Il flop del tennis USA
Difficile ipotizzare che a Melbourne il tennis statunitense sarebbe andato incontro a una simile débâcle: 18 giocatrici al via, 14 eliminazioni immediate. Con una sconfitta al secondo turno, e due al terzo, alla fine solo Madison Keys è approdata alla seconda settimana, battuta in due set da Angelique Kerber. Dopo avere portato in semifinale quattro giocatrici su quattro nello Slam di casa (US Open 2017), il movimento americano non è stato in grado di confermarsi. Senza Serena Williams a difendere il titolo di campionessa uscente, spiccano in negativo le semifinaliste di Flushing Meadows, Key esclusa: tutte sconfitte all’esordio.
Sloane Stephens è stata battuta da Zhang Shuai (2-6, 7-6(2), 6-2) e ha confermato di non essere ancora riuscita ad assorbire la conquista dello Slam: non vince più una partita dalla finale di New York. È vero che storicamente fatica a ottenere successi fuori dal nord America, ma qualche vittoria ogni tanto dalla campionessa in carica degli US Open dovrebbe arrivare. Anche perché la stessa Stephens vanta in carriera una semifinale a Melbourne 2013. Vedremo se almeno riuscirà a riprendersi nel doppio impegno casalingo di Indian Wells e Miami.
CoCo Vandeweghe ha perso da Timea Babos (7-6, 6-2): sconfitta grave non tanto per l’avversaria, che nelle giornate positive è un ostacolo davvero difficile, ma per come è arrivata. Vandeweghe non è riuscita a tenere a bada i nervi: di fronte alle difficoltà dell’esordio mi ha dato l’impressione di implodere in un atteggiamento di delusione mista a rabbia. Contro una Babos che si è rivelata più forte di quanto forse CoCo si aspettasse, ha messo in campo un comportamento di rancore non canalizzato, un atteggiamento mentale che, invece che uno stimolo a reagire, si è trasformato in un modo per accelerare la sconfitta. Chissà, forse i risultati molto positivi negli ultimi due Slam sul cemento (due semifinali) insieme ai punti in scadenza degli Australian Open 2017 hanno finito per gravare troppo su di lei, rendendo insostenibile il peso delle aspettative.
Venus Williams ha ribaltato in negativo il risultato dell’anno scorso: finalista nel 2017, fuori al primo turno nel 2018. Forse nel suo caso ha inciso anche la sfortuna, sotto forma di avversarie particolarmente difficili pescate negli impegni in Australia. Iscritta a un solo torneo di preparazione, a Sydney, pur essendo testa di serie ha trovato all’esordio Angelique Kerber reduce dalla Hopman Cup e in grande forma. Risultato: sconfitta per 5-7, 6-4, 6-1. Si è dunque presentata al via dello Slam con un rodaggio di un’unica partita stagionale disputata, e persa.
A Melbourne pur essendo la testa di serie numero 5 ha avuto in sorte una avversaria sottostimata dal ranking a causa delle vicissitudini fisiche, ma in realtà molto insidiosa: Belinda Bencic. In pratica un’altra tennista reduce da un ottimo inizio d’anno come Kerber. Risultato: Venus ha perso per 6-3, 7-5, dopo aver giocato a mio avviso non benissimo nei frangenti decisivi. Quando un’atleta di 37 anni compiuti come Venus non conferma il rendimento dell’anno precedente, sorge il dubbio che possa essere iniziata la definitiva parabola discendente. I prossimi mesi ci daranno una risposta in merito.
La sorpresa ucraina e Marta Kostyuk
Se il tennis USA ha deluso, nella prima settimana protagonista in positivo è stato invece il tennis ucraino. Quattro vittorie su quattro al primo turno, e tre giocatrici approdate al terzo turno (sconfitta Tsurenko al secondo turno, hanno continuato Bondarenko, Svitolina, Kostyuk). Il sorteggio ha poi messo una contro l’altra Svitolina e Kostyuk: con una frase fatta si potrebbero definire il presente e il futuro del tennis ucraino. Ha vinto Elina, ma ha comunque stupito la presenza di una quindicenne come Marta Kostyuk fra le prime 32 di uno Slam professionistico, all’esordio in assoluto in un impegno del genere.
Per ora non me la sento di esprimere una valutazione definitiva su Kostyuk. L’ho vista giocare una partita intera per la prima volta lo scorso anno, proprio agli Australian Open nella finale del torneo junior 2017. Allora era impegnata contro un’altra grande promessa del tennis giovanile: la ex-svizzera, oggi spagnola, Rebeka Masarova. Devo dire la verità: in quella finale ero stato deluso da tutte e due, perché avevo avuto la sensazione che avessero giocato entrambe in modo poco lucido, con errori evitabili causati probabilmente dall’importanza della posta in palio. Aveva poi vinto Kostyuk (7-5, 1-6, 6-4) che, essendo nata nel giugno 2002, a soli 14 anni e mezzo era diventata una delle più giovani vincitrici della storia degli Slam.
A distanza di dodici mesi è stato sorprendente ritrovarla, ancora quindicenne, fra le prime 32 del mondo di un Major professionistico. È vero che ha avuto in sorte un tabellone non impossibile (al primo turno Peng con qualche problema fisico, al secondo la wild card australiana Rogowska), ma intanto le sue due partite è stata capace di portarle a casa.
Ora si tratta di interpretare questa straordinaria precocità. La storia del tennis di solito ci insegna questo: praticamente tutte le vere, grandissime campionesse del passato sono state precoci. Ma non tutte le giocatrici precoci si sono rivelate grandissime campionesse.
A me Kostyuk ha colpito soprattutto sul piano fisico. Nella sua scheda WTA non sono ancora indicati i dati di peso e altezza, ma direi che supera il metro e 75; è agile, elastica e coordinata nei movimenti; ed è anche potente, visto che è in grado di sfoderare vincenti sopra i 140 Km/h. Sotto questo aspetto sembra possedere una base ideale per giocare a tennis: una vera atleta.
Non me la sento però di sbilanciarmi sugli aspetti tecnici e tattici. Contro Svitolina ha perso per 6-2, 6-2, ma era eccessivo pretendere di più. Rimane la curiosità di vedere come si comporterà nelle prossime stagioni, tenendo anche presente che sarà vincolata a disputare un numero di tornei limitato. Lo stabiliscono le regole che la WTA ha introdotto dopo alcuni casi, come quello di Jennifer Capriati, che avevano evidenziato i problemi che possono nascere quando si pretende troppo da teenager così giovani.
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