thiem, sconfitto nettamente 7-5 6-1 da Nole Djokovic, ora 14 ATP, che non si faceva vedere su un campo da tennis da Wimbledon. Nella stessa esibizione, Cilic ha perso in tre set da Matthew Ebden, così come Goffin, sconfitto con un punteggio analogo da Carreno Busta, poi vincitore anche su Ebden, sempre in 3 set. Unico top ten del quale si dispone solo di qualche video di allenamento postato sui social è Stan Wawrinka, 9 ATP, il quale non è visto giocare a tennis dal grande pubblico addirittura dal primo turno perso a Wimbledon contro Medvedev. Impossibile trovare buone indicazioni.
84 – la posizione nel ranking di Daniil Medvedev, il finalista con la classifica più bassa dei quattro tornei programmati nella seconda settimana del 2018. Il 21enne russo, semifinalista (sconfitto dal vincitore Chung) a Milano lo scorso novembre nella ATP Next Gen Finals, non aveva mai raggiunto una finale nel circuito maggiore: solo due semifinali, tutte nel 2016, a Chennai e Eastbourne. Diventato famoso al grande pubblico per aver sconfitto Wawrinka nel primo turno di Wimbledon, si era confermato capace di ripetersi in exploit contro top 10, vincendo su Dimitrov e Carreno Busta. L’erba sembra sinora la sua superficie preferita: oltre alle già citate vittorie su Wawrinka e alle semi di Eastbourne, sui prati l’anno scorso aveva anche raggiunto i quarti al Queens e a ‘s-Hertogenbosch. A Sydney, arrivato dopo aver perso la settimana precedente al primo turno al Challenger di Playford da Matosevic (ex top 40 sceso oltre la 350esima posizione del ranking), è dovuto passare per le qualificazioni, dove prima ha eliminato (6-1 6-2) il connazionale Alexander Zhurbin 594 ATP, poi Vaclav Safranek (6-2 6-4), 227 ATP. Nel tabellone principale, ha subito fatto fuori in due facili set (6-2 6-3) la sesta testa di serie, Philipp Kohlshreiber, 29 ATP, mentre ha sofferto di più contro il coetaneo yankee Jared Donaldson, 55 ATP, estromesso con il punteggio di 6-3 4-6 7-5. Nei quarti, è stato il turno del primo dei due italiani mandati in anticipo a Melbourne, Paolo Lorenzi, 45 ATP, (bravo a sua volta a interrompere sua striscia negativa di risultati con due vittorie su Thompson e Ramos Vinolas) eliminato dal russo con un duplice 6-3. In semifinale è invece toccato a Fabio Fognini, sconfitto 2-6 6-4 6-1. Nell’ultimo atto del torneo, opposto al non ancora 19enne aussie de Minaur, ha sofferto più di quanto avrebbe potuto (era 3-0 pesante e sul 5-4 del terzo ha già avuto un match point) per vincere il primo titolo in carriera, arrivato al termine di una partita conclusasi col punteggio di 1-6 6-4 7-5. Passato in una settimana dal disastro (sconfitta col 350 del mondo) al trionfo.
397 – il posto occupato nel ranking ATP da Liam Caruana, quasi ventenne (compie 20 anni il 22 gennaio) tennista romano – che dall’età di 6 anni ha vissuto in California – sconosciuto al grande pubblico della penisola, nonostante in Italia non vi sia nessuno più giovane di lui con una migliore classifica nel ranking ATP. Il ragazzo sinora aveva fatto solo sporadiche comparse nel tennis professionistico, dalle quali aveva ricavato come bottino la vittoria in un Futures negli Stati Uniti e la semifinale del Challenger di Todi, sulla terra rossa, entrambi risultati datati 2017. Lo scorso anno non era mai riuscito a prevalere su tennisti nella top 200, come invece gli è subito riuscito nel primo torneo stagionale, il Challenger di Noumea, nel quale ha sconfitto Mitchell Krueger, 191 ATP. Non si era trattato di una casualità, perché Liam, una volta iscrittosi alle quali del ATP 250 di Auckland, al primo turno ha mandato a casa (6-3 6-4 il punteggio) lo sloveno Blaz Kavcic, 110 ATP, per poi arrendersi a Tim Smycek, 135 ATP, vincitore con lo score di 6-3 6-4. I ritiri di ben 4 tennisti (Pella, Edmund, rublev e Jarrison) iscritti al torneo neozelandese hanno consentito all’azzurro di poter fare preziosa esperienza giocando sul centrale di un evento ATP, contro un tennista forte ed esperto come Steve Johnson, 46 ATP. Liam ha offerto una bella prova – mostrando di aver alzato livello del suo gioco e che non erano un caso le due vittorie contro top 200- giocando un tennis coraggioso e a tutto campo. Contro lo statunitense, si è portato pure in vantaggio di un break nel primo parziale, prima di cedere alla maggiore consistenza del suo avversario, passato al secondo turno con un successo archiviato col punteggio di 7-5 7-6(5). Promette bene.