Non è dato sapere ai comuni mortali quando questo fenomeno svizzero cesserà di vincere e di stupire. “Non so nemmeno io quanto potrò continuare a giocare così” ci ha detto in conferenza stampa Federer, gli occhi ancora inumiditi dal pianto irrefrenabile che, ancora una volta non era riuscito a controllare. “Sono un po’ arrabbiato con me stesso perchÈ avrei voluto dire altre cose e non sono riuscito… ma allo stesso tempo significa che provo ancora grandi emozioni, che la passione è sempre forte… Se penso quando smetterò? Non lo so davvero, ma se Mirka mi dicesse domani che è meglio che io lo faccia – e qui ha risposto a una mia domanda in francese, nella seconda parte della conferenza – lo farei subito, è sempre stato così, ne abbiamo sempre discusso insieme”.
Un anno e un mese fa molti avevano già recitato il De Profundis di Roger Federer, che si era fermato per i secondi sei mesi del 2016 dopo essersi fatto male nella semifinale persa a Wimbledon con il canadese Raonic. Lui stesso – lo ha detto e ripetuto mille volte – tornando a giocare dopo quel lungo stop, avrebbe firmato subito per la conquista del diciottesimo Slam, visto che il diciassettesimo risaliva a Wimbledon 2012. Sarebbe stato già contento così. Figurarsi il n.19 e il n. 20. L’età, gli acciacchi, quel Djokovic che nel 2015 sembrava potesse spaccare il mondo e ha continuato a farlo per il primo semestre del 2016, Andy Murray che nella seconda metà del 2016 aveva vinto tutto quel che c’era da vincere e aveva spodestato il serbo, Rafa Nadal cinque anni più giovane di lui che non mollava (soprattutto sulla terra rossa), anche se ogni tanto zoppicava per via di quel maledetto ginocchio.
La classe di Federer, lo straordinario talento, l’eleganza inarrivabile del suo tennis, nessuno si sognava di discuterli, ma i 36 anni abbondanti, più i cinque anni di digiuno da Slam, parevano ostacoli ormai insormontabili, muraglie invalicabili anche per un fenomeno assoluto come lui. E invece che è successo? È successo che Roger nel 2017 ha vinto 2 Slam su 4 (e gli altri due l’altro… “vecchietto” Nadal) e ora sono diventati 3 degli ultimi cinque. Pazzesco. A Wimbledon aveva vinto senza perdere un set in tutto il torneo. Qui in Australia ha bissato il trionfo dell’anno scorso, conquistando con il ventesimo Slam (Rafa ne ha 16) anche il sesto Australian Open come Novak Djokovic e come Roy Emerson (ma l’australiano in realtà aveva vinto sei volte questo torneo prima del ’69 quando ancora i professionisti erano “banditi” e quindi non lo si poteva chiamare Open, cioè aperto a tutti).
Non so se sarebbe stata impresa più gigantesca vincere anche questo torneo senza perdere un set, come sarebbe probabilmente successo se dopo aver dominato il primo set avesse vinto anche il secondo al tie-break – fino a lì non aveva mai perso il servizio – oppure vincerlo come ha fatto al quinto (come un anno fa con Nadal) contro un giocatore di 7 anni più giovane – il croato Marin Cilic è classe ’88, ma ha 29 anni fino al prossimo 28 settembre – che lo aveva rimontato nel quarto set da 1-3 infilando una striscia di 5 games consecutivi. Al quinto non avrebbe dovuto prevalere il giocatore più giovane e fresco? Oltretutto Cilic aveva un record migliore del suo al quinto set, 27 match vinti a fronte di 12 persi. Poi era in fiducia: dopo cinque k.o era finalmente riuscito a far fuori la sua bestia nera Rafa Nadal – impedendo il replay della memorabile finale di un anno fa – e nella finale, dopo un inizio un tantino incerto aveva preso il pallino del gioco con i suoi poderosi dritti, un po’ come aveva fatto l’argentino Juan Martin del Potro nella finale dell’US Open 2009, quando – dopo aver rischiato di subire il doppio break nel quarto set – aveva rimontato finendo per vincere al quinto.
Federer avrebbe dovuto raggiungere il doppio break, cioè il 3-0 nel quarto set quando Cilic aveva commesso due doppi falli e gli aveva offerto una palla break. Come sia riuscito a reagire nel quinto set, dopo che nel primissimo game, Cilic ha avuto due pallebreak e ha sbagliato un dritto che non si dimenticherà mai perché poteva dare una svolta alla partita. Come spesso succede, una volta mancata una grande occasione – sulla scia del calcio… gol mancato, gol subìto – ecco che nel secondo game è stato Cilic ad affondare. La finale n.30 di Roger ha coinciso con la vittoria n.20. Per la cronaca del match ha fatto molto bene, come al solito, Luca Baldissera. E anche per il “parlato” di Federer non c’è bisogno che io aggiunga altro.
Questo articolo avrei dovuto scriverlo in piedi, come i tifosi australiani che con una prolungatissima standing ovation hanno celebrato il trionfo di Roger Federer fino a farlo piangere impedendogli di raccontare le emozioni che sentiva dentro, forti e incontrollabili quanto quelle che aveva sentito e vissuto nel 2003, l’anno del suo primo Slam a Wimbledon. Da allora ne sono arrivati altri 19, ma la cosa più impressionante, è che Roger Federer sembra incredibilmente in progresso, sempre più forte, sempre più complesso. In tutto il torneo ha avuto una minima pausa, quella del quarto set della finale, quando la percentuale delle prime di servizio è scesa sotto al quaranta per cento. Ma per sei partite e mezzo è stato ai confini della perfezione. Gioca meglio di quando aveva 28 anni. Oggi alternava rovesci coperti a rovesci bloccati e tagliati che erano voluti per costringere Cilic, 1m e 98, a piegarsi fino a terra e infatti nella prima parte del match quei continui cambiamenti di effetti hanno confuso Cilic fino al tie-break, interpretato molto bene dal croato.
Il punto è che adesso Roger sarà il favorito anche a Indian Wells e Miami e soprattutto a Wimbledon (dove dubito che Murray sia già competitivo e chissà se Djokovic recupererà…). Chissà che cosa farà Roger a Parigi. Io mi stupirei che volesse affrontare quella sfida, ma Roger ama le sfide come nessuno… Intanto ha fatto capire che non dovrebbe giocare a Dubai… quindi un torneo in meno. Ma il ventesimo Slam ha tutta l’aria di non essere l’ultimo. E questo, proprio mentre lo scrivo, paradossalmente mi pare incredibile.