Epilogo
Nasce una nuova alba sulle quattro terre e dopo giorni di fratricida lotta e di sanguinosi agguati, il vecchio Rogelfo s’incammina lento per tornare là dove tutto era iniziato (vedi prologo). Ma la potenza devastatrice della guerra non perdona e tutto intorno è desolazione; la distesa di prodigiosa Agassia è ridotta in cenere, la gigantesca Torre di Tandil in macerie, l’antro di Grigor resta deserto e muto mentre da lontano ribolle con cremisi bagliori il minaccioso Rolangar, orbo del suo principe dominatore che, claudicante, ha riparato nella natia Manacorda. Avrà l’eroe elfo di mille battaglie la forza e il coraggio, un giorno, di tornare su quella paludosa, fangosa landa? Anche il Bar Illa è sprangato (si dice che Venuzia sia fuggita sulla costa con sorelle e nipote) e sulle macerie della locanda “Al Magro”, teatro un tempo di gioiose libagioni, campeggia sinistro un logoro cartello: “ Qui, o viandante, non si alza più il gomito”. In quel deserto cupo e silenzioso, Rogelfo giunge sulle rive del sacro lago Austral e sguainata la fedele Wilsonia, misteriosamente forgiata in tempi antichi dall’avo Elfenroe, accarezza le placide acque: il prodigio, allora, si ripete e Laverod, il druido dei druidi ultimo, mitico protettore delle razze, unico ad uscir vivo per ben due volte dalle pianure del Granslam, emerge in vortice irrefrenabile circondato da luce accecante. Poi si avvicina al principe elfo, caduto adorante in ginocchio, e gli porge la VENTESIMA, l’ultima (via agli scongiuri!!), inestimabile coppa d’argento, cornucopia dei segreti dell’antica magia elfa da nessuno, prima d’ora, mai vista ne posseduta!
Mentre un infuocato tramonto accende quelle martoriate lande, Rogelfo, ripresosi da quella tanto esaltante quanto spossante visione, torna verso l’amata Erbasilea stringendo, ancora incredulo, il prezioso trofeo: tutto è silenzio e un sudario opprimente sembra avvolgere quelle mitiche terre. Poi, inaspettato, dalle pendici lontane dei monti Wutiani ecco si alza il canto soave e liberatorio della dolce Caro, antica ninfa dei boschi che, dopo anni di angosciose delusioni, torna a gioire ed a presidiare, di nuovo, quelle selve incantate. Quell’armonioso canto e quella botticelliana visione commuovono il leggendario principe elfo che si scioglie in irrefrenabile pianto: la primavera è di nuovo tornata sulle amate quattro terre ed egli, il più vecchio tra tutti e da tutti dato per finito, ne è invece mitico, immortale testimone. FINE
Leonardo Lars Mazzara